Il disastro accertato

I dati ufficializzati dal Ministero dell’Istruzione parlano da soli: come ampiamente previsto, quest’anno sono aumentate le bocciature, le non ammissioni agli esami, le situazioni debitorie degli alunni. Lo stesso giorno in cui l’OCSE pubblicizzava l’ennesimo rapporto negativo sulla scuola italiana, il ministro Gelmini commentava i dati sulla dispersione scolastica italiana (abbandoni, bocciature, situazioni debitorie) come il risultato di una stretta di vite attuata attraverso le leggi emanate nel primo anno del suo mandato. Gli esami di fine anno sia nella secondaria di primo grado sia in quella di secondo non fanno che confermare quanto già sottolineato da tutta la stampa nazionale e locale: gli alunni sono in grave difficoltà soprattutto nelle materie tecniche e tecnologiche e solo una certa “manica larga” dei docenti permette di non produrre delle vere “stragi” agli esami.

L’Italia non ama soffermarsi sulle analisi di sistema e predilige accompagnare discorsi teorici complessi all’analisi dei singoli casi, che – presi uno per uno – non presentano particolari elementi di riflessione. Se un alunno non studia o non capisce e la scuola certifica quello, non c’è molto da dire. Se poi questa tipologia di alunno corrisponde al venti o al trenta per cento della popolazione scolastica nazionale non è intervenendo sui singoli casi che si modifica il sistema, né si riesce a migliorarlo in forma consistente. Non riesco a comprendere come sia possibile, però, che un aumento delle ripetenze venga vissuto come una vittoria del rigore sull’approssimazione. Se ci sono molte ripetenze vuol dire che c’è stata una didattica approssimativa.

La riforma dell’azione didattica non è nell’agenda governativa e questo è un dato di fatto che si può far risalire almeno alla metà degli Anni Ottanta, quando con i Programmi della scuola elementare si è attuato l’ultimo tentativo di dare omogeneità didattica al sistema. La debolezza delle Indicazioni nazionali e delle Indicazioni per il curricolo sta nella troppo bassa tendenza all’innovazione e alla ricerca del sistema scolastico italiano, che pare essersi addormentato sui programmi di venti, trenta o cento anni fa e che dunque valuta saperi obsoleti in grado solo di produrre alunni demotivati.

Un’attenta analisi dell’eccellenza liceale italiana potrebbe portare all’emersione di un dato che è ormai alla portata empirica di tutti: quell’eccellenza la fanno gli alunni, non i docenti. I nostri licei funzionano bene e producono classe dirigente perché ai licei vanno i ragazzi migliori, in grado di emergere qualsiasi sia il docente che hanno davanti. Il salto tra una buona scuola primaria e il disastro dei tecnici e dei professionali passa anche dall’irriformabilità del sistema mediano, una scuola secondaria conclusiva del primo ciclo che vuole assomigliare al secondo ciclo liceale pur essendo pienamente dell’obbligo. Tutte queste incongruenze sono il motore della debolezza dei nostri studenti, ma invece di generare dibattito, ricerca e innovazione generano solo bocciature.

La scuola poi tende a far ricadere sui figli le colpe dei padri in quanto considera un elemento peggiorativo l’assenza della famiglia o la sua incapacità ad aiutare un ragazzo in difficoltà. Se la famiglia è assente questo viene sottolineato, ma l’alunno non trae alcun vantaggio dall’essere “abbandonato”, quasi che quell’abbandono sia colpa sua. La scuola chiede l’aiuto della famiglia, dei servizi sociali, della società, ma in questo momento sta restituendo una dispersione inaccettabile. Quello che mi stupisce è che questa situazione venga vissuta come positiva e portatrice di possibilità per il futuro. Il taglio orizzontale di ore alle scuole secondarie potrebbe essere accettabile se fosse collegato a progetti di recupero reali, verificati e valutati. Mentre così produrrà solo buchi orari, che spesso i ragazzi non saranno in grado di colmare, che genereranno malcontento per supplenze imposte a tutte le ore e che sfoceranno solamente in ulteriori disagi per le scuole. Con troppi stranieri, troppi ripetenti, troppi alunni disagiati e senza ore aggiuntive la scuola secondaria alla fine produrrà ulteriore dispersione.

Speravo che la svolta numerica del ministro Gelmini avrebbe portato le scuole a ragionare sulla dispersione, invece ha solo aperto la strada a chi da tempo meritava la vendetta sui ragazzi e il loro disamore per la scuola. Nessun ragionamento, solo un aumento delle bocciature. Così il sistema collassa e non si riforma più.

Stefano Stefanel