Competenze e nozioni
È indubbiamente merito dell’attuale Ministro dell’Istruzione se in Italia si è aperto un serio dibattito sulle rilevazioni OCSE-PISA e se l’INVALSI comincia a essere preso sul serio dalle scuole e visto non più soltanto come un ennesimo ente inutile che rileva dati poco interessanti. Ma non si può sottovalutare il ruolo non chiarificatore del Ministro dell’Istruzione in riferimento alla certificazione delle competenze, che si sta “accartocciando” su modulistiche fini a se stesse. La legge 169/2008 non è stata affatto chiara e l’introduzione della valutazione numerica per certificare le competenze è una di quelle cose che difficilmente si possono scordare quando si va ad affrontare un problema di simile serietà.
Dal canto loro le scuole paiono disorientate e incapaci di decidere che ruolo dare alla certificazione delle competenze nell’ambito della valutazione degli alunni, che – nella maggior parte dei casi – vengono ancora valutati su conoscenze e (ma soprattutto nella scuola primaria) abilità. I voti poi, però, vengono giustamente condizionati da elementi terzi e fondamentali (impegno, interesse, diligenza, partecipazione ecc.) che non sono abilità, non sono conoscenze e non sono competenze.
Contro le competenze e la loro certificazione si sta sollevando un certo “movimento d’opinione” da vari lati, che ha in un certo filone tradizionalista il suo punto più visibile (Giorgio Israel e Paola Mastocola), ma che conta anche una buona presenza in settori apparentemente più progressisti. Tutto questo in nome delle nozioni, fagocitate dalle competenze e non sostituite da altro: senza nozioni il cittadino è ignorante e le competenze certificate possono al massimo essere operative (“ha la competenza per aggiustare l’iPod, ma non sa nulla di Dante Alighieri”).
Ritengo che lo scontro “artificiale” tra conoscenze e competenze sia il più grande nemico dell’attuale scuola italiana, che deve imparare a certificare le competenze, pena l’aumento della sua obsolescenza, e deve cominciare a decidere chiaramente quali sono le nozioni di cittadinanza, quali quelle orientative, quali quelle utili, quali quelle di eccellenza. Insegnare tutto a tutti può sembrare democratico, invece è discriminante, perché memoria, metodo di lavoro, capacità selettiva, ordine archivistico ecc. sono elementi che non nascono da soli e per caso.
La competenza fondamentale da insegnare è quella che permette di distinguere la nozione fondamentale (citando a caso, perché la nozione deve essere gestita nell’incertezza: la data dell’Unità d’Italia, la data della scoperta dell’America, il teorema di Pitagora, la capitale della Francia) da quella di merito o di eccellenza. La selezione su quale nozione insegnare e perché non può essere dell’alunno o del singolo docente, ma deve essere della scuola. Scuola per scuola, territorio per territorio, curricolo per curricolo è necessario individuare le nozioni da trasmettere affinché vengano apprese in base ad obiettivi di apprendimento (semplice cittadinanza, miglioramento della propria cultura, orientamento, sviluppo della memoria, sviluppo di una propria eccellenza, ecc.). Quello che un tempo facevano i programmi attraverso una selettività accumulativa e di parte (la Storia d’Europa, la Geografia morfologica, le equazioni ecc.) ora lo devono fare le scuole, sia in forma singola, sia associata. Lasciare la scelta di quali nozioni sono chiave a ogni singolo docente significa trasferire l’educazione culturale di una Nazione alle sensibilità individuali, scambiando l’arbitrio più assoluto per libertà di insegnamento.
Non c’è contraddizione tra competenze da certificare e nozioni da far apprendere (anche mnemonicamente) a patto che ci siano scelte e traguardi condivisi alla base di quello che si insegna. Altrimenti tutti i nomi si equivalgono (Hitler, Einstein, Mussolini, Hegel, Elisabetta I sullo stesso piano di Kirov, Bohr, Petain, Schleiermacher, Guglielmo d’Orange), tutti gli avvenimenti sono importanti, tutte le formule sono da imparare, con i risultati che, però, sono sotto gli occhi di tutti.
Il problema non è annullare le nozioni per sviluppare le competenze, ma sviluppare e rendere condivise e appronfondite le scelte che ogni scuola fa affinché i propri alunni apprendano in rapporto a quello che sono o possono diventare. Il curricolo verticale serve a costruire, ma senza scelte selettive anche sulle nozioni è destinato a rimanere carta inutile.
Stefano Stefanel