Basta compiti!
È normale che gli insegnanti diano i compiti a casa: è normale, ma non è sensato; da cui l’appello: “Basta compiti!” rivolto a genitori, insegnanti, studenti; e la ragione di questo libro che si oppone a una delle più inveterate consuetudini scolastiche, tanto più durevole e indiscussa proprio perché immotivata, scontata.
A COSA SERVONO?
Non si sa.
Gli insegnanti non dicono (e nemmeno scrivono) perché danno i compiti a casa, e non si attrezzano per stabilire se l’impegno sia utile, in che senso lo sia, se sia questo il solo modo o il modo migliore, il più “economico” e razionale per ottenere i risultati (quali?) attesi.
La risposta che più frequentemente ricorre, nelle rare occasioni in cui qualcuno si provi a chiedere spiegazioni in merito, è fin troppo ovvia, quasi superflua: i compiti a casa servono allo studente per imparare a memorizzare i contenuti dell’insegnamento, a riferirli nel corso dell’interrogazione e impiegarli nella prova scritta, a strutturare logicamente le informazioni, a rielaborare i dati trasmessi durante la lezione o la lettura del manuale, per imparare ad applicare le conoscenze acquisite, a dimostrarne la padronanza, insomma per apprendere, costruire, sviluppare, perfezionare il metodo di studio.
Se così fosse dovrebbero essere svolti a scuola con il vigile, solerte contributo del docente, perché proprio questo è il “compito” principale della scuola, che non può essere delegato ad altri soggetti – sarebbe come dire che per insegnare la cosa più importante non è necessaria una preparazione professionale specifica (qualunque genitore si può sostituire all’insegnante) o che per imparare la cosa più importante lo studente non ha bisogno dell’insegnante (allora superfluo, inutile).
COME VENGONO ASSEGNATI?
I docenti operano nella reciproca ignoranza: ciascuno stabilisce i propri come fossero gli unici compiti da svolgere, senza curarsi di verificare quali e quanti altri compiti, assegnati dai colleghi, si dovranno svolgere nella stessa giornata, con il risultato di costringere per interi pomeriggi (e anche serate) a un impegno estenuante corpi e menti bisognosi anche di “moto” rigenerante – capita, non di rado, che i genitori si sostituiscano, forzatamente, non solo ai docenti ma anche ai figli nell’adempimento degli obblighi “domestici”.
Per giunta, l’offerta formativa della scuola è assai povera, mutilata di fondamentali insegnamenti: l’educazione artistica, l’educazione musicale, l’educazione fisica… sono pressoché ignorate o malamente praticate, nonostante interessino dimensioni dell’essere (umano) imprescindibili. Da qui la necessità di svolgere attività formative (irrinunciabili) al di fuori della scuola, oltre gli orari delle lezioni, che richiedono tempo, energie, impegno, esercizio… e che si aggiungono ai compiti a casa o che dai compiti a casa sono impedite.
COME SI FANNO I COMPITI A CASA?
I ragazzi che abbiano genitori premurosi e culturalmente attrezzati possono affrontare l’impegno domestico con serenità o minore insofferenza; ma per chi non trovi nelle figure parentali sostegno e sollecitudine, e magari ne debba subire la latitanza o, peggio, l’intemperanza, le difficoltà poste dallo svolgimento degli stessi compiti assumono ben altra consistenza; la fatica, spesso incomprensibile e frustrante, è molto più dolorosa. Gli studenti che non hanno problemi svolgono regolarmente i compiti loro assegnati, e per questo la scuola li premia; gli studenti che invece hanno problemi (personali o familiari), quelli che della scuola avrebbero più bisogno, non fanno i compiti, li sbagliano, li fanno male, indisponendo i docenti che perciò li biasimano e redarguiscono, allontanando dal “sistema” proprio chi nel “sistema” potrebbe trovare l’unica opportunità di affermazione, affrancamento, promozione.
PER APPROFONDIRE:
La scheda del libro sul sito dell’editore
Maurizio Parodi