L’anno che verrà
È il tempo degli auguri, così prima di lasciare la scuola, per quest’anno, ho fatto gli auguri ai miei alunni, ad alcuni colleghi che ho incontrato e, infine, mi sono recato dal Dirigente Scolastico al quale ho augurato un buon Natale e un buon anno esteso anche ai familiari più cari. Fin qui tutto normale. Ho potuto notare una grande umanità rispetto ad altri momenti della vita della scuola in cui il dirigente scolastico mi era apparso distaccato e superficiale nella relazione e nel dialogo. Ho pensato che spesso i nostri punti di vista sulle persone, maturati in poco tempo, possono essere sbagliati e, in assenza di una revisione, quei pregiudizi possono impedire fra le persone un confronto leale e sincero. In quei pochi momenti di dialogo e di confronto con il capo di istituto sono emerse alcune difficoltà che hanno caratterizzato il passato e l’attuale “politica” della scuola, dalla mancata valorizzazione autentica del personale scolastico (che doveva espletarsi attraverso un’attività comunicativa di orientamento, di sollecitazione e di gratificazione), alla carenza di scelte significative sul piano dei processi educativi e formativi per gli alunni.
Giustamente sono stati evidenziati i punti di forza e di eccellenza che gli alunni, e la nostra scuola nel suo complesso, sanno esprimere sul territorio, grazie al concorso di professionisti molto preparati. Ci siamo lasciati con la speranza che il nuovo anno divenga per la scuola, finalmente, l’anno della concordia e della costruzione di una comunità veramente educante e accogliente finalizzata alla formazione di ogni alunno-persona.
Senza andare troppo indietro nel tempo, ho riflettuto molto su ciò che è stato questo primo scorcio di anno scolastico. La scuola italiana sta attraversando momenti veramente difficili, ne sono causa le norme e i regolamenti sconsiderati del governo in materia scolastica, a tutti noti, né all’orizzonte si intravedono soluzioni incoraggianti. Molti insegnanti, nonostante tutto, scendono in campo ogni giorno per fare il loro dovere nei confronti dei loro alunni, ma il loro lavoro resta confinato nelle classi, staccato da altri contesti educativi e formativi che i discenti devono poter vivere. Altri, detentori di uno pseudopotere, preferiscono coalizzarsi per dettare le regole del gioco, finalizzando piuttosto la loro azione professionale a interessi privati, distaccandosi dai compiti etici e istituzionali che la funzione docente implica. Resta una schiera di insegnanti che vaga nel vuoto, senza un’idea-progetto, nella solitudine, nella confusione, nella precarietà, in scuole dove nessuno ne valorizza la professionalità e l’umanità.
Mancano nella scuola figure che accolgano le persone, che favoriscano una rete di relazioni umane efficaci, che si “prendano cura” dei nuovi arrivati per introdurli e integrarli nelle nuove comunità scolastiche. Una scuola disorientata, incerta, precaria induce nell’utenza disorientamento, incertezza e precarietà. Il mio augurio per il nuovo anno, esteso a tutti gli operatori scolastici, è quello di ritrovare il giusto equilibrio, riscoprendo il senso e il valore insiti nella stessa idea di fare scuola.
Saverio Fanigliulo