Rom e Sinti: Chi ha paura di Cappuccetto Rosso?
Attualizzazioni in nuovi contesti storici e geografici, contaminazioni, parodie, rovesciamento dei ruoli, modifiche degli attributi, cambiamento dei punti di vista narrativi oggi costituiscono altrettante modalità letterarie di intervento sull’impianto delle fiabe di tradizione orale: modalità di intervento rese possibili dalla a-temporalità e dalla a-spazialità che contraddistinguono, come ha rilevato lo studioso svizzero Max Luthi questo genere letterario.
A questo filone letterario si ricollega anche questo “Chi ha paura di Cappuccetto Rosso?” di Eva Ciuk, fiaba attorno alla quale si sviluppa il progetto descritto dal libro della giornalista triestina di madrelingua slovena, alla sua prima pubblicazione per ragazzi.
Il tema è oggi di estrema attualità. Si dice, generalizzando, che i Rom rubano, che i Rom praticano furti e rapine. Espressioni e idee che derivano da stereotipi culturali e che possono originare atteggiamenti xenofobi. Il libro della Ciuk si propone di combattere questi stereotipi e ci vuole far conoscere la realtà della cultura Rom e Sinti per affermare una cultura del dialogo e dell’accoglienza.
Il percorso didattico proposto dal libro è originalissimo per l’impiego di diversi linguaggi: il cinema, il teatro, la musica, la scrittura, l’immagine animata. Diverse sono le operazioni letterarie e gli impliciti messaggi che Eva Ciuk ha voluto condurre e trasmettere ai lettori (bambini, ma anche adulti) in questo lavoro.
Il testo teatrale di uno spettacolo messo in scena da un ricreatorio (doposcuola), la simulazione di un notiziario, le fotografie scattate dei bambini Rom e Sinti, i commenti pubblicati come post sulla pagina internet di Trool (http://www.trool.it/) fanno parte di un più ampio progetto culturale, artistico, pedagogico e didattico che parte dalla visione di un cortometraggio con inserti di cartoni animati, realizzato sempre dall’autrice, e che ha per obiettivo la conoscenza e l’integrazione del popoli Rom e Sinti.
Eva Ciuk utilizza lo stereotipo di Cappuccetto Rosso: lo stereotipo della bambina graziosa, capricciosa, un po’ viziata e, contro l’omologazione del personaggio e della fiaba, lo mette a confronto con un altro Cappuccetto Rosso, quello che è stato realmente rappresentato dai bambini Rom nel campo sfollati di Plementine nel Kosovo, territorio sconvolto dalla recente guerra tra i Serbi e gli Albanesi, una guerra che ha coinvolto anche le comunità Rom e Ashkaelia.
Ecco allora che la Cappuccetto Rosso romanzesca indossa una tuta di ginnastica blu e una coroncina di fiori rossi di plastica. Ecco che la nonna non abita nella casetta al di là del bosco, ma all’interno dello stesso campo sfollati. Il bosco non c’è, portato via dalla guerra e dall’inquinamento. La fiaba perraultiana viene attualizzata e così diventa strumento di conoscenza e di lettura della realtà. “Le fiabe – scrive Italo Calvino – sono vere. Sono una spiegazione generale della vita”.
Dal confronto stridente tra i due personaggi il lettore potrà ricavare molti spunti di riflessione. Potrà interrogarsi sulla diversità culturale, potrà chiedersi perché non si possa passeggiare nel bosco.
La scrittura, ce lo ricorda anche Francesco D’Adamo, non deve fornire delle risposte. Deve suscitare domande e interrogativi. Ma la Cappuccetto della fiaba, incontrando Cappuccetto Rom, venendo a contatto con un mondo, con una realtà che non conosceva, a poco a poco cambia le sue opinioni, modifica il suo pensiero in un processo di formazione e di crescita che le consente di superare l’egocentrismo e di conoscere e capire l’altro.
E il lupo? Qui il lupo è metafora dell’uomo che uccide. È metafora della guerra e delle tante paure che durante la guerra del Kosovo hanno sofferto i bambini Rom. Il finale è naturalmente aperto. Cappuccetto Rosso vorrebbe sistemare una volta per tutte il Lupo, ma non è così facile: il lupo è una bestiaccia molto furba!
Per approfondire:
• Eva Ciuk, “Chi ha paura di Cappuccetto Rosso?”, Edizioni Corsare.
Prefazioni di Eva Rizzin e Livio Sossi.
Livio Sossi