Per chi suona la campanella?
Che cosa aspetta il mondo della scuola a poche settimane dalla sua ripresa? La risposta è retorica e drammatica, visti i prossimi tagli previsti dalla manovra straordinaria (che ricadono pesantemente sugli Enti Locali) che si aggiungono a quelli già imposti dalla c.d. riforma Gelmini di qualche mese fa. Tagli di soldi e di personale. Un risultato, questo insistente (e annoso e trasversale) lavoro ai fianchi della scuola pubblica, l’ha già prodotto: la sfiducia che ho visto negli occhi di tanti insegnanti che ho incontrato nel corso dell’anno scolastico appena concluso. Dal momento che quasi tutto si basa sulla loro motivazione (oltre che sulla loro professionalità) e che stanno riuscendo piuttosto bene a smontare anche quella, il prossimo anno scolastico non promette niente di buono.
A questo problema se ne lega un altro, l’assenza pesante di ogni progetto per una nuova scuola, una nuova educazione e quella della volontà di cercare spunti per risolvere, superare questo passaggio delicato. Sono tutti, e mi riferisco in particolare alle classi dirigenti, talmente concentrati sulla mancanza di fondi (o sulla necessità di tagliare) da non cercare di sviluppare delle idee creative che possano in qualche modo consentire di affrontare con minor sofferenza questa fase. Si è generata, cresce, forse si produce volontariamente quella che potremmo definire una “depressione educativa”. Invece di produrre e trasmettere un’educazione alla fiducia, che abbia il suo fulcro nel potenziamento dell’autostima e della creatività di ciascuno, si tende all’appiattimento culturale. Che, nella sua piattezza, è già regressione.
Un bravo contadino pota, non taglia. Sembrano due azioni identiche, ma sono radicalmente diverse. Il taglio “distrugge”, la potatura “riduce”, ma per potenziare. In questo senso la potatura ha anche un alto valore educativo e presuppone un progetto, una prospettiva, al contrario del taglio che è solo devastante. Aggiungo che nella potatura il bravo contadino deve utilizzare la creatività per aiutare la pianta a ricrescere meglio. E prima di potare osserva la conformazione della pianta stessa, la studia. Poi in un certo senso soffre con la pianta, perché è comunque un’attività dolorosa, per la pianta e per lui. Il taglio crea sofferenza solo in chi lo subisce.
Cosa intendo dire? È palese che a ogni decisione che riguarda la scuola manchi quella parte costruttiva insita nella potatura e del tutto mancante nel gesto del tagliare (e mancano anche quella premura e quell’affetto propri del contadino). Credo sia questo l’aspetto più doloroso di questa situazione. Si finge, cioè, di affrontare determinati problemi, mentre in realtà si creano soltanto le condizioni perché quelli già esistenti si facciano ancora più gravi (cronici). Nelle “riforme” della scuola degli ultimi quindici anni (vado a memoria e rischio di sbagliarmi, anche perché ne fanno o ne annunciano una ogni tre anni) manca del tutto un’idea progettuale riconoscibile. Se si toglie e basta, ci sarà sempre qualcosa che manca, si produrrà sempre una mancanza; se al togliere si affianca anche un’attività di sostituzione (di quel che non va), o di preparazione “propositiva” (di/a quel che potrà venire), già le prospettive si fanno più interessanti e i margini di “creazione” possono crescere.
Con questo non si vuol proporre alle persone più direttamente colpite dalle scelte del Governo (in particolare i docenti) di orientare diversamente le loro lotte e rivendicazioni. Gli aspetti economici, gestionali, culturali, pedagogici ecc., procedono tutti insieme, si tengono, e la mortificazione di uno porta, automaticamente, a quella degli altri. Volevo solo rilevare come nel dibattito, almeno quello più (mass)mediatico, manchi del tutto lo spazio per affrontare i temi dell’educazione e della didattica in relazione alle condizioni di insegnamento che riforma e tagli creano. L’assetto e le peculiarità del nostro sistema informativo, del resto, non facilitano la creazione di questi spazi. Urge, però, richiamare l’attenzione e l’azione su questi temi. Scrivetemi, come sempre, a claudio@accaparlante.it o cercate il mio profilo su Facebook. Da parte mia, un sostegno incondizionato a tutti/e gli/le insegnanti e a tutte le loro iniziative di resistenza.
Claudio Imprudente e Luca Giommi