Cittadinanza e intercultura
L’educazione alla cittadinanza, nella sua configurazione come insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione” previsto dalla legge 30 ottobre 2008, n. 109, avanza a piccoli passi verso l’introduzione a regime nelle scuole, dopo il compimento della “sperimentazione” in atto nel corrente anno scolastico. Peraltro si profila, al momento, il rischio che questo insegnamento si risolva in un approccio educativo velleitario e in una disciplina fantasma, come si è verificato, purtroppo, per la vecchia educazione civica.
Pesa in questo senso la struttura del nuovo insegnamento, che comprende una “dimensione trasversale” alle discipline, nonché una “dimensione integrata”, che investe determinate aree di insegnamento, senza peraltro incardinarsi in una singola disciplina ed emergere di per sé, dando luogo a un “voto” appositamente dedicato. (1) Per di più, a giudizio di alcuni, il nuovo insegnamento non sarebbe chiaramente definito, così da risultare difficilmente traducibile nella realtà operativa della scuola.
A mio avviso, questo rischio può essere comunque fugato se, in primo luogo, si integra e rafforza l’educazione alla cittadinanza con l’inglobamento nella stessa dell’“educazione interculturale”. In verità non mancano in questa direzione significativi spunti nei documenti delle Organizzazioni europee e anche della nostra Amministrazione scolastica, fino al più recente periodo.
Già nei primi testi ufficiali prodotti dal Ministero della pubblica istruzione in merito all’educazione interculturale, la cittadinanza, ai suoi diversi livelli (nazionale, regionale, locale, europea e mondiale) si rifletteva nell’articolazione dell’educazione interculturale in “educazione nazionale in presenza di minoranze e immigrati, dimensione europea e dimensione mondiale dell’insegnamento”. (2) Si richiamavano al riguardo i programmi didattici del 1979 per la scuola media, che, con una visione anticipatrice, sollecitavano la formazione dei “cittadini dell’Europa e del mondo”. (3)
Emergeva qui il concetto di “cittadinanza pluralista”, affermato anche dal Consiglio d’Europa nei seguenti termini: “La nozione di cittadinanza nelle società democratiche diviene più complessa e, pertanto, la realtà di una cittadinanza pluralista deve essere riconosciuta. Ciò significa che ciascun individuo può desiderare di vedere i suoi problemi e aspirazioni trattati in una particolare sede politica, che in alcuni casi può essere essenzialmente territoriale ed in altri più chiaramente culturale, senza che la partecipazione e l’esser membro di una sede sia considerato subordinato o in alternativa alle altre appartenenze”. (4)
Nell’Unione europea, già il Trattato di Maastricht del 1992 attribuiva formalmente “a tutti i cittadini dei Paesi europei” la cittadinanza europea che comporta determinati benefici (diritto di circolazione e soggiorno nel territorio di tutti gli Stati membri; diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni comunali nello Stato membro di residenza e per l’elezione del Parlamento europeo; diritto alla protezione diplomatica da parte delle Autorità di qualsiasi Stato membro nel territorio di Stati terzi ove lo Stato nazionale non sia rappresentato; diritto di petizione al Parlamento europeo; diritto di rivolgersi al “Mediatore europeo”). (5)
Per quanto riguarda la formazione di una “coscienza europea”, sul piano degli affetti, Benedetto Croce, già nel 1932, poteva scrivere: “In ogni parte di Europa si assiste al germinare di una nuova coscienza, di una nuova nazionalità (perché le nazioni non sono dati naturali, ma stati di coscienza e formazioni storiche); e a quel modo che, or settant’anni, un napoletano dell’antico Regno o un piemontese del Regno subalpino si fecero italiani non rinnegando l’essere loro anteriore, ma innalzandolo e risolvendolo in quel nuovo essere, così francesi e tedeschi e italiani s’innalzeranno a europei e i loro pensieri si indirizzeranno all’Europa e i loro cuori batteranno per lei come prima per le patrie più piccole, non dimenticate, ma meglio amate. (6)
Si deve tuttavia riconoscere che la maturazione di una coscienza comune presso i popoli che abitano l’Europa è oggi in ritardo, mentre il processo di unificazione europea è insidiato dall’emergere, in varie circostanze, dell’egoismo nazionale dei singoli Stati.
Ciò stante, si rende necessaria, a partire dalla scuola, un’azione promozionale intesa a convincere gli europei delle loro radici comuni e del loro destino comune. (7)
Nel novembre 1996 un “Gruppo di riflessione sull’istruzione e la formazione”, nominato dalla Commissione dell’Unione europea, ha presentato il Rapporto “Realizzare l’Europa mediante l’istruzione e la formazione” che afferma che occorre offrire un “sogno europeo” alla gioventù dei Paesi dell’Unione e a tal fine auspica, in primo luogo, “la costruzione di una cittadinanza europea attraverso l’istruzione e la formazione”. Si tratta, a giudizio del Gruppo, di “partire da una cultura democratica condivisa per cogliere il senso di una comune appartenenza attraverso le differenze, la comunicazione con gli altri, la negoziazione dei conflitti e il perseguimento di disegni comuni. Apprezzare le differenze come un’opportunità positiva deve rimanere una delle competenze fondamentali degli europei: è necessario a tal riguardo porre in essere una scuola interculturale, muovendo dalle esperienze delle aree con forte caratterizzazione multiculturale”. (8)
Un ulteriore documento dell’Unione europea del 1997 ha osservato che “la maggiore ricchezza dell’Europa risiede nella sua diversità, che non è altro che l’espressione della pluralità culturale e umana del Mondo che essa stessa ha plasmato nel corso di una storia di incontri in cui ha svolto il ruolo principale. È per questo che l’istruzione europea per essere tale deve essere necessariamente interculturale e aperta: unendo identità e differenza e accettando con coraggio la molteplice appartenenza della cittadinanza contemporanea”. (9)
Il concetto di cittadinanza pluralista a un tempo assume aspetti giuridici e investe il modo di sentire di ciascuno: “posso essere fiorentino, avvertire il mio legame con la cultura toscana, riconoscermi come italiano, e sentirmi ad un tempo cittadino dell’Europa e del Mondo”. (10)
Su questo versante già nel Settecento Montesquieu formulava una gerarchia universalista delle preferenze: “Se sapessi che qualcosa può essere utile a me, ma dannosa alla mia famiglia, la scaccerei dalla mente. Se sapessi che qualcosa può essere utile alla mia famiglia, ma non alla mia patria, cercherei di dimenticarla. Se sapessi che qualcosa può essere utile alla mia patria, ma dannosa all’Europa, o utile all’Europa, ma dannosa al Genere umano, la considererei come un crimine”. (11)
I termini di questa serie potrebbero essere invertiti, passando dall’universale al particolare per conseguire una visione non conflittuale dei rapporti tra diversi livelli. In ultima analisi, il concetto di cittadinanza pluralista può essere utile per conciliare, nell’ottica “federalista” la fedeltà alla cittadinanza nazionale con la rivendicazione del senso della cittadinanza locale.
Risulta poi evidente che l’educazione, a ognuno dei livelli ora accennati, viene a investire società multiculturali (la società nazionale con le sue articolazioni e con la presenza di minoranze e immigrati; l’Europa; il Mondo), al cui interno sussistono diversità culturali conciliabili in una prospettiva unitaria, così da richiedere comunque una connotazione interculturale dell’educazione stessa.
Più tardi, nel nostro Paese, il documento finale dell’Osservatorio nazionale per l’educazione interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri istituito nel 2006 affermava che “la via italiana all’intercultura unisce alla capacità di conoscere e apprezzare le differenze la ricerca della coesione sociale, in una nuova visione di cittadinanza adatta al pluralismo attuale, in cui si dà particolare attenzione a costruire la convergenza verso valori comuni”. Più tardi, l’atto di indirizzo emanato in data 4 marzo 2009 dal M.I.U.R. in merito alla sperimentazione dell’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione” dedicava espressamente un paragrafo al tema “Educare alla cittadinanza secondo Costituzione in contesti multiculturali”.
Più di recente il M.I.U.R., nel formulare le “prime bozze delle Indicazioni nazionali per i Licei” inseriva tra gli obiettivi di apprendimento del quinto anno di pedagogia “la riflessione sulla formazione della cittadinanza in una società multiculturale e sull’educazione ai diritti umani”.
Infine, la circolare 27 ottobre 2919, n. 86, emessa dalla Direzione generale per gli Ordinamenti scolastici e per l’Autonomia scolastica con oggetto “Cittadinanza e Costituzione. Attuazione dell’art. 1 della legge 30 ottobre 2008, n. 169: anno scolastico 2010-2011” ha indicato come obiettivo del nuovo insegnamento quello di “consolidare nelle giovani generazioni una cultura civico-sociale e della cittadinanza che intreccia lo sguardo locale, regionale, con più ampi orizzonti: nazionale, europeo, internazionale” e ha richiamato l’attenzione, tra l’altro, sui temi “del pluralismo, del rispetto delle diversità, del dialogo interculturale … nonché dell’accoglienza dei diversi da sé”.
Anche nella ricorrente affermazione del compito della scuola di promuovere le competenze degli alunni è emerso l’intreccio tra civismo e intercultura. Così un documento dell’Unione europea del 2006, nell’enunciare le “competenze chiave per l’apprendimento permanente” menziona, tra queste, le competenze sociali e civiche, che, a loro volta, “includono competenze personali, interpersonali e interculturali. Il testo precisa che la base comune della competenza sociale “comprende la capacità di comunicare in modo costruttivo in ambienti diversi, di mostrare tolleranza, di esprimere e comprendere diversi punti di vista, di negoziare con la capacità di creare fiducia e di essere in consonanza con gli altri”. (12)
In definitiva, la condizione multiculturale si esprime, in verticale, nell’appartenenza di un soggetto a più livelli di cittadinanza (locale, regionale, nazionale, europea, mondiale) e ancora, in orizzontale, nella compresenza di soggetti appartenenti a culture diverse nell’ambito di ciascuno di questi livelli.
In parallelo, l’approccio interculturale intende assicurare la coesistenza armonica di più cittadinanze in uno stesso soggetto e ancora, in orizzontale, il rapporto costruttivo, nel medesimo contesto, tra soggetti appartenenti a culture diverse.
Per quanto riguarda la traduzione operativa, nel nostro Paese, dell’insegnamento di ‘Cittadinanza e Costituzione’, si punta opportunamente sulla diffusione delle esperienze delle scuole più avanzate nella relativa sperimentazione. (13) Sono anche comparse alcune pubblicazioni che possono valere come guide pratiche in materia. (14)
C’è ora da augurarsi che l’Amministrazione scolastica, nel fornire in questo campo le ulteriori precisazioni attese dopo il compimento della sperimentazione in corso, dia un decisivo impulso all’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione” e, in particolare, consolidi l’intercultura come educazione alla cittadinanza in contesti multiculturali, al fine di consentire la promozione di una vera e propria competenza interculturale degli alunni, come richiesto in modo evidente dal carattere assunto dalla società del nostro tempo. (15)
Note:
(1) M. I. U. R., “Atto di indirizzo per la sperimentazione dell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione” del 4 marzo 2009, riportato in appendice al testo di L. Corradini “Cittadinanza e Costituzione”, Napoli, Tecnodid, 2009; M. I. U. R., Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e per l’autonomia scolastica, circolare 27 ottobre 2010 su “Cittadinanza e Costituzione: attuazione dell’art. 1 della legge 30 ottobre 2008, n. 169 – Anno scolastico 2010 2011”.
(2) Documento “Il dialogo interculturale e la convivenza democratica” annesso alla c. m. 2 marzo 1994, n. 73 e pubblicato nella Raccolta “L’educazione interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri”, in “Studi e documenti degli Annali della p. i.”, 1995, 71.
(3) D. m. 9 febbraio 1979, in S. O. n. 50 alla G.U. 20 febbraio 1979.
(4) Consiglio d’Europa, “Dichiarazione finale del Consiglio di cooperazione culturale sul progetto Democrazia, diritti umani, minoranze: aspetti educativi e culturali” (Strasburgo, 23 maggio 1997), in A. Augenti e L. Amatucci, “Le Organizzazioni internazionali e le politiche educative”, Roma, Anicia, 1998, pag. 113.
(5) L. Amatucci, A. Augenti, F. Matarazzo, “Lo spazio europeo dell’educazione”, Roma, Anicia, 2005, pag.82
(6) B. Croce, “Storia dell’Europa nel secolo decimo nono”, ried., Milano, Adelphi, 1993.
(7) L. Amatucci, A. Augenti, F. Matarazzo, op. cit. alla nota n. 5.
(8) A. Augenti e L. Amatucci, op. cit. alla nota n. 4, pag.182.
(9) A. Augenti e L. Amatucci, op. cit. alla nota n. 4, pag.184.
10) L. Amatucci, “Educare alla cittadinanza nella società multiculturale”, Roma, Anicia, 2011, pag. 12.
(11) Montesquieu, Cahiers.
(12) Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio dei Ministri del 1° dicembre 2006, riportata in appendice nel testo di L. Corradini citato alla nota n. 1.
(13) Notizie al riguardo potranno essere attinte presso il sito dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica, ex indire (http://www.indire.it) e , per la Lombardia, presso l’“Osservatorio lombardo Costituzione, cittadinanza, educazione” (http://www.istruzione.bergamo.it).
(14) L. Corradini, “Cittadinanza e Costituzione. Una guida teorico-pratica per docenti”, Napoli, Tecnodid, 2009; A. Tosolini et al., “Cittadinanza e Costituzione. Curriculum, modelli organizzativi, certificazione delle competenze”, con premessa di L. Corradini, Catania, La tecnica della scuola, 2011; A. Tosolini et al., “Cittadinanza e Costituzione. Quaderno di lavoro”, Lecce, Pensa multimedia, 2009.
(15) Per una più ampia illustrazione delle tesi esposte nel presente testo, v. L. Amatucci, op. cit. alla nota n.10.
Luciano Amatucci