C’è speranza, se questo accade…
Da più parti – istituzionali, culturali, giornalistiche – ha preso voce un movimento d’opinione e di decisione (anche da settori che, ormai in termini di vera e propria usurpazione semantica, inneggiano in continuazione alla “modernità” e al “progresso”) che, mi pare, ha lo sguardo e l’azione volti all’indietro.
Si tende cioè a far tornare in auge una concezione della scuola – e, più in generale, dell’educazione, della cultura, una visione del mondo, insomma – come trasmissione meccanica di nozioni e contenuti, alla quale bambini e bambine, ragazzi e ragazze, padri e madri dovrebbero adattarsi in modo passivo e subalterno.
Si può volgere lo sguardo al passato, remoto e prossimo, in un altro modo, tuttavia: per procedere verso un futuro altro.
Per esempio continuando a guardare a Francisco Ferrer, a Maria Montessori, a Célestin Freinet, a don Lorenzo Milani, a Gianni Rodari, a Mario Lodi e al Movimento di Cooperazione Educativa, a Paulo Freire, o, in tempi più recenti, a Gianfranco Zavalloni, come riferimenti e ispirazione di una pedagogia attiva.
Come ha scritto Antonio Faeti (La Stampa, venerdì 26 marzo 2011), recensendo il libro “Mario Lodi maestro”, edito da Giunti e curato da Carla Ida Salviati: “Ritorna la possibilità di ascoltare le voci dei bambini del Vho, e raddoppiare anche un’inevitabile constatazione: nessuno come Mario Lodi ha saputo dar voce ai suoi scolari, loro sono qui, a stupirci con l’incantata alterità del loro discorso, collocati nel 1951, nel 1952, ma sottratti alla Storia, oppure da sistemare entro un’altra storia”.
Mario Lodi aveva intitolato il suo libro (antologizzato nell’edizione Giunti): “C’è speranza, se questo accade al Vho”. “C’è speranza, se questo accade…” mi pare una proposizione di grande utilità, in questi tempi, che è anche, insieme, un proposito e una proposta.
Senza scadere nella fenomenologia da baraccone, già mettere in evidenza che su e giù per uno stivale dalle molte leghe si continuano a incontrare donne e uomini (studenti, insegnanti, genitori) che orientano la propria azione pedagogica o didattica a criteri di cooperazione, di reciproco ascolto e arricchimento, di disponibilità all’accoglienza di metodi e contenuti a volte imprevisti ma spesso di grande efficacia, significa che ciò che accade è molto di più e molto meglio di quanto disposizioni ministeriali o libri di successo commerciale vogliano farci credere.
Non si tratta di costruire nuove associazioni (ce ne sono già, di grande merito). Non di organizzare nuovi movimenti o manifestazioni di piazza (studenti e insegnanti ne organizzano già di quantità e di qualità eccellenti). “C’è speranza, se questo accade…”, in modi più semplici, modesti e pratici, potrebbe essere un punto di incontro, di condivisione, di reciproca conoscenza e di scambio attivo delle molte esperienze di cooperazione educativa che, nonostante tutto, continuano a essere presenti in Italia.
Sappiamo che questo accade… a Drizzona, a Castelfranco Veneto, a Soave, a Casalecchio di Reno, a Vigodarzere, a Latina, a Verona, a Scampìa. Ma si tratta di un elenco parzialissimo e incompleto, se si vuole tracciare una mappa delle esperienze e dei punti attivi, che sono certamente molti di più.
Forse è sufficiente, per il momento, all’inizio di questa primavera del 2011, dichiarare la volontà di conoscere e conoscersi, parlare e parlarci, incontrarci e far incontrare esperienze e punti attivi. Utilizzando strumenti tutti da discutere e da costruire (la Rete, il lavoro di ciascuno, un convegno da pensare per il prossimo autunno, iniziative editoriali etc.) per dirci e far sapere che, appunto, c’è speranza, se questo accade…
P.S. In termini del tutto provvisori, da vecchio utilizzatore di fionda, che intende lanciare il sasso e tenere la mano bene in vista, “C’è speranza, se questo accade…” ha, per il momento, questi riferimenti: carloridolfi@yahoo.it e tel. 347 6682696.
Carlo Ridolfi