Musica per tutti?
A trent’anni dalla storica sentenza della Corte Costituzionale, gli studenti disabili non hanno ancora accesso alla formazione musicale nella secondaria di II grado.
È noto a tutti che la legge 517/77 ha disposto il diritto degli alunni disabili a svolgere il loro percorso di scolarizzazione all’interno delle scuole comuni; diritto poi consacrato dalla Legge quadro 104/92. La normativa scolastica italiana in tema di inclusione delle diversità è all’avanguardia a livello mondiale e, periodicamente, delegazioni di altri Paesi europei visitano le nostre scuole, soprattutto quelle del primo ciclo, per capire come questo obiettivo possa essere realizzato con successo. Un’eccellenza poco divulgata, ma di grande valore etico e professionale.
Infatti, doversi misurare con didattiche e forme di socializzazione “speciali” è stato uno stimolo al rinnovamento metodologico, didattico ed organizzativo: da allora la scuola italiana ha raccolto una sfida epocale e, tra fatiche e inevitabili contraddizioni, ha costruito la sua “specializzazione”.
Eppure il percorso scolastico dei bambini e ragazzi con disabilità non è mai stato in discesa – la scuola nel suo insieme è una struttura tendenzialmente rigida – inutile negarlo – e a lungo, soprattutto la scuola secondaria di secondo grado, ha resistito all’accoglienza dei disabili.
In seguito all’iniziativa di alcuni genitori, la Sentenza n. 215 del 3.6.1987 della Corte Costituzionale ha fatto chiarezza, disponendo che “tutti debbono poter frequentare tutti gli ordini di scuola, anche gli Istituti Superiori” . Si è trattato di una sentenza storica, recepita dalla Circ. Min. 262 del 22 settembre 1988, che ha disposto il diritto all’iscrizione e alla frequenza nella scuola secondaria di II grado degli alunni portatori di handicap, richiamando l’art. 34 della Costituzione che sancisce che “la scuola è aperta a tutti”. La Sentenza si riferisce agli alunni con handicap non solo fisico, ma anche psichico, dichiarando illegittimo il 3° comma dell’art. 28 della legge n. 118 del 30 marzo 1971, che limitava al primo ciclo il diritto dei disabili alla frequenza scolastica “comune”. Lo stesso dispositivo afferma che la sentenza è immediatamente “precettiva“.
A quasi trent’anni di distanza l’istruzione secondaria di secondo grado non è tutta allo stesso modo interessata dall’inclusione degli studenti con disabilità. La distribuzione dei disabili è molto disomogenea, vede una minima presenza nell’istruzione liceale e una massima concentrazione negli istituti professionali. Non è detto che questo orientamento, spesso spontaneo e intuitivo per le famiglie e i docenti della Secondaria di I grado, sia il più corretto: partecipare ad attività di laboratorio che prevedano la manipolazione di attrezzature o sostanze potenzialmente pericolose (es. tornio, affettatrici, coltelli, sostanze chimiche …) può non essere la scelta più opportuna per ragazzi disabili. Inoltre questa prevalenza qualitativa nel flusso degli alunni finisce per rendere molto complesse le classi degli istituti professionali, dove si concentra l’utenza più difficile, creando contesti non favorevoli all’integrazione.
Ci aspettiamo che l’estensione dell’obbligo di istruzione al primo biennio della secondaria di secondo grado possa favorire la parallela estensione dei principi e delle pratiche inclusive anche a questo grado di scolarità, come già accaduto per la scuola di base.
In particolare, esiste un caso di “sbarramento” che merita attenzione: di fatto l’accesso alla formazione musicale degli alunni disabili nei percorsi scolastici comuni non è garantito. Nella scuola secondaria di primo grado, i corsi ad indirizzo musicale prevedono una prova attitudinale, essendo i posti limitati. Percorsi specifici per alunni con disabilità si possono tuttavia prevedere: anche quando le sezioni ad indirizzo musicale sono “pure”, la formazione delle classi deve applicare gli stessi criteri in uso per i corsi comuni, a partire dall’omogenea distribuzione delle diverse tipologie di alunni in tutte le classi. È possibile quindi decidere di riservare una “quota” di posti anche agli alunni con disabilità, ma il tutto è lasciato all’autonoma determinazione (e sensibilità) delle scuole.
Non si realizza nemmeno questa possibilità quando si tratta di accedere ai licei musicali: qui la prova attitudinale contempla caratteristiche che la rendono inaccessibile agli alunni disabili, anche quando posseggano attitudini e abilità nella pratica strumentale. Di fatto, anche ragazzi che abbiano frequentato i corsi di indirizzo musicale nella secondaria di primo grado, con opportune individualizzazioni del percorso di apprendimento, si trovano nell’impossibilità di continuare questo percorso nel liceo musicale. Perlomeno questa è l’esperienza della scrivente, dirigente scolastica di un Comprensivo del Comune di Milano.
Eppure la musica rappresenta una forma espressiva dall’indiscusso valore inclusivo. Sollecita l’emotività, la creatività, la comunicazione. La musica d’insieme può rappresentare una forma elettiva di integrazione di diverse abilità e sensibilità, valorizzando le possibilità di ciascuno nel contesto orchestrale.
A conferma della sua grande importanza nello stimolare i processi di apprendimento e di socializzazione, le neuroscienze hanno recentemente dimostrato quali effetti positivi abbia la musica sulle strutture cerebrali.
Nei musicisti, le particolari dimensioni di alcune aree cerebrali che sono attivate quando viene eseguito un brano musicale erano già note ai neurofisiologi, tanto da averli indotti a parlare di “cervello speciale dei musicisti”. Oltre a questo, un gruppo di ricercatori italiani ha scoperto che i musicisti, per leggere un comune testo verbale, attivano le stesse aree coinvolte nella lettura del pentagramma, che sono diverse da quelle utilizzate dalle persone prive di conoscenze musicali. “Lo studio della musica – suggeriscono gli esperti – potrebbe aiutare a sviluppare un circuito cerebrale particolare contribuendo così a compensare i deficit di lettura”.
La musica quindi rappresenta anche una forma di stimolazione cognitiva, oltre che un potente strumento per favorire la socializzazione e innalzare l’autostima.
È urgente comporre la contraddizione normativa tra il diritto dei disabili a frequentare i percorsi scolastici comuni nelle scuole secondarie di secondo grado e le disposizioni che regolano l’iscrizione ai licei musicali che, predeterminando un certo numero di accessi, di fatto li permette solo ad alunni con abilità appositamente “selezionate”.
Per approfondire:
Music Ability Helps Reading, The wall street journal (da cui è tratta l’Immagine in testata)
Laura Barbirato