Algoritmi quotidiani e opinione pubblica algoritmica
“Oggi – spiega il professor Alessandro Gandini – coordinatore del progetto di ricerca “Algocount”[1], affidiamo alle tecnologie digitali molti aspetti della nostra vita privata e pubblica: relazioni sociali, abitudini culturali, transazioni economiche, ricerca scientifica. Gli algoritmi ci consigliano amicizie, film o ristoranti, ci permettono di valutare un servizio, vengono usati per elaborare dati, prevenire reati, valutare rischi finanziari, gestire processi di produzione e nel campo dell’informazione giornalistica”.
Le ore trascorse navigando i social network sono principalmente dedicate all’intrattenimento e alle relazioni sociali, ma in genere gli utenti non sono a conoscenza del fatto che i contenuti digitali siano curati algoritmicamente, non sono davvero consapevoli dell’impatto degli algoritmi nei media contemporanei e della presenza di raccomandazioni automatizzate di contenuti.
Partiamo da un semplice esempio: chatti su wathsapp e parli di fare una vacanza con i tuoi amici e poi ti arrivano informazioni sulla montagna. Se ti domandi perché e che cosa sta succedendo al tuo feed, la risposta è che c’è un algoritmo nel momento in cui fai uso di una piattaforma, come YouTube, Facebook, Twitter, TikTok e Reddit. Un algoritmo invisibile.
E più le piattaforme ci conoscono e raccolgono dati, più i contenuti di informazione raccomandati in rete aumentano e con essi, di conseguenza, la capacità di persuasione, di potenziale radicalizzazione degli utenti e di polarizzazione del dibattito in relazione ad alcuni temi, nonché il rischio di intervento nella costruzione delle opinioni e di orientamento di massa delle comunità.
Corriamo davvero il rischio di rimanere intrappolati nella bolla informativa creata dagli algoritmi e di restarne preda?
L’uso intensivo di tecnologie che automatizzano e personalizzano la circolazione di notizie e contenuti d’opinione è una novità storica, che va indagata, approfondita e conosciuta meglio. Su questo fronte di ricerca è impegnata la Sociologia dei Processi culturali e comunicativi, che si occupa in particolare del ruolo degli algoritmi dei social network nella formazione dell’opinione pubblica e che si interroga sull’esistenza di un’opinione pubblica algoritmica che si forma attraverso le piattaforme digitali.
In particolare il progetto “Algocount” si è occupato di studiare il ruolo degli algoritmi e il funzionamento dei processi di raccomandazione dei contenuti di informazione sui social media in Italia, che troppo spesso restano ancora delle scatole nere, inaccessibili al pubblico.
Per favorire una condotta di vita digitale sana e mantenere una dieta mediale diversificata non si può prescindere da aumentare la consapevolezza degli utenti rispetto ai processi di circolazione di contenuto raccomandato dagli algoritmi. A questo obiettivo può concorrere la “Guida galattica per gli algoritmi quotidiani”, che è uno del output del progetto, unitamente a un documento che declina cinque brevi proposte di policy per la regolamentazione dell’opinione pubblica algoritmica, tra cui la creazione di un concept innovativo per favorire un maggiore controllo dei processi di personalizzazione da parte degli utenti e lo sviluppo di un plugin di servizio pubblico per la circolazione dell’informazione in rete.
La Guida pone otto domande, a cui fornisce una risposta sintetica, ma scientificamente esauriente e di efficace impatto comunicativo. Ecco un esempio: Hai notato che Tiktok capisce cosa vuoi vedere senza nemmeno tu glielo dica? Non è magia. Utilizzando l’app il sistema capisce facilmente i tuoi interessi in quel momento. Il tempo che utilizzi per vedere i video è sufficiente per intuire le tue preferenze. Ad esempio se rivedi due volte uno stesso video, vedrai più contenuti di quel genere. Il flusso di video non si ferma mai: si chiama “infinite swipe” e anche questo contribuisce alla personalizzazione di quello che vedi.
Particolarmente significativa l’iniziativa educativa pilota realizzata dal gruppo di Progetto nella scorsa primavera con mille studenti delle scuole secondarie di secondo grado, con l’obiettivo di creare consapevolezza sugli algoritmi tra gli adolescenti, che sono i maggiori utilizzatori dei social media. L’attività è stata concepita come workshop strutturati in tre sezioni: introduzione alle nozioni di base relative agli algoritmi di raccomandazione, anche attraverso esercizi semplici di reverse engineering di Google Search, volti ad esplorare la logica input-output degli algoritmi di raccomandazione dei browser da un punto di vista creativo e attivo; dibattito su dark patterns – tutti quei trucchi e design ambigui – quasi labirintici – che mirano a trarci in inganno e ci fanno fare, comprare o sottoscrivere cose che non vogliamo – e il click-baiting, ovvero le esche da click, contenuti studiati appositamente per attirare visitatori sul sito e generare introiti pubblicitari.
Tuttavia, poiché evidenziare solo le minacce avrebbe fatto correre il rischio di portare a una visione limitata ed eccessivamente negativa dei temi trattati, sono stati presentati anche alcuni casi positivi (e.g. #metoo, #blacklivesmatter, Fridays for Future), per invitare i partecipanti a riflettere su come le funzionalità delle piattaforme online possano anche creare nuove opportunità. L’interrogativo finale posto agli studenti è stato il seguente: una volta a conoscenza di detti processi di raccomandazione, cosa possiamo fare per interagire attivamente con gli algoritmi?
La terza parte di attività è stata pertanto costruita attraverso esercitazioni pratiche, a partire dalle risorse a disposizione su Data Detox x Youth di Tactical Tech, che mirano ad aumentare la consapevolezza e il controllo su piattaforme e dispositivi digitali. Sono stati trattati temi come la gestione dell’accesso delle app alla posizione, i dati raccolti da Google, il ruolo delle notifiche, la FOMO – fear of missing out, “paura di essere tagliati fuori” – e il benessere digitale; sono stati introdotti inoltre alcuni strumenti che gli studenti possono utilizzare per migliorare la loro qualità di navigazione online, come ad esempio FireFox o DuckDuckGoSearch Engine.
Iniziative come quella messa in campo dal progetto “Algocount” può, a detta di docenti e insegnanti coinvolti, costituire un prezioso momento formativo nell’ambito dell’educazione civica e incentivare comportamenti e abitudini virtuose, come le impostazioni sulla privacy sui propri smartphone e social media e l’installazione di componenti aggiuntivi per la gestione dei propri dati.
Se trovate interessante il tema delle potenzialità e aspetti critici degli algoritmi, siete pronti per leggere il libro “L’algoritmo d’oro e la torre di Babele”[2], che il giurista, politico e accademico italiano Giovanni Maria Flick ha da poco pubblicato insieme alla figlia Caterina, esperta in diritto dell’era digitale.
[1] https://algocount.org/ progetto di ricerca dell’Università degli Studi di Milano, in partnership con Politecnico e Museo Nazionale della Scienza e Tecnologia
[2] G.M. FLICK-C. FLICK, L’algoritmo d’oro e la torre di Babele. Il mito dell’informatica, Baldini+Castoldi, 2022
Rita Bramante Già Dirigente scolastica, membro del Comitato Nazionale per l'apprendimento pratico della Musica