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Dire, donare includere: un’esperienza di rete gestita direttamente dagli studenti

Pubblicato il: 28/07/2021 06:50:56 - e


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L’emergenza è diventata normalità, ma questo non si è tradotto in un adattamento. Ci siamo interrogati su quale fosse nostro ruolo in questa delicata situazione, abbiamo la consapevolezza di dover accogliere e sostenere i nostri ragazzi con il loro carico emotivo. Contemporaneamente abbiamo la responsabilità di organizzare e gestire la sicurezza: misurare distanze, incollare nastri, spostare banchi, igienizzare, coordinarci con famiglie e istituzioni sanitarie. Infine, naturalmente, insegnare…

 

Una rete per unire

Lavoriamo come docenti di sostegno in una Scuola secondaria di secondo grado, l’IIS Statista Aldo Moro di Passo Corese: come negli altri istituti ai ragazzi fragili viene garantita la didattica in presenza. Le difficoltà sono moltissime, prima di tutto riguardo l’organizzazione: gli studenti interessati rappresentano un terzo della popolazione scolastica, ogni volta che si prende in mano la calcolatrice per stabilire i turni di frequenza i numeri risultano sempre troppo alti. Inoltre quando si lavora con persone che hanno disabilità importanti, un’autonomia scarsa o nulla, non è sempre possibile garantire la distanza di sicurezza, non è sempre possibile spiegare che non ci si può toccare, né avvicinare…: un nemico invisibile, astratto, fuori dal nostro controllo ci fa sentire impotenti, sopraffatti.  L’emozione che ne può derivare è l’angoscia, un misto di sofferenza e paura: al contrario dell’ansia che attiva l’organismo, essa lo impoverisce e può portarlo alla resa, una resa che può tradursi in depressione.

 

Vista la situazione abbiamo pensato ad attività che consentissero la creazione di una rete tra tutti gli studenti, al fine di farli sentire uniti e appartenenti alla comunità scuola. Così è nato l’InnovationTeamTeach, un gruppo creato su modello del Team Digitale di docenti, ma composto da alunni e rivolto ai compagni, con l’obiettivo di far immergere nel mondo digitale tutti gli studenti dell’istituto, garantendo animazione e partecipazione alle attività che prevedevano l’utilizzo di devices: nessuno doveva essere lasciato solo. Il team, formato da venti studenti del triennio dell’Istituto tecnologico, è stato organizzato come un’azienda di servizi in maniera tale da poter comprendere le ore maturate all’interno del percorso di PCTO (Percorsi per le Competenze e l’Orientamento)- .

 

Cooperativi e interdipendenti

Le attività sono state pianificate cercando di fornire strumenti, prima di tutto di pensiero, che permettano ai ragazzi di leggere, orientarsi e integrarsi in una società sempre più complessa, di affrontarne le contraddizioni senza perdersi. Come metodologia didattica abbiamo scelto il cooperative learning, ma non conoscendo i ragazzi, che oltretutto appartenevano a classi diverse, abbiamo pensato ad attività per avviare un primo confronto tra i partecipanti e garantire un buon inserimento nel gruppo. Nei primi due incontri c’è stata la formazione per l’utilizzo della piattaforma GSuite, ma anche di altri strumenti digitali. È stata privilegiata una modalità di strutturazione dell’interdipendenza orientata allo scopo, e ogni gruppo doveva realizzare tutorial diversi: quello per il primo accesso sulla piattaforma d’Istituto (rivolto agli studenti delle classi prime), un altro per l’accesso e l’utilizzo delle varie classrooms di appartenenza ecc.

 

Nell’incontro successivo abbiamo parlato di life skills: non sempre i ragazzi con i voti più alti sono quelli che raggiungono più facilmente i loro obiettivi: non bastano i contenuti se non si è in grado di comunicare, collaborare, gestire lo stress, relazionarsi A questo punto abbiamo chiesto ai ragazzi quali fossero le abilità relazionali necessarie per lavorare in maniera efficace con gli altri, quali pensavano di possedere, quali utilizzavano più frequentemente e quali avrebbero voluto rinforzare. Per rendere l’esercizio più concreto ed efficace è stato chiesto a ognuno dei ragazzi di stilare una lista di venti loro caratteristiche. Sono emerse emozioni, bisogni, desideri, fragilità.

 

La riflessione successiva è stata centrata su come poter sfruttare le qualità, ma soprattutto su come poter trasformare le vulnerabilità in risorse: in base a tutto ciò che è emerso in questa prima fase, sono stati formati i gruppi di quattro componenti e assegnati i ruoli[1], sottolineando che quando si lavora uniti il successo del singolo è intrecciato a quello degli altri. Subito dopo si è passati all’assegnazione dei lavori stabilendo anche luoghi, tempi, strumenti e specificando che i documenti prodotti avrebbero dovuto essere fruibili da tutti: gli studenti con disabilità e quelli con disturbi dell’apprendimento membri dei gruppi hanno potuto dare un importante e specifico contributo.

 

Identità personale e confronto con gli altri

Molto partecipato il successivo incontro durante il quale ogni ragazzo ha provato a immaginare che a compilare la lista di caratteristiche fossero i compagni: abbiamo voluto stimolare una riflessione su come pensiamo ci vedano gli altri. Durante l’adolescenza si è impegnati a costruire la propria identità e noi dobbiamo guidare i ragazzi, aiutarli a rispondere alle domande che si pongono: che cosa sono in questo momento? Il modo in cui gli altri mi vedono, corrisponde al modo in cui io mi vedo? In che modo sono soddisfatto di chi sono? L’identità può essere definita solo attraverso la contrapposizione tra il sé e l’altro. I processi sono interconnessi e interdipendenti: la socializzazione promuove il senso di identità e lo sviluppo dell’identità aiuta l’adolescente ad affrontare le sfide sociali e relazionali. Un’emozione particolarmente dirompente in questa fase della vita è la vergogna: spesso i ragazzi si sentono non adeguati, imbarazzati. Prendere consapevolezza che tutti hanno debolezze, che le emozioni spiacevoli che proviamo sono condivise dai nostri compagni rassicura e nello stesso tempo unisce.

L’integrazione con il progetto sullo sviluppo dell’intelligenza emotiva

Sono stati realizzati anche materiali didattici destinati agli studenti fragili e utilizzati nell’ambito di un altro progetto sullo sviluppo dell’intelligenza emotiva: l’acronimo DDI diventa Dire Donare Includere. Le continue interruzioni didattiche sono molto destabilizzanti; per questo motivo abbiamo deciso di tenere un laboratorio online sulle emozioni due volte alla settimana , in maniera tale che i ragazzi avessero la garanzia di uno spazio di ascolto aperto a tutti. Durante gli incontri è stato letto Ventimila leghe sotto i mari associando vari giochi didattici realizzati dalle Innovation Team Touch[2]; il laboratorio si è concluso con la realizzazione di uno storyboard[3] collettivo sull’importanza dell’amicizia e del fare le cose insieme. Le due proposte didattiche sono state raccordate in maniera tale che si integrassero e completassero: tutto in un’ottica inclusiva che favorisse le alleanze e consentisse ai ragazzi coinvolti di discutere con responsabilità, confrontando le diverse opinioni, divertendosi, dandosi aiuto reciproco.

Si è anche parlato molto di gestione dei conflitti che ovviamente ci sono stati. Questo ci ha consentito di parlare di comunicazione: da cosa nasce il conflitto? Secondo Rosenberg da un bisogno non soddisfatto. Quando ci troviamo in un luogo comunicativo caratterizzato dall’aggressività, bisogna fermarsi, centrarsi, riflettere su ciò che sta succedendo e porsi una domanda fondamentale: da cosa nasce questo scontro?[4] Inoltre, come si fa in azienda, ogni gruppo ha potuto scegliere un tutor responsabile di riferimento che, attraverso i documenti condivisi, email e rubriche di osservazione, ha sempre potuto monitorare e supervisionare azioni, responsabilità e l’intero processo valutando le conoscenze, ma anche la capacità di applicarle alla realtà. Sono state fornite agli studenti schede di autovalutazione, del singolo e del gruppo, in maniera tale che potessero avere un riscontro su come avevano operato, prendere consapevolezza della loro prestazione e del modo in cui potevano migliorare.

Conclusione: alleanza, autonomia, creatività, presenza, multidisciplinarietà

Il progetto è andato molto bene, i ragazzi hanno dimostrato entusiasmo e partecipazione: avevamo programmato attività e materiale per gli incontri successivi, ma da un certo punto in poi gli studenti hanno operato autonomamente. Quando si crea un ambiente di lavoro autentico, motivante e stimolante attraverso il contributo attivo di tutti, i ragazzi fanno ricerca, indagano, individuano e risolvono problemi, discutono, prendono decisioni, collaborano, riflettono e valutano l’efficacia del proprio lavoro, agiscono insieme. Nello stesso tempo, solo un clima collaborativo permette al singolo allievo di porsi obiettivi di autorealizzazione, perché non è in competizione con i compagni, ma si misura con se stesso e può monitorare il suo percorso di crescita. Gli stimoli devono essere sfidanti, quindi non eccessivamente semplici, ma adeguati alle abilità degli studenti. Non ci dimentichiamo il contesto: i più recenti approcci alla motivazione mettono in luce l’interazione tra fattori personali (bisogni, interessi) e fattori situazionali (valori, modelli culturali, relazioni) attribuendo maggiore importanza, rispetto ai precedenti modelli, all’influenza esercitata dal contesto sociale. La motivazione deriva dall’interazione tra studente e contesto in cui egli agisce[5]: la didattica deve costruire, non solo trasmettere.

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[1] Facilitatore, segretario, portavoce, cercatore/responsabile dei materiali, redattori tutti

[2] Tramite l’utilizzo di: https://learningapps.org/ (consultato il 09/07/2021)

[3] Tramite l’utilizzo di: https://www.storyboardthat.com/it/storyboard-creatore (consultato il 09/07/2021)

[4] Rosenberg M., Le parole sono finestre [oppure muri], introduzione alla comunicazione non violenta, Reggio Emilia, Edizioni Esserci 2003

[5] E. Giusti, Motivazione e volontà, Come conseguire i propri obiettivi con successo, Roma, Sovera Edizioni, 2011

Daniela Colangelo Insegnante di Sostegno nella Scuola secondaria di secondo grado, docente di laboratorio del Corso di Specializzazione per il Sostegno didattico agli alunni con disabilità (V ciclo), presso l’Università degli studi Roma Tre - Giuliana Renzella Insegnante di Sostegno nella Scuola secondaria di secondo grado, dottoressa  Agronoma a Forestale

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