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Un bilancio dell’esperienza  dei percorsi di formazione entro le SSIS Intervista a Lucilla Cannizzaro

Pubblicato il: 09/06/2021 02:14:44 - e


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Lucilla Cannizzaro, già docente al presso il Dipartimento di Matematica dell’Università La Sapienza di Roma, ha preso parte, in fase di progettazione e di organizzazione, alla SSIS del Lazio e ha svolto attività didattica nelle classi di abilitazione che interessavano la Matematica presso Roma 1 e Roma 3. L’abbiamo intervistata a margine degli incontri promossi dalla professoressa Clotilde Pontecorvo nell’ambito delle attività del Centro studi M. Pontecorvo sui temi della professione docente, in particolare sulla formazione iniziale.

Nel tuo intervento hai fatto cenno a un Seminario riservato ai supervisori, docenti esperti di scuola secondaria superiore che avrebbero collaborato con i docenti universitari nella SSIS. La vostra esperienza affronta un problema fondamentale del lavoro docente nella e per la scuola: «rinnovare i percorsi verso una nuova organizzazione della formazione iniziale che integri la formazione accademica con quella sul campo, verso la generalizzazione di “comunità di pratica professionale». La citazione è tratta dal rapporto Eurydice del 2018 (ricerche comparative a livello europeo) che indica il problema come ancora irrisolto. Quali sono state le ragioni e le occasioni che vi hanno portato a organizzare questa fase introduttiva?

Durante uno dei seminari preparatori alle SSIS (prima dell’Estate 1999, a Villa Mirafiori a Roma), che coinvolsero docenti di varie Facoltà, ci scambiammo la preoccupazione che gli insegnanti supervisori di tirocinio (e coordinatori e mentori degli specializzandi) sarebbero stati distaccati dall’insegnamento secondario dal primo settembre quando ancora la selezione degli studenti SSIS non era stata completata. Su proposta di Lucilla Lopriore (linguista), decidemmo di invitare Donald Freeman (Brattleboro, USA ) a tenere un  seminario preparatorio alla gestione del tirocinio come occasione di incontro e di scambio trasversale alle discipline e che coinvolgesse anche i docenti universitari che si sarebbero occupati dei laboratori didattici. Nel Seminario, svolto con modalità interattiva (in due periodi: prima dell’avvio delle SSIS e dopo due mesi di attività), fu possibile affrontare alcune tematiche cruciali: la Scuola come ambiente per lo sviluppo professionale degli Insegnanti, l’individuazione di una ‘Carta del tirocinio’, l’impostazione di analisi di casi, il monitoraggio e  la valutazione delle attività di tirocinio, il Portfolio (come impostarlo e gestirlo per un bilancio dei bisogni, delle potenzialità, delle acquisizioni raggiunte)[1].

Quando sono partite le SSIS vi siete trovati ad affrontare diversi  problemi. Quali le questioni più complesse che avete provato a fronteggiare e quelle che pensi siano ancora aperte?

Una premessa: non penso (e non lo pensavo anche allora, quando la riforma delle Università ha impattato sulle SSIS) sia sostenibile un percorso formativo di anni 3+2+ 1 (o più di 2) per poi chiedere aggiornamento continuo (inevitabile) e prima di sapere se la persona, come professionista, si rivolgerà agli 11/14- anni o ai 15+ liceali o ai 15+ tecnici o ai 15+ professionali.

E tutto questo ai livelli di riconoscimento professionale e salariale attuale.

Il grosso problema è quello del rapporto tra Scuola e Università. Le Università con le SSIS hanno realizzato esempi positivi ma anche esempi negativi. Penso sia indispensabile una sinergia tra Scuola e Università ma con prevalenza (oneri e onori) di responsabilità all’Istituzione scolastica. L’Istituzione scolastica si deve assumere la responsabilità di chiarire a quali figure professionali si rivolge,  progettando e attuando  il suo disegno. Le Istituzioni scolastiche potranno e dovranno fare tesoro delle esperienze del proprio personale che ha già lavorato con l’obiettivo della Formazione dei docenti anche, ma non solo quella, all’interno delle SSIS: supervisori, insegnante accoglienti, tutor, insegnanti impegnati in Laboratori didattici e curricolari, insegnanti che hanno avuto responsabilità di corsi anche in co-gestione, insegnanti abilitati nelle SSIS[2].

Le Università potranno dare sostegno e aiuto a livello di progettazione e di svolgimento dei corsi, di collaborazione alle valutazioni. Ma anche sul piano finanziario le Università potrebbero prevedere che propri docenti possano svolgere insegnamenti presso i poli scolastici per la formazione dei docenti.

 LINK A

LINK B

Facendo riferimento alle SSIS e a tutto quello che si è pensato potesse sostituirle, potresti mettere a fuoco un bilancio e tratteggiare errori da non ripetere e qualche prospettiva di soluzione?

Le SSIS furono istituite nel 1990 (legge 341), i ‘Criteri Generali’ furono fissati nel 1998 e il primo ciclo partì nel 1999. Erano previsti dieci ccli biennali prima di dare nuovo assetto al sistema del reclutamento. In realtà, già da prima vi erano state esperienze di punta.

link C

Le SISS hanno una storia fatta di tanti conflitti legislativi o istituzionali tra le diverse istituzioni coinvolte e che mi pare si siano riproposti e abbiano determinato un sostanziale fermo al progredire della attuazione del sistema di reclutamento e una più marcata separatezza tra le parti attive. I principali conflitti per le SSIS sono stati da imputare a:

  1. non coordinamento di azioni legislative che agivano sullo stesso bacino, come nel caso della riforma universitaria 3+2 assunta senza alcuna riflessione sull’organizzazione delle SSIS dopo i primi tre o quattro cicli;
  2. una sorta di ‘sciatteria legislativa o normativa’ come nel caso dell’annuncio al terzo anno (ovvero, dopo la conclusione di un solo ciclo, prima della chiusura del secondo e appena iniziato il terzo ciclo) che le SSIS sarebbe finite con quel ciclo, il III. La chiusura delle SSIS fu, poi, posticipata di anno in anno a luglio di ogni anno. E ancora, oltre all’annullamento definitivo del X Ciclo, ci fu il fatto che il IX ciclo ebbe gli abilitati inseriti fuori graduatoria e l’VIII ciclo ebbe gli abilitati inseriti in coda alle graduatorie indipendentemente dal punteggio.

Un esempio ancora: tre Corsi Abilitanti Riservati per precari, spesso poi svolti da docenti delle stesse SSIS, per precari con 100 ore di supplenza, fatte anche in scuole private e in classi di concorso diverse da quelle nelle quali chiedevano l’abilitazione;

  1. deroghe agli accordi messe in atto nella triangolazione tra le Istituzioni deputate a formare il personale docente (Università e Pubblica Istruzione) e le Regioni. Primo esempio: il conflitto tra Ministero e Regioni sul numero delle scuole regionali: ci sarebbe dovuta essere un’unica SSIS per ogni Regione ma così non fu. Alcune Università non hanno accettato e promosso un coordinamento e una collaborazione, hanno piuttosto voluto la frammentazione su più sedi. Secondo esempio: il numero degli studenti ammessi alle SSIS; questo in molti casi venne fissato in deroga alle indicazioni del Ministero dell’istruzione che pure lo fissava sulla base delle previste necessità regionali di nuovi docenti per le singole classi di concorso.

Guardando dall’esterno (non vi ho lavorato per raggiunto pensionamento) le forme che hanno sostituito le SSIS, il TFA (Tirocinio Formativo Attivo)  e la FIT[3]  (Formazione Iniziale Tirocinio) sono la  conferma che la Scuola Italiana è un sistema senza memoria e con spiccata tendenza al ‘non ascolto’ tra le varie componenti istituzionali.

Link D

Proviamo ad attualizzare il focus; rispetto alle concezioni dei futuri docenti pensi ci siano punti cruciali suggeriti dall’esperienza drammatica di questi ultimi due anni?

Dalla chiusura delle SSIS sono cambiati tanti elementi.  I due Ministeri sono tornati separati; non so valutare in cosa l’accorpamento abbia facilitato la collaborazione, ma la prospettiva che la separazione complichi soluzioni agili mi pare concreta. Il Ministero dell’Istruzione è cambiato: pochissimi Ispettori e molti amministrativi. Un bene ma anche un male. Azioni di gruppi di potere potrebbero essere minori in numero e di minor incisività, ma è ipotizzabile una maggiore distanza dalla vita delle classi.

Ma i cambiamenti imposti, oggi, dalla Pandemia sono anche altri. La pandemia ha posto l’accento sulla competenza psicologica perché i docenti possano sperare di affrontare positivamente le conseguenze che la situazione ha inevitabilmente determinato nei più giovani. La pandemia ha sollevato prepotentemente la questione della gestione degli strumenti informatici e delle sensibilità digitali e professionali per utilizzare bene quegli strumenti. Ma, per fare un esempio sulla matematica, questo confligge con un consistente numero di docenti che (soprattutto nella primaria e nella secondaria di primo grado) ritengono l’uso delle calcolatrici nemico dello sviluppo delle abilità numeriche e di calcolo.

Rimanendo in ambito matematico, la pandemia (e le prevedibili future pandemie) potrebbe e dovrebbe dirottare giovani laureati in Biologia verso laboratori di analisi e di ricerca e verso collaborazioni con ditte farmaceutiche. Si potrebbero scoprire per i laureati in Matematica insegnamenti di osservazioni scientifiche nella scuola secondaria di primo grado. Fino a ieri il problema era quanta e quale Matematica e quale sua didattica fosse opportuna per i laureati in Biologia; oggi diventa quale e quanta Biologia e quale sua didattica, o almeno quanta Matematica applicata, sarà necessaria per i laureati in Matematica per insegnare Biologia. E non apro il discorso su altri corsi di laurea.

Per chi volesse leggere il testo integralmente è disponibile una versione in pdf. Cliccare qui.

[1] Di alcuni supervisori di area Matematica a Roma1 si possono leggere testimonianze e riflessioni in: Organizzazione del Tirocinio: riflessioni a margine di un anno di lavoro’  Università e Scuola, V, N.2/R, 2000, 5-13; ‘Il tirocinio di matematica nella SSIS, Archimede, N. 1, 2003, 23-28

[2] Si veda: http://www.anfis.it/index.php?option=com_content&view=article&id=51&catid=57&Itemid=119

[3] Si veda nota 2

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