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Il PCI e la scuola – La grafica politica del PCI per la scuola nell’opera di Daniele Turchi

Pubblicato il: 12/05/2021 08:23:57 -


Curato da Andrea Turchi contiene contributi di Walter Veltroni, Simona Manni, Alfio Leonardi, Marina Criscuolo e Fausto Giaccone
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All’inizio degli anni Settanta la comunicazione politica avveniva attraverso volantini e manifesti, oltre che tramite i giornali. Molti giovani di quella generazione tornavano a casa imbrattati della mitica colla per manifesti Sichozell (ancora in commercio e ancora nella stessa confezione!). Nell’ambito della nostra iniziativa Il Pci e la scuola con la quale intendiamo celebrare il centenario di quel partito, abbiamo deciso di pubblicare una serie di manifesti del PCI dedicati alla scuola elaborati da quello che era allora un giovanissimo grafico, Daniele Turchi, scomparso prematuramente dodici anni fa. A quel tempo Daniele lavorava attivamente con la federazione romana del PCI; non fu  mai iscritto al partito tanto che collaborava nello stesso periodo con la stampa democratica e con  quella della sinistra extraparlamentare. In tutti i casi lo faceva con la stessa impeccabile professionalità e passione. 

La pubblicazione dei manifesti ci è stata gentilmente concessa dalla Fondazione Basso, che ha recentemente curato con preziosa attenzione l’archiviazione e la classificazione di tutta l’opera di Daniele Turchi.  Ci sembra che i manifesti  ben rappresentino la temperie politica di quel tempo lontano. Preponiamo alla galleria di immagini una serie di testimonianze di alcuni di coloro che hanno strettamente collaborato con Daniele: Walter Veltroni, allora dirigente della FGCI romana e committente di gran parte dei queste pubblicazioni; Simona Manni, Alfio Leonardi, Marina Criscuolo, suoi compagni di lavoro e di avventura intellettuale, fotografo e amico fraterno da sempre di Daniele. L’opera grafica di Daniele Turchi è consultabile nella bella mostra virtuale allestita dalla Fondazione basso in:  https://www.coltonelsegno.it

Una selezione di manifesti di Daniele Turchi è disponibile nella versione in pdf di questo articolo ed è scaricabile cliccando qui.

Ricordo di Walter Veltroni

Daniele Turchi era una persona gentile e un grande artista. Quando arrivava, con la sua ineffabile cartellina rigida, era sempre una gioia per tutti. Si affollavano le persone attorno alla mia scrivania, per vedere le sue ultime opere. C’era sempre un’idea, un segno particolare, qualcosa che rendeva il suo lavoro riconoscibile, personale. E’ stato un grande grafico perché era appassionato della vita e dell’arte. Ed è stato un grande grafico politico perché aveva coscienza e passione civile. Fu lui a inventare il simbolo dei Comitati unitari degli studenti romani, uno sventolio di bandiere rosse che fu riprodotto in centinaia di striscioni fatti dai ragazzi delle scuole. I comitati unitari furono lo strumento con cui la sinistra tradizionale ruppe l’egemonia dei gruppi dell’estrema sinistra negli istituti romani. Daniele ne seguì l’immagine, ne curò un giornale che uscì per qualche numero, ne fece manifesti e volantini dando un’identità riconoscibile a un movimento che, se vogliamo guardarlo oggi, era una prefigurazione dell’Ulivo, almeno come intenzione politica. E poi Daniele, che noi chiamavamo il piccolo grande uomo, fece decine di manifesti e volantini del Pci e della organizzazione giovanile, la Fgci, sulla scuola e l’università. Daniele curò anche, negli anni della Fgci, un giornale mensile che si chiamava “Roma Giovani”, in cui si parlava molto di scuola e di studenti.

Ho lavorato con lui per quindici anni. Prima in Fgci, poi alla federazione romana del Pci e infine a via delle Botteghe Oscure, quando mi occupavo della “stampa e propaganda”. Insieme abbiamo attraversato il periodo delle vittorie al referendum sul divorzio, dei trionfi elettorali della sinistra, della stagione cupa del terrorismo.

Il suo studio, a via Urbana, in cui lavorava con Alfio, Simona e altri era un arcobaleno di colori e di segni, un paradiso della fantasia. Con la sua morte la grafica politica, in quegli anni elemento distintivo di partiti e temi, perse molto. 

Daniele aveva una mente geometrica e un tratto fantasioso, questo lo rendeva unico. 

Ricordarlo è bello. 

Bello come un suo manifesto.

Ricordo di Simona Manni

Ho lavorato con Daniele, a cui ero legata da una forte amicizia, seguendolo nella parte esecutiva dei manifesti e accompagnandolo al momento della commessa di molti suoi lavori.
La particolarità dell’ approccio di Daniele consisteva, per la maggior parte del tempo, nella lunga elaborazione personale dei contenuti delle commesse stesse. Questa fase a occupava 2/3 dei tempi di realizzazione. Prima di dedicarsi alla progettazione del contenuto grafico del manifesto, Daniele analizzava e perfezionava gli slogan, i contenuti e le frasi stesse che gli venivano commissionati, tramite la sua elaborazione personale e professionale della comunicazione. Dando così al messaggio stesso una maggiore e incisiva carica comunicativa ed evocativa che veniva poi tradotta dalle sue eccezionali doti grafiche e in un stile suo proprio.
Così facendo l’opera grafica di Daniele diventava una messa in scena di un messaggio vissuto, sentirlo e elaborato personalmente. Il grafico si immedesimava perfettamente nel destinatario, ne capiva i bisogni e valori su cui improntare la comunicazione visiva.

Ricordo di Alfio Leonardi

Daniele è stato l’amico fraterno con cui ho trascorso 40 anni di vita. Daniele è stato anche molto di più per quanto mi ha insegnato nel lavoro e nella vita. Ho mosso sotto la sua guida rigorosa i miei primi passi nel campo della comunicazione visiva come collaboratore prima e come collega poi, sia nella professione sia nell’insegnamento all’Isia di Roma. Da lui ho imparato la pulizia del segno e il rigore compositivo. Con lui ho condiviso battaglie e successi professionali fino ai suoi ultimi giorni, condividendo tutto.

Ricordo di Marina Criscuolo

Ho conosciuto Daniele al Corso dell’Isia nel lontano 1972. Io avevo alle spalle la Facoltà di Architettura, il ‘68 e la diffidenza verso l’autogestione studentesca. Mi ero già convinta dell’utilità per gli studenti che professori facessero i professori! Infatti abbiamo avuto ottimi professori, quali il grande Giovanni Anceschi e poi Renato Pedio, Achille Perilli, Ettore Vitale, Ferro Piludu, Michele Spera. Di conseguenza, avendo formato un ottimo gruppo di studenti con Alfredo Celaia, Laura De Martino, Silvano Fassina, abbiamo quasi subito fondato lo studio grafico cooperativo FataMorgana nel quartiere Monti. Io, che già lavoravo come grafica all’Astrolabio, settimanale diretto da Ferruccio Parri e Mario Signorino, fui chiamata dalla Federazione Romana del Pci a via dei Frentani per progettare i manifesti della Federazione e mi portai dietro Daniele. Lavorammo tantissimo con molte nottate. Daniele era resistentissimo e riusciva, anche di notte, a fare dei magistrali esecutivi su cartoncino Shoeller, scritte con i Letraset e montaggio di disegni e foto, tutto a mano, niente PC, ma…solo Pci! Il nostro maggiore problema erano la lunghezza del nome Berlinguer, per cui dovevamo studiare soluzioni grafiche ardite per farlo risultare il più grande possibile e le limitazioni economiche della Federazione, per cui solo manifesti a 2 colori! La nostra più grande invidia era per il nostro collega Bruno Magno, dello studio grafico centrale del Pci a Botteghe Oscure, che disponeva di molti più mezzi e poteva permettersi manifesti a 4 colori! In quel periodo abbiamo anche progettato il mensile del Pci Riforma della Scuola e CittàFutura, settimanale della Fgci, diretto da Ferdinando Adornato. In FataMorgana abbiamo sperimentato un sistema di lavoro con responsabilità’ a rotazione per ottenere la parità’ assoluta tra di noi. Tra un lavoro e l’altro abbiamo fatto seminari, collettivi di studio politico e di approfondimento di linguaggio grafico e comunicazione alternativi e abbiamo lavorato tantissimo per la Lega delle Cooperative. Daniele e Silvano erano i più creativi e facevano dei disegni meravigliosi. Ma non dimentichiamo la collaborazione con il superalternativo Marcello Baraghini, con il quale abbiamo creato la prima impronta visiva di Stampa Alternativa: il primo logo, quello dell’enorme foglia di marijuana esibita dal braccio “Stampa Alternativa”. Daniele poi ha continuato la sua felice collaborazione con Marcello realizzando libri memorabili e la rivista CART (CART per cartolina), per parlare della storia e della cultura delle cartoline. Il nostro periodo artistico collettivo di FataMorgana si conclude nel 1976, dopo la Rivoluzione Portoghese per la quale progettammo la copertina e il libro delle canzoni popolari delle cooperative portoghesi, sempre per la Lega delle Cooperative. Nel 1977 nacque mio figlio e nel 1980 fui assunta a capo dell’Ufficio Grafico della Divisione dell’Informazione della FAO, con contratto esclusivo. Daniele, fra tutte le meravigliose cose che continuò a fare, trovò anche il tempo di collaborare con me alla FAO! Grazie, Daniele!

Ricordo di Fausto Giaccone

Ho conosciuto Daniele a Roma nei primi anni ’70. Daniele faceva parte di un gruppo di giovani del corso dell’Isia frequentato dalla mia compagna di allora. 

La nostra frequentazione non nacque per via di studi comuni o di incontri regolari, ma prese subito una piega molto personale. Me lo ricordo all’inizio nella casa materna nel quartiere Salario e poi via via, man mano che passavano gli anni e che lui si rendeva indipendente, nella sua casa di Monteverde di via Clivio Rutario, fino negli ultimi anni nell’appartamento di Ostia. Benché avesse undici anni meno di me era un’amicizia tra pari. Lo scambio era tra persone amiche e con molte passioni in comune, prima tra tutte la letteratura, e il divertimento nelle ricerche nelle librerie dell’usato. Aveva una grande qualità, sapeva ascoltare le persone e le circondava di affetto e di attenzioni: ricordo le sue “cerimonie del tè”, e la cura nel cucinare…o il libro pescato da un rigattiere che ti regalava perché sapeva che ti riguardava, e aveva un gran senso dell’humour. Man mano che il suo lavoro di grafico cresceva trovammo anche modo di collaborare per alcuni progetti, visto che il mio mestiere era quello del fotografo. Spesso mi chiedeva immagini dei movimenti giovanili, in particolare del ’68 romano. Una volta partecipammo insieme a un volumetto sul “Treno della Tolfa” che collega Roma a Viterbo, e nel 1980 partimmo per la Calabria per preparare i materiali per una mostra sulla zona archeologica di Paludi, vicino Rossano Calabro. E naturalmente questi viaggi in auto verso il Sud erano occasioni per goderci il paesaggio e la musica. Collego la conoscenza di Daniele alla scoperta, negli anni ’70, della musica dei Pink Floyd e dei Jethro Tull. 

Un’estate riuscii perfino a trascinarmi Daniele per una breve vacanza fino in Sicilia dai miei, lui che d’abitudine era poco incline alle vacanze. Nei primi anni ’80 lasciai Roma per trasferirmi a Milano, ma nei miei frequenti ritorni ci vedevamo e ricordo di essere andato a piedi da lui durante l’eccezionale nevicata a Roma di metà anni ’80, fino alla casa di Monteverde. Quando cominciò a venire a Milano per i corsi che teneva, se aveva tempo passava da noi e lo ritrovo in una fotografia tra gli amici più cari di Roma a cui presentai la mia prima figlia appena nata nel 1988.  Poi, nei primi anni 2000, cercandolo una volta a Roma mi accennò, senza mai drammatizzare, a problemi di salute, durante un incontro nello studio grafico Jumblies che aveva in Prati con Paola Trucco e Giovanni Lussu.  Nel 2008, dovendo preparare una mostra di mie fotografie all’Accademia Americana al Gianicolo per il 40° anniversario del ’68, fu sempre a lui che mi rivolsi per avere un aiuto per il poster e fece come sempre un lavoro magnifico. Ma non riuscì a venire perché non stava bene. L’ultimo ricordo che ho di lui è su un letto d’ospedale, immerso nella lettura di  Internazionale, il settimanale a cui aveva contribuito nella progettazione grafica. E successivamente ancora telefonate tra Roma e Milano, e il suo intrepido ottimismo che con un trapianto potesse risolvere i problemi di salute. Da allora è sempre presente tra i miei ricordi ed è nata un’amicizia profonda con suo fratello Andrea.

 

 

 

A cura di Andrea Turchi

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