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Educazione civica: rimandata o promossa?

Pubblicato il: 11/11/2020 06:36:18 -


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È  apparsa in questi giorni sui social la richiesta da parte di alcuni insegnanti di rimandare di un anno l’applicazione della legge n.92 del 2019, entrata in vigore il 5 Settembre 2020, che introduce l’Educazione civica in tutti gli ordini di scuola. 

L’entrata in vigore della legge era stata già rimandata lo scorso anno, con la motivazione della necessità di una preparazione adeguata, sia per organizzarne il piano orario, per un minimo di 33 ore l’anno, sia per la formazione che avrebbe dovuto riguardare gli insegnanti (e non l’insegnante) che avrebbero dovuto occuparsene. Questo nuovo insegnamento (non una ‘ materia’ né tantomeno una ‘disciplina’ nel senso in cui Andrea Turchi ne discuteva su Education 2.0 un paio di anni fa) prevede di affrontare una molteplicità di argomenti e situazioni che dovrebbero avere come denominatore comune l’essere cittadini, del presente e del futuro. 

La preoccupazione per la pandemia, comprensibilmente, ha ridotto le riflessioni in proposito e, anche se le linee guida previste sono state elaborate e rilasciate a fine agosto 2020, poche sono state finora le riflessioni e le proposte, sia all’interno sia all’esterno di una scuola in affanno. La situazione attuale è infatti un esempio di come sia difficile inseguire al tempo stesso efficacia e sicurezza, in presenza e a distanza, spesso senza il supporto degli uffici scolastici – centinaia di insegnanti sono stati assegnati con grave ritardo – e interventi limitati o assenti da parte delle amministrazioni comunali e regionali, che avrebbero dovuto garantire non solo i trasporti ma anche spazi aggiuntivi, non solo il controllo sanitario ma anche i tracciamenti

E allora, se data l’emergenza, l’Educazione civica dovrà ancora esser rimandata, approfittiamo di questo ‘tempo di sospensione’ per cominciare a ‘promuoverla’ e a riflettere assieme su cosa potrebbe, e dovrebbe, essere un’educazione civica funzionale a una società che guarda al futuro: un’educazione che non si limiti a promuovere il rispetto delle regole che la società attuale si è data, ma prepari le trasformazioni necessarie per un’evoluzione in armonia con il Pianeta. 

Non una materia ma un insegnamento trasversale

Intanto deve essere chiaro che l’Educazione civica non è, e non deve diventare, una disciplina, una ‘materia’ con un insegnante dedicato, e possibilmente neanche ‘prevalente’! La legge chiarisce che è un insegnamento trasversale, con un numero minimo di ore annuali a esso dedicate (33! – un’enormità in tempo di pandemia, una briciola in tempi normali), che richiede l’individuazione di un coordinatore per ogni classe (preferibilmente di materie storiche e/o economiche, ma questo non è obbligatorio), e prevede un voto finale, un voto unico da decidere assieme, tra i docenti che si sono presi carico di questo nuovo insegnamento. 

Promuovere l’educazione civica vuol dire allora prendere sul serio la ‘trasversalità’, non interdisciplinarità, che la legge richiede, e investire, anche nella scuola secondaria, sulla possibilità per gli insegnanti di lavorare assieme, non limitandosi ad alternarsi in una staffetta, ma confrontandosi nella difficile operazione di dare senso al presente per costruire il futuro. 

La Carta Costituzionale e l’Agenda 2030 sono, nelle linee guida,  le ‘bussole’ che dovrebbero «accogliere e dare senso e orientamento in particolare alle persone che vivono nella scuola e alle discipline e alle attività che vi si svolgono». E perché questo sia possibile gli insegnanti sono invitati a collaborare «con le famiglie al fine di promuovere comportamenti improntati a una cittadinanza consapevole, non solo dei diritti, dei doveri e delle regole di convivenza, ma anche delle sfide del presente e dell’immediato futuro»

Un’educazione che non si limiti quindi ad essere adattiva a un presente, spesso non analizzato ma dato per scontato, ma che cerchi di essere trasformativa sia dell’individuo sia della società, e che abbia come obiettivo quello di costruire «capacità di agire da cittadini responsabili e di partecipare pienamente e consapevolmente alla vita civica, culturale e sociale della comunità»

Il rischio è che queste rimangano solo parole. 

La difficoltà a modificare le metodologie didattiche tradizionali

Gli insegnanti – soprattutto in Italia, e soprattutto quelli di scuola secondaria – non si riconoscono come ‘agenti per il cambiamento, come corresponsabili del futuro che stiamo costruendo; non vedono nell’attualità, nella riflessione su quello che accade, lo strumento che dà senso alle discipline che sono chiamati a insegnare. 

È successo negli anni passati con Friday For Future: centinaia di migliaia di studenti in piazza non hanno cambiato le tematiche che si stavano trattando a scuola. Sta succedendo adesso: la polemica tra didattica a distanza e didattica in presenza non ha toccato le metodologie che gran parte degli insegnanti adotta. La lezione frontale e le interrogazioni individuali rimangono gli ‘strumenti didattici’ più utilizzati. Eppure pandemia e coronavirus possono essere il punto di partenza sia per l’Educazione civica sia per gli insegnamenti disciplinari: l’occasione per parlare di Costituzione e di diritti, per argomentare se il diritto al lavoro venga prima del diritto alla salute, l’occasione per riflettere sull’obiettivo 3 dell’Agenda 2030 – salute e benessere – e domandarsi quali siano le necessità dei cittadini e i doveri di un Paese verso di loro, ma anche cosa intendiamo per ‘ben-essere’? 

Certo, questa possibilità di collegarsi al mondo reale, utilizzando quelle che nell’immaginario di studenti e genitori sono solo ‘materie scolastiche’, non esiste solo per l’educazione civica, ma è possibile per tutte le ’materie’. Mai come ora ci sono gli stimoli e l’interesse per affrontare le funzioni esponenziali (a qualsiasi età, basta ricorrere agli esempi giusti!), il codice genetico e la sua replicazione, la diversità degli organismi viventi, per riprendere le epidemie descritte nei capolavori letterari e dell’arte o invitare gli studenti più grandi a leggere e discutere di libri come Armi, acciaio e malattie di Jared Diamond. 

Eppure poco di tutto questo sta avvenendo, così come sono pochi i casi di scuole che hanno scelto consapevolmente di ‘aprirsi’ in sicurezza e di non ‘chiudersi’. Sembra banale, ma visto che i luoghi chiusi sono i meno sicuri, perché restare in classe? o in casa per ore appiccicati ad un video? Cosa che non fa bene né all’umore né alla salute. I bambini della scuola elementare di Giove (Terni) hanno scelto come loro aule all’aperto, le piazze, i giardini, i luoghi del loro paese, in cui veramente possono muoversi in sicurezza. E a Reggio Emilia «tutta la città diventa una scuola, dove una banca, un agriturismo, un museo si trasformano in aule per le nostre bambine e i nostri bambini. Così le lezioni possono continuare in piena sicurezza». (Sulla scuola #Facciamoladifferenza)

E nella scuola secondaria, non nelle zone rosse ovviamente, perché non sostituire alcune lezioni a distanza con lavori, individuali o di piccolo gruppo, in cui, con la mascherina, gli studenti indagano sul proprio quartiere – sui trasporti, sulle aree verdi, sui rifiuti, sulle ‘specie aliene’ – geo-localizzando le emergenze, imparando come e a chi denunciarle, mappando i servizi e i disservizi, e utilizzando così il digitale – strumento di lavoro consigliato per l’Educazione civica – per costruire, e non solo per ricevere, informazioni? 

L’Educazione civica, allora, può costituire il grimaldello per aprire e aprirsi a modi diversi di fare scuola, già presenti in molte scuole italiane, anche se spesso all’interno dei cosiddetti ‘progetti’. L’Educazione civica richiede infatti percorsi programmati assieme, ma flessibili, capaci di raccogliere l’imprevisto e di utilizzarlo per costruire competenze e conoscenze che rafforzino e sostengano le ‘materie’ curricolari. 

L’educazione civica apre a un confronto tra insegnanti anche sui criteri di valutazione: quali competenze trasversali ai diversi argomenti possono essere valutate e come?  Non è sufficiente in questo caso fare una media (e di numeri che quasi sempre non hanno lo stesso significato) ma occorre costruire strumenti comuni di ‘raccolta dati’ – narrazioni, osservazioni, compiti ‘di realtà’ – e di valutazione – rubriche, descrittori di competenza e di comportamento – che permettano di mettere insieme i diversi punti di vista dei diversi insegnanti coinvolti –, per seguire il processo di trasformazione che avvicini gli studenti agli obiettivi. 

Obiettivi impegnativi,  che per il primo ciclo sono, comprendere «i concetti del prendersi cura di sé, della comunità, dell’ambiente. Essere consapevole che i principi di solidarietà, uguaglianza e rispetto della diversità sono i pilastri che sorreggono la convivenza civile e favoriscono la costruzione di un futuro equo e sostenibile». (Linee guida, Allegato B) 

E per il secondo ciclo, «Compiere le scelte di partecipazione alla vita pubblica e di cittadinanza coerentemente agli obiettivi di sostenibilità sanciti a livello comunitario attraverso l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Operare a favore dello sviluppo eco-sostenibile e della tutela delle identità e delle eccellenze produttive del Paese. Rispettare e valorizzare il patrimonio culturale e dei beni pubblici comuni». (Linee guida, allegato C). 

Obiettivi per cui vale la pena impegnarsi, e come ‘scuola nel suo insieme’ non solo nell’insegnamento, prossimo futuro, dell’Educazione Civica.

Bibliografia e sitografia utilizzate 

 

 

Michela Mayer Ricercatrice e formatrice, responsabile per l’Educazione ambientale e alla sostenibilità presso la IASS (Italian Association for Sustainability Science) 

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