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La Costituzione e il sistema di istruzione e formazione pt.1 – di Giuseppe Fiori

Pubblicato il: 07/03/2018 11:02:02 -


I princìpi espressi nella Costituzione Parte I sul valore dell’istruzione costituiscono “i fondamentali” della scuola italiana e sono correlati con le norme contenute nella Parte II sull’ordinamento scolastico e il suo funzionamento.
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Molti osservatori hanno lamentato come nella campagna elettorale i temi e i problemi della scuola siano rimasti in una zona d’ombra, ma ciò non toglie che nella nuova legislatura la scuola italiana potrebbe ancora una volta essere chiamata a misurarsi con riforme o controriforme com’è accaduto, in maniera altalenante, in questi ultimi anni.

Data questa facile previsione può essere utile rileggere, e anche riannodare, le disposizioni e i princìpi che la Costituzione ha dettato, settanta anni fa, in tema di istruzione e di ordinamento scolastico. Non solo per scostare il velo di oblio che scende periodicamente sul nostro testo fondativo per alcune tematiche,  ma anche per rivedere quell’orizzonte verso il quale andrebbero convogliate le nostre energie.

Dal dopoguerra quei princìpi e quelle disposizioni hanno costituito i fondamentali della scuola italiana, che hanno saputo mantenere, nelle epoche successive, caratteristiche di coerenza sistemica e di adattabilità alle esigenze socio-educative sopravvenute, evidenziando così tutto il loro grande potenziale.

Già, perché nonostante l’immutabilità dei valori richiamati nelle norme costituzionali, sarebbe un grave errore non considerare lo straordinario dinamismo che hanno dimostrato di possedere: la scuola italiana è profondamente mutata e i suoi fondamentali hanno permesso di realizzare il cambiamento.

A partire dall’art. 33 della Costituzione e dalla libertà d’insegnamento, come garanzia per il docente nei confronti dei vincoli politici che nel passato avevano condizionato è guidato l’espressione di tale funzione.

La predisposizione di indicazioni e programmi ministeriali che si sono susseguiti nelle varie legislature non può, quindi, in alcun modo precludere le modalità di svolgimento degli insegnamenti scelte dalle scuole e dai docenti. Tale principio, a distanza di più di mezzo secolo, è stato poi rafforzato nel momento in cui l’autonomia scolastica, nel 2001, ha assunto rilievo costituzionale. Nell’art. 1 del Testo Unico della scuola la libertà di insegnamento viene intesa come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente: “L’ esercizio di tale libertà è diretto a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni.”

La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione è un principio inteso a fissare la potestà legislativa esclusiva dello Stato in tema, appunto, di norme generali sull’istruzione, ciò per assicurare il pieno raggiungimento del diritto all’istruzione su tutto il territorio nazionale. Va rilevato che qui  “Repubblica” va intesa, in senso restrittivo, nel significato di Stato; ben altra ampiezza il termine assume nell’art. 114.

Come si vedrà esaminando l’art. 117 , a tale potestà esclusiva si è affiancata quella delle Regioni nell’intento di valorizzare le esigenze locali.

Lo stesso art. 33 statuisce il diritto per i privati, senza oneri per lo Stato, di istruire scuole sulla base di un indispensabile pluralismo del sistema educativo. Nel 2000 la legge n 62 è intervenuta, a delineare quel sistema nazionale di istruzione che se, da un lato, con le scuole paritarie realizza un pluralismo educativo, dall’altro, garantisce un trattamento scolastico equipollente tra gli studenti delle scuole statali e paritarie, fissando il possesso di requisiti funzionali uguali per le une per le altre.

Nello stesso art. 33 e poi fissato il valore legale del titolo di studio che si consegue attraverso un esame di Stato.

L’art. 34 definisce il diritto all’istruzione come uno dei cardini per l’eguaglianza sostanziale tra i cittadini e precludendo –  con la dizione “La scuola è aperta a tutti” – ogni pratica discriminatoria nei confronti di chiunque.

L’obbligatorietà e la gratuità dei percorsi scolastici e il riconoscimento attivo del merito costituiscono una leva nell’adempimento del compito della Repubblica, espresso nell’art. 3. Quello, cioè, di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

Le norme contenute negli articoli 33 e 34 hanno dimostrato, come dicevo all’inizio, una valenza che è andata ben oltre la rotta scolastica indicata nei primi decenni della Repubblica e il sistema educativo ha saputo ampliare le proprie connotazioni sia in tema di diritto all’istruzione che in tema di obbligo all’istruzione, con l’estensione ai minori stranieri presenti nel territorio nazionale e con la ridefinizione, operata dal decreto legislativo n 76/ 2005, del diritto-dovere “ per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età.”

Infine le disposizioni degli articoli 33 e 34 si saldano con il riconoscimento contenuto nell’art. 9, da assegnare ai valori culturali come patrimonio imprescindibile per tutti: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.”

 

I cardini dell’autonomia e del decentramento sono così fissati nell’art. 5:

“La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.”

Relativamente alla scuola, com’è noto, l’autonomia didattica, organizzativa e di ricerca delle istituzioni scolastiche e il contemporaneo decentramento amministrativo del potere gestionale centrale del Ministero avvenne all’inizio del nuovo secolo.

Ma il punto di partenza di questa evoluzione normativa – tutt’ora in corso – è stato l’art. 21 della legge n 59/97 che, attraverso lo strumento generalizzato della personalità giuridica, iniziò un complesso disegno normativo, il cui fulcro è l’autonomia scolastica, diretto a operare la riforma dell’intero sistema d’istruzione.

In tema di decentramento il Ministero si organizzò in strutture dipartimentali con prevalente funzione di indirizzo, mentre a livello periferico furono costituiti gli Uffici Scolastici Regionali con compiti gestionali e con un’articolazione provinciale. La stessa dimensione regionale dei nuovi uffici e le funzioni loro assegnate avrebbero costituito fattori importanti per rendere operante la necessaria connessione con le Regioni, e anche per agevolare la permeabilità tra sistema d’istruzione e sistema di formazione.

Nel 2001, a seguito di un referendum confermativo, è entrata in vigore la modifica del Titolo V della Costituzione che ridisegnò le potestà legislative di Stato e Regioni.

In particolare l’art. 114 ha specificato che la Repubblica è costituita oltre che dallo Stato, dai Comuni, dalle province, dalle città metropolitane e dalle Regioni, che sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni, secondo i principi fissati nella Carta.

E con l’art. 117 è stato completato un nuovo quadro delle potestà legislative, che in tema di servizio scolastico può essere sintetizzato nel seguente schema.

Stato

Potestà legislativa esclusiva

  • Norme generali sull’ istruzione
  • Determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) relative ai diritti civili e sociali che necessitano di una garanzia su tutto il territorio nazionale.
  • Diritto all’istruzione, terminalità degli Studi.

Regioni

              Potestà legislativa esclusiva

  • Istruzione e formazione professionale
  • Nuovi percorsi finalizzati al conseguimento di titoli e qualifiche professionali di differente livello la cui validità su tutto il territorio nazionale e la loro spendibilità nei paesi dell’UE dovrà essere assicurata dalla rispondenza ai livelli essenziali delle prestazioni (Stato)

 

Potestà legislativa Concorrente o ripartita

  • Regioni – organizzazione del servizio sul territorio regionale
  • Stato – Determinazione dei princìpi fondamentali – Previetà, non necessitano leggi quadro preventive, ma i prìncipi sono desumibili anche dalla legislazione vigente ( orientamento costituzionale affermato in occasione della riforma regionale degli anni ’70) – Fissazione successiva: per es. la legge quadro sulla formazione professionale del ’78 intervenne dopo le emanazioni di leggi regionali.

La potestà legislativa concorrente o ripartita definisce una legittimità a legiferare dello Stato e delle Regioni con diversa intensità: infatti mentre al primo spetta di fissare con le sue norme i princìpi fondamentali, le Regioni hanno il compito di svolgere questi princìpi organizzando e adattando la loro legislazione alle condizioni e agli interessi locali, fatta salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche.

 

 

Giuseppe Fiori

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