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Ambienti e Artefatti

Pubblicato il: 18/02/2010 15:07:20 -


Gli ambienti di apprendimento, luoghi dove c’è produzione e interscambio di artefatti fisici, cognitivi o emotivi, possono essere gestiti attraverso le regole dell’experienced design, l’evoluzione dell’interaction design.
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Quando si affronta il tema dell’innovazione scolastica e del mondo della cultura in generale (e non solo) uno dei paradigmi adottati in passato, ma ancora oggi in voga è quello che ipotizza il cambiamento attraverso un binomio: nuove tecnologie e produzione di contenuti. Tecnologie della comunicazione e dell’informazione, evidentemente, basate su PC, ora le LIM, i cellulari, il web, applicazioni 2.0 e dall’altra parte contenuti digitali, multimediali, ipermediali. Tra i rappresentanti di questo modello troviamo siti web, portali, applicazioni e-learning, moduli basati su learning object, inseriti all’interno di corsi interi, test, verifiche e quanto necessario per gestire al meglio i processi di apprendimento individuale. Le piattaforme LMS (Learning Management System), oltre ai corsi, hanno progressivamente recepito le funzioni di chat, forum, di community e poi ancora le opportunità del tagging e di quanto aiuta a creare link e approfondimenti dei contenuti.

Questo modello ha dato risposte importanti per la produttività, per l’accessibilità remota, per la gestione efficiente del processo di apprendimento, grazie al quale testi, immagini, animazioni, video e audio sono entrati nell’uso comune della formazione e del training permettendo soprattutto lo sviluppo di competenze professionali.

Trova però qualche difficoltà laddove il sapere non è codificato a priori e quando abbiamo a che fare con “i saperi” (contrariamente al sapere, come Roberto Maragliano specifica). Dove sono in gioco capacità, combinazioni di competenze di varia natura, appunto e soprattutto dove il processo di apprendimento non è necessariamente lineare e dove le capacità critiche diventano fondamentali. Insomma, dove questo criterio è basato su saper identificare i problemi chiave, saper adottare lo schema concettuale adeguato, intuire i quesiti significativi e che determinano l’attività di selezione delle informazioni in modo mirato a quell’obiettivo. Dove si sanno “scovare” le informazioni, si comprende la carenza o la sovrabbondanza, la ridondanza, l’attendibilità, la credibilità dell’autore… e poi si sanno porre le basi per l’elaborazione critica. Non solo, dove sanno confrontarsi con altre letture e interpretazioni alternative e infine sanno “costruire” una rappresentazione di quanto elaborato. Insomma, quel processo, che credo i docenti abbiano a cuore e ben conoscono come il processo di apprendimento. Questo ha bisogno di un contesto fisico, psicologico, una dimensione di tempi e ritmi, un’“atmosfera” che favorisca questo processo: quello che possiamo dire l’ambiente, appunto l’ambiente di apprendimento che dà valore all’azione proattiva e progettuale del cosiddetto discente, che dà senso alla sua azione “costruttivista” passando dalla lettura all’interpretazione e arrivando alla rappresentazione di quanto osserva e poi produce.

Se la presenza di un ambiente così fatto diventa un cardine dell’azione didattica, allora sia le tecnologie (intendo soprattutto quelle software e dei media) sia gli stessi contenuti si connotano diversamente. Tecnologie, applicazioni che supportano questo processo, contenuti che non sono “oggetti del sapere” ma oggetti da selezionare, fruire come componenti di questo processo che poi sono eventualmente richiamati per creare nuovi oggetti, o meglio nuovi artefatti che rappresentano il risultato dell’operazione. Oggetti quindi, dal più semplice al più articolato, da quello strettamente informativo a quello maggiormente pregnante in termini di impianto concettuale o di valenza narrativa o espressiva. E anche i singoli learning object, i moduli e i corsi interi di e-learning fanno parte di questo grande archivio di contenuti a disposizione. Ma il focus dovrà essere sempre più la loro ricchezza e differenziazione (da semplici testi grezzi, a documenti articolati, ad animazioni, riprese video, perfino fiction) anche in termini di contribuzione (da editori, emittenti radio e tv, ai gruppi di lavoro dedicati, a docenti e ai lavori svolti con gli studenti). Questo grande repository potrà accogliere così anche i frutti dei lavori didattici, nuovi artefatti arricchiti da metadati, riferimenti tag e referenze e preferenze, diventando così un crocevia intelligente, arricchito e a disposizione di tutti i processi e degli ambienti didattici. Un luogo di interscambio di artefatti polivalenti, sempre più gestito dalle regole dell’experienced design, l’evoluzione dell’interaction design, attenta a come “viviamo”, creiamo, facciamo propri gli artefatti, siano essi fisici, cognitivi o emotivi.

Carlo Crespellani Porcella

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