La scrittura dalla scuola superiore all’Università
L’abilità di scrittura si impara nel corso di tutta la vita. Il volume di M.E. Piemontese e P. Sposetti sviluppa un modello di lavoro dedicato alla didattica universitaria.
“Chi arriva all’università sa già scrivere, anzi non può non saper scrivere”: questo l’assioma che caratterizza i percorsi di studio di livello terziario in Italia.
Questo assioma è coerente con l’implicita, non confessata, convinzione di una netta divisione di compiti che spesso l’accademia attribuisce alle diverse fasi in cui si articola istituzionalmente lo studio formale: la scuola fornisce strumenti, sollecita, stimola e consolida abilità, ma è l’accademia che ne finalizza e glorifica l’uso attraverso la scienza, dispensata a livelli sempre più elevati di specializzazione.
In questo schema funziona tutto: da un lato l’idea che il saper scrivere bene (cosa si nasconda dietro questa formula è un mistero) sia una dote, un dono naturale, dall’altro che nell’università tutto ciò che attiene allo scrivere riguardi le facoltà umanistiche, in particolare i dipartimenti di linguistica e di studi letterari.
Quando si pretende di semplificare rapporti e intrecci complessi, grovigli concettualmente poco districabili, si perde di vista il nocciolo delle questioni e si rischia di sostenere banalità. Se volessimo infatti trovare un esempio della assoluta naturalità dei processi di lifelong learning, non dovremmo dimenticare la scrittura. Scrivere non prescinde dall’ascoltare e dal parlare, e nessuno negherebbe che leggere e scrivere si apprendono in genere in percorsi formali, ma vivono dei contesti, delle casualità di incontri, di scontri e di opportunità diverse e della necessità di dare senso e sistematicità in modo adeguato, non fissabile e definibile una volta per tutte, di quello che vogliamo/dobbiamo comunicare. Il proliferare di corsi, di master e quant’altro di giornalismo scientifico, attività peraltro benemerite in un Paese in cui la divulgazione scientifica è poco praticata, rendono evidente il paradosso che scrivere per farsi capire da tutti non è un problema che riguardi chi fa scienza, ma è uno specialismo a parte.
Il libro curato da M.E. Piemontese e P. Sposetti, La scrittura dalla scuola superiore all’Università (Carocci 2014) ha, tra i suoi meriti, quello di stabilire un punto: la scrittura va coltivata attraverso un impegno continuo di apprendimento che non può non accompagnare la maturazione di pensieri, conoscenze ed emozioni che, attraverso l’espressione scritta – con buona pace del Fedro platonico – divengono oggetto di riflessione, di auto riflessione, di critica, di discussione ecc.
La didattica della scrittura svolge quindi un ruolo essenziale nella formazione degli studenti, in continuità tra scuola e università; dove per università non si intende solo l’insieme di facoltà linguistiche e per studenti si si intendono tutti quelli che scelgono i diversi corsi di laurea.
Infatti, mettere in ordine le proprie idee, scrivendo e comunicando, non significa usare uno strumento appreso una volta per tutte, immutabile nel tempo e nelle diverse circostanze, ma apprenderlo continuamente, adeguarlo e arricchirlo per meglio padroneggiarlo.
Il libro affronta il tema di “come” si insegna all’università, presentando un interessante modello poco praticato dalla nostra accademia; mentre spesso l’università dice come insegnare a scuola, tace su come si insegna o si dovrebbe insegnare nell’università. Problema non di poco conto se si considera il fenomeno tutto italiano dell’alta dispersione e dell’abbandono.
Esso dunque raccoglie un lavoro di progettazione, analisi e produzione di materiali, che ha ben presente il rapporto di continuità tra scuola e università (soprattutto le parti in cui sono presentate attività volte a stimolare la consapevolezza linguistica) e, sulla base di un robusto impianto teorico, progetta e costruisce un laboratorio di scrittura, studia il rapporto degli studenti universitari con l’abilità di scrittura e il suo sviluppo e mette sotto osservazione, misurandole, le competenze linguistiche di chi entra all’università.
Il volume, sottolineando la pluralità degli usi della comunicazione scritta e la necessità per gli studenti di padroneggiare con consapevolezza l’abilità di scrittura, non sollecita solo l’interesse di docenti di discipline linguistiche nella scuola e nell’università ma, implicitamente, offre una serie di riflessioni che chiamano in causa modalità di sostegno agli apprendimenti specialistici dentro tutte le facoltà universitarie.
Vittoria Gallina