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Le recensioni dell’estate di Education 2.0

Pubblicato il: 05/08/2009 15:06:18 -


Più che consigli di lettura queste sono confidenze. Confidenze su libri letti con piacere e che forse quelli che non temono la canicola e la tempesta, la sabbia e gli acquazzoni estivi, l’ideologia della vacanza come sospensione, e persino la febbre suina, insomma degli intemerati potrebbero prendere in considerazione.
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Martha Nussbaum “Lo scontro dentro le civiltà “ Il Mulino, 2009, pp. 456, euro 32

Filosofa femminista, insegnante di diritto, ebrea riformata razionalista, la Nussbaum (cui andrebbe dedicata una lunga riflessione) ha lavorato a lungo al fianco di Amartya Sen e considera da tempo l’India come suo secondo paese. Un Paese dove la democrazia è minacciata non da uno scontro fra civiltà europea e non europea ma da una concezione romantica del nazionalismo, fondata su ideali di sangue, terra, purezza e volksgeist. Questo corposo saggio, espressamente scritto per studiare il fenomeno della violenza religiosa e per contestare la tesi dello scontro fra civiltà di Samuel Huntington, prende spunto dal rogo, nel febbraio 2002, nella stazione di Godhra (Gujarat) quando la carrozza di un treno di pellegrini induisti fu avvolta dalle fiamme e morirono 58 fra uomini donne e bambini. Dell’incendio furono accusati i musulmani che vivevano nei pressi della stazione ma che le indagini in seguito rivelarono innocenti. In India, la terza maggiore nazione musulmana, si scopre l’impiego di ideologie fasciste europee da parte di estremisti induisti a giustificazione dell’assassinio di cittadini musulmani innocenti. Questo libro è la storia del rischio del collasso della democrazia nel terrore religioso. Pur essendo un libro sull’India, la Nussbaum sottolinea molto le similitudini con gli Usa, una società complessa e variegata in cui le forze che puntano al controllo e alla gerarchia contrastano con le forze che promuovono l’eguaglianza democratica. E la base della democrazia non può che essere l’istruzione. “Attraverso l’istruzione primaria e secondaria i giovani cittadini adottano, nella più cruciale dell’età, un abito mentale che li accompagnerà per tutta la vita”. Secondo Tagore il compito essenziale dell’istruzione è quello di rafforzare la curiosità naturale attraverso il pensiero critico e lo stimolo della fantasia, oggetto dell’istruzione è la libertà di pensiero che può essere raggiunta solo lungo la strada della libertà. Ma l’istruzione pubblica in India versa in condizioni disastrose. Essa è competenza dei singoli stati e buona parte dei ragazzi studia sui libri adottati dai singoli stati e non su quelli nazionali indiani, essi sono quindi scritti nelle lingue locali e non in inglese. La guerra sui libri di testo (si rinvia a un delizioso saggio di Domenico Procacci sul tema) pertanto è una parte essenziale della lotta politica che si svolge all’interno di una complessa struttura formale. Come per gli Usa, si tratta di capire come l’istruzione possa adeguarsi alle necessità di una democrazia pluralista, come possa essere in grado di dare agli studenti le basi fondamentali delle storie e delle culture del maggior numero possibile di differenti gruppi nazionali. Un problema non solo indiano, ma della modernità.

Aravind Adiga “La tigre bianca” Einaudi 2008, pp. 232, euro 19

Opera prima di un ragazzo (nato a Madras nel 1974) che dopo aver girato il mondo è tornato a vivere a Mumbai, la maximum city diversa da quella del film il Milionario. L’interlocutore del protagonista (Brlram Halwai alias Munna, età fra i 25 e i 35 anni in metro e 65, minuto e magro, carnagione nerastra. Così nell’identikit della polizia) è sua eccellenza Wen Jiabao, primo ministro della Cina, nazione amante della libertà, in visita a Bangalore per incontrare alcuni imprenditori indiani e ascoltare la storia del loro successo dalle loro labbra. Un racconto che si annuncia interessante poiché, nota l’Autore, all’epoca della sua grandezza l’India era uno zoo ben ordinato, qui i pasticcieri, là i mandriani ecc., ma quando gli inglesi il 15 agosto 1947 se ne andarono le gabbie si aprirono, gli animali presero a sbranarsi tra loro e la legge della giungla soppiantò la legge dello zoo. “Signore – scrive il ragazzo – l’inglese non è la mia lingua e neppure la sua, ma ci sono cose che possono essere dette solo in inglese”, anche se, pensa Munna, “il futuro del mondo è affidato ai gialli e ai marroni adesso che i nostri ex padroni, i bianchim stanno precipitando nell’abisso della sodomia, della tossicodipendenza e dell’abuso di telefonia mobile”. Munna è nato e cresciuto nelle tenebre, un posto fertile, pieno di risaie e campi di grano e stagni in mezzo ai campi, “stagni soffocati da fiori di loto e ninfee in cui sguazzano bufali d’acqua che mangiano fiori di loto e ninfee”. Munna deve imparare a leggere, si era incaponito suo padre, che nutriva un grande progetto. “Quel progetto ero io”, unico esemplare, al pari della tigre bianca, che si presenta ogni generazione. Lui, Munna, è la tigre bianca, si pensa a una borsa di studio per lui. Le cose andranno diversamente e mentre la polizia lo cerca nelle tenebre, lui si nasconde nella luce.

Yu Hua “Brothers” Feltrinelli 2008, pp. 248, euro 19 e “Arricchirsi è glorioso. Brothers, seconda parte”, Feltrinelli 2009, pp. 438, euro 19

Si piange e si ride, si ride di cuore e si ride amaro in questa saga dell’arcimiliardario cinese Li Testapelata, narrata dall’autore di “Torture” (1997), “Cronache di un venditore di sangue” (1999), nato nel 1960, figlio di medici, con un’infanzia trascorsa a giocare nel cortile dell’ospedale. È la Cina liberata, la Cina durante la rivoluzione culturale, la Cina dei grandissimi balzi in avanti. Li Testapelata, quindicenne, inizia il suo business con l’occhio appiccicato a fessure, al di là delle quali le donne cinesi sono intente a evacuare. Del resto non fa che seguire le orme di suo padre, morto precipitando nel liquame. La madre sposa quindi Song Fanping, padre di Song Gang e figlio di un contadino con pochi agri di terra, ma sufficienti a farlo pestare dalle guardie rosse, come figlio di proprietario terriero. Mentre la madre, Lin Lan, è in ospedale a curarsi, il padre viene ucciso a botte, e i due bambini restano orfani e si ameranno tutta la vita. I morti se ne vanno e ai vivi tocca tirare avanti, così che quando anche il nonno paterno di Song Gang muore, questi torna a Liuzhen, dove è rimasto Li Testapelata, che per la gioia di rivedere l’amato fratello (non biologico) si alza la mattina alle quattro per aspettarlo. Tanto amore entra in crisi ovviamente per amore e per denaro. Song Gang lavora in fabbrica, Li ha troppa inventiva per poterlo fare. Egli sente di dover spiccare il volo come una fenice. Verso un capitalismo straccione costituito da una cooperativa: il fabbro Tong, il cavadenti Yu, l’arrotino Guan, il sarto Zhang, il ghiacciolaio Wang. Altro che globalizzazione, Shangai è una città dove ci sono tante occasioni per far soldi quante le setole su un maiale. Si fabbricano imeni artificiali marca Giovanna d’Arco, si vende immondizia o addirittura se stessi come Song Gang. Qui il corpo umano è il primo a essere manipolato sia per Li Testapelata che si fa sterilizzare, sia per suo fratello Song Gang che tenta di mettersi in affari. I due fratelli appartengono a un mondo terribile che corrode passato e presente, e sul futuro non si interroga mai, salvo se riuscirà o meno ad andare nello spazio.

Mo Yan “Le sei reincarnazioni di Ximen Nao” Einaudi, 2009, pp. 736 euro 26

Dice il Budda “La fatica di vivere nasce dall’avidità e dal desiderio. La rinuncia e la non azione pacificano l’anima e il corpo”. Beh, non è il caso degli eroi di Hu Yua, né dello Ximen Nao di Mo Yan, la cui storia inizia dal primo gennaio dell’anno 1950. Ximen Nao, trucidato dai contadini, convinto di aver trascorso i suoi trentanni sulla terra vivendo da giusto, accumulando lavoro per sé e per la comunità, di essersi arricchito grazie al lavoro, di aver fatto fortuna grazie all’ingegno, di essere stato misericordioso con i poveri e rispettoso delle divinità, vuole giustizia, poiché nel regno delle tenebre è sottoposto ad atroci sofferenze. Re Yama, ossia la Morte, cede alle sue reiterate lagnanze e gli concede di tornare sulla terra. Ma come? Reincarnato in un asino, un toro, un maiale, un cane. Ximen Nao accetta, ma alla memoria no, alla memoria di quando era uomo, non rinuncia e con essa non rinuncia al desiderio, all’odio al desiderio di vendetta. Ridiventerà uomo la notte del 31 dicembre 2000 e nel frattempo ci guiderà, come una sorta di Balzac cinese nella commedia umana della nazione.

A quelli che non amano l’Estremo Oriente, si ricorda nel quarantesimo dello sbarco sulla Luna, dove pure Li Testapelata finirà con l’andare:

Antonio Munoz Molina “Il vento della Luna” Mondadori, 2008, pp.340, euro 18,50

Libro di straordinaria poesia sulla sonnacchiosa cittadina andalusa di Magina dove un ragazzino attende col fiato sospeso che l’uomo ormeggi sulla Luna, mentre a casa sua arrivano nell’ordine l’acqua corrente (lo splendore della prima e ultima doccia insieme allo zio!), il gas, la televisione, il frigorifero.

E per finire:

Alain de Botton “Lavorare piace” Guanda, pp. 324, euro 17,50

L’autore ha stramaledetto il critico del New Yorker per averlo stroncato. Il libro è interessantissimo; io speriamo che me la cavo.

Graziella Falconi

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