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La diversità è un mistero

Pubblicato il: 17/12/2010 12:29:20 -


“La percezione di Chiara come soggetto ‘incapace’ aveva condizionato la valutazione dei docenti. Nora invece era profondamente convinta che i bambini down fossero una sorta di umanità misteriosa, con grandi capacità ma con una difficoltà nostra, di quelli ‘normali’, ad entrare in relazione con loro”. Estratto da un racconto di Dario Missaglia contenuto nel libro “Educo ergo sum”, edito da Ediesse.
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Alle otto del mattino Chiara già si aggirava negli androni della scuola. La signora Speranza, una bidella dell’istituto le offriva qualcosa di caldo e allora Chiara, serenamente, si faceva accompagnare in classe.

Tuttavia, dopo dieci, quindici minuti, Chiara iniziava a dondolare; poi, se trovava qualche penna, quaderno, libro, iniziava a scagliarlo dove capitava e a urlare.

Quando iniziava ad urlare, l’insegnante di sostegno la prendeva per il braccio e la portava in una piccola stanza sulla quale aveva fatto affiggere un cartello: AULA H.

Quella mattina di novembre Paola, arrivando a scuola, rimase stupita. Chiara era in classe; seduta, al suo fianco una nuova insegnante di sostegno, Nora. Quella mattina Chiara non andò nell’aula H.

Il Consiglio di classe ha già fatto la riflessione sulla classe, sui casi difficili, sulle scelte da fare; “Un attimo, esordisce Nora, ho notato che Chiara, in classe, non segue un progetto di lavoro che incrocia con le diverse discipline, come mai?”. I docenti si scambiano sguardi e sorrisi di complicità. “Veramente Chiara svolge un programma personale che ha sempre curato la professoressa Paola; del resto Chiara non è in grado…” “Non è in grado? Lei non può dimenticare che l’integrazione non spetta all’insegnante di sostegno ma a tutti i docenti della classe.”

Nora e Paola sono sedute a un bar. “Vedi Paola, io devo ancora conoscere bene Chiara. Invece c’è voluto molto poco per conoscere la scuola. Dimmi se sbaglio: una preside che è contenta se non le porti problemi, i docenti che fanno finta che Chiara non ci sia; se c’è, è un disturbo, un problema. E allora ecco la soluzione: una bella aula H dove chiudiamo Chiara con quella povera Paola, ma tanto è il suo lavoro, se no sarebbe a spasso. E tu dimmi, ti pare questa l’integrazione?”

Paola era rimasta stupita. “Come mai ti appassionano tanto questi ragazzi?” “Per un ricordo della mia infanzia: la mia amichetta del cuore. Lei non parlava ma io sentivo che comunicava con me. Trascorrevamo tanto tempo insieme. Quando lei dondolava, anch’io iniziavo a dondolare, quando lei emetteva dei suoni anche io giocavo ai suoni. Poi una mattina, tornando a scuola, non la vidi più. La mamma mi disse che quella bambina era molto malata ed era stato necessario ricoverarla in ospedale.

“Questa esperienza mi ha segnato profondamente; appena maestra, portavo a casa, a turno, tutti i bambini handicappati. Insieme a un caro amico di studi fondammo a Genova una rivista. Rosanna Benzi, che in quegli anni conduceva la battaglia dal polmone artificiale, ci era molto vicina. Ecco perché, quando nel 1977 fu varata la legge 517, festeggiai con tutti i miei amici”.

“Guarda Paola io non ti nascondo nulla. Purtroppo non vedo intorno a noi una società orientata all’integrazione. Ma restano buone leggi e strumenti normativi”.

“Che cosa possiamo fare?” chiede Paola. “Intanto da domani togliamo quell’orribile cartello “aula H” e lo sostituiamo con un altro “laboratorio didattico”. In quel laboratorio ci andrà non solo Chiara ma anche piccoli gruppi di alunni nei quali inseriremo Chiara”.

Chiara iniziò a vivere questa sua esperienza nuova e, con il concorso davvero generoso dei suoi compagni, faceva la sua parte; Partecipava senza stancarsi, non dondolava, non gridava.

Ed emergeva ciò che Nora, per lunga esperienza, aveva temuto. La percezione di Chiara come soggetto “incapace” aveva condizionato la valutazione dei docenti. Nora invece era profondamente convinta che i bambini down fossero una sorta di umanità misteriosa, con grandi capacità ma con una difficoltà nostra, di quelli “normali”, ad entrare in relazione con loro.

Fu davvero sorprendente per tutti i docenti, nello scrutinio di metà anno, verificare che Chiara era oramai in un percorso di apprendimento, specifico e personalizzato, finalizzato a portarla verso l’esame di Stato.

Il sole cocente di luglio accompagna gli studenti nell’esame che segnerà la conclusione di un ciclo della loro vita. E quando Chiara, con la vicinanza di Nora, dimostra efficacemente gli esiti del suo lavoro, tra i commissari dilaga la sorpresa e l’emozione. Chiara è promossa, a pieni voti, con merito acclamato. I contatti con il servizio della provincia hanno consentito di delineare il suo futuro percorso: un corso di formazione professionale per essere inserita nel personale di mensa di una scuola elementare.

Nora e Paola discutevano già sul nuovo anno, sui problemi grandi e piccoli che avrebbero dovuto affrontare in un contesto sempre più difficile, fatto di incomprensibili provvedimenti, di riduzione dei margini di autonomia, di risorse finanziarie sempre più ridotte. “Quanti problemi Nora dovremo affrontare”, sospira Paola, “Lo so Paola ma chi mai ci riuscirà a togliere il risultato straordinario che abbiamo raggiunto?”

Estratto da un racconto contenuto nel libro “Educo ergo sum”, di Dario Missaglia, 2010, Ediesse.

Dario Missaglia

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