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Negoziare significati in situazione di ascolto

Pubblicato il: 30/05/2011 17:41:02 - e


Ci siamo confrontate e quasi senza rendercene conto abbiamo noi per prime “negoziato significati”. Abbiamo messo in pratica il nostro fare, il nostro parlare, il nostro pensare e le nostre esperienze per arrivare a nuove conoscenze e nuove pratiche condivise, proponendo ai bambini lo stesso processo.
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La prima volta che abbiamo iniziato i percorsi proposti dalla Dott. Piscitelli ci siamo chieste “cosa vuol dire esattamente negoziare significati? E come possiamo organizzare momenti in cui, mettendosi in ascolto l’uno dell’altro, coinvolgiamo l’intera sezione ?”. Avevamo bisogno di risposte pratiche e non di una “definizione”. Ci siamo confrontate e quasi senza rendercene conto, abbiamo noi per prime, “negoziato significati”. Abbiamo messo in pratica il nostro fare, il nostro parlare, il nostro pensare e le nostre esperienze per arrivare a nuove conoscenze e nuove pratiche condivise, proponendo ai bambini lo stesso processo. Processo che in base alla nostra esperienza si può riassumere in (1) ascoltare la parola del bambino accogliendola come un dono per noi e i suoi compagni; (2) mediare i vari interventi, gestendo e accettando gli inevitabili conflitti che si possono creare, (3) condividere gli atti, le parole, i pensieri espressi, alla ricerca di nuove conoscenze patrimonio dell’intero gruppo. Abbiamo così potuto verificare quanto la negoziazione di significati sia una pratica indispensabile per l’acquisizione di abilità di tipo pragmatico e fonologico e per l’assunzione di atteggiamenti cooperativi. Le strategie di intervento che proponiamo sono inserite nell’ambito di due percorsi rivolti rispettivamente a bambini di tre e quattro anni: “Noi… come bolle di sapone” e “Bruitage… il paesaggio sonoro”.

ASCOLTIAMO IL RESPIRO

Nell’ambito del percorso “Noi… come bolle di sapone”, la necessità di verificare la capacità di ogni bambino di saper soffiare (indispensabile ai fini della realizzazione delle bolle) ha portato a porre la nostra attenzione sull’atto della respirazione. Utilizzando i sensi in una dimensione fantastica, (attraverso la tecnica della “classe de rêve”: Dortu J.C., “Une classe de rêve”, Cle International, Paris 1990) i bambini sono stati accompagnati in un bosco immaginario dove hanno ascoltato il vento che soffia tra i rami. Progressivamente hanno posto la loro attenzione al suono-rumore prodotto, prima “quando si respira”, poi “quando si soffia l’aria”, fino a individuare una parola onomatopeica, negoziata e condivisa da tutti che indicasse il vento.

“FU” è stata la sillaba individuata dai bambini con la quale abbiamo giocato sia all’interno di giochi psicomotori, sia durante i giochi con la voce, alternando toni ed espressioni diverse tra loro. Dal nostro punto di vista era necessario continuare a dar corpo al “FU”, allo scopo di renderlo non solo una semplice sillaba condivisa, ma un nome concreto, patrimonio dell’intero gruppo e pertanto utilizzabile sia nella comunicazione orale che in altri contesti (grafico, pittorico e motorio). I bambini sono stati invitati a pronunciare il proprio FU, donandolo simbolicamente ai compagni e all’insegnante che, passando davanti a ognuno di loro, ha fatto finta di legare il suono con un lungo filo di lana e consegnando via via il filo a ogni bambino, ha chiesto di tenerlo ben stretto per non far volare “tutti quei FU fatti di vento”. Ciò ha permesso di dare concretezza ai FU e visibilità al risultato della negoziazione, unendo il gruppo nella produzione e condivisione di una nuova parola.

TESSERE LA TELA DELLE PAROLE PENSATE

Nel percorso “Bruitage… il paesaggio sonoro” i bambini alla fine di specifiche attività hanno l’abitudine di ritrovarsi seduti in cerchio sopra un telo colorato, che rappresenta il dove, ovvero il luogo della storia. Le insegnanti, stando sedute come i bambini, rappresentano un elemento di quel cerchio. Un’ insegnante trascrive le verbalizzazioni e l’altra si adopera come mediatore e facilitatore della conversazione. Prima di iniziare si stabiliscono le regole e ci si assicura che tutti i bambini abbiano compreso le modalità del “gioco”. L’insegnante che coopera con i bambini tiene in mano tre fili di lana di diverso colore e crea un clima di distensione e di curiosità. Ogni colore corrisponde alle possibilità-capacità d’intervento: il filo bianco è la comunicazione corretta, l’attinenza all’argomento trattato, la coerenza; il filo rosso è l’intervento errato, fatto senza rispettare le regole precedentemente condivise; il filo blu è la comunicazione non pertinente all’argomento trattato. L’insegnante avvia la discussione e i fili iniziano a intrecciarsi. I bambini alzano la mano, la comunicazione si infittisce, si aggroviglia e si sviluppa. Mentre il filo bianco scorre nelle mani dei bambini, il filo rosso e il filo blu, dopo essere stati passati ai bambini, ritornano nella mano dell’insegnante. Il filo bianco viene ripreso dall’insegnante soltanto nei momenti in cui c’è da regolare e riorganizzare ciò che è stato detto. Fin da subito riusciamo ad avere una traccia tangibile dei bambini, però può capitare che la visibilità ci aiuti a riflettere su particolari (spesso in termini quantitativi) che prima non avevamo notato. Vediamo i bambini più espansivi con diversi passaggi di filo bianco e allo stesso tempo verifichiamo i bambini più vivaci con il filo rosso. Infine riscontriamo che i bambini con difficoltà tengono in mano il filo blu. La visibilità dell’argomentazione mette in discussione anche i bambini più silenziosi, stimolandoli in breve tempo a volere nelle loro mani il filo bianco. Inoltre si verifica che, all’interno del gruppo-sezione, la conduzione non corretta crea criticità e innesca la capacità di autocorrezione e correzione reciproca.

L’insegnante riesce progressivamente a distaccarsi dalla conduzione e assume un ruolo secondario. A questo punto, al docente rimane il compito di fare il punto della situazione, porre domande, far notare e valorizzare le posizioni, mettere in evidenza i punti di vista e ricostruire i passaggi significativi, mettendo insieme le idee e restituendole al gruppo.

Prima di concludere l’attività, liberando gli intrecci di parole, è importante ogni volta controllare, trascrivere e monitorare quali e quanti cambiamenti si sono verificati.

Soltanto con queste modalità, quello che facciamo, assume un senso!

Per approfondire, due presentazioni PowerPoint:
Negoziare significati in fase di ascolto

Strategie di parola… la lavagna luminosa

Rosetta Gariboli e Angelita Bernini

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