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Come cambiare il mondo

Pubblicato il: 26/10/2011 10:59:52 -


Maurizio Tiriticco ha letto “Come cambiare il mondo, perché riscoprire l’eredità del marxismo” di Eric Hobsbawm, novità della saggistica di Rizzoli. Ecco la recensione per Education 2.0.
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Rivisitare Marx oggi non è facile impresa, per diverse ragioni: in primo luogo per una sorta di non attualità (nonostante le interessanti ricerche di Ocone, Petrucciani, Merker et al., anche stranieri, Daniel Bensaïd, per esempio); in secondo luogo per una opinione abbastanza diffusa secondo cui oggi, in una fase di capitalismo avanzato – se si può ancora definire così – rivisitare un’analisi condotta più di un secolo fa non avrebbe molto senso, tanti sono i cambiamenti che sono occorsi sia nella gestione della economia che in quella dei mercati e della finanza, e per di più a livelli ormai planetari.

In effetti, quel fantasma del comunismo che nel 1848 si aggirava per l’Europa oggi è il fantasma di una “indignazione” che si aggira per tutti i continenti. Ma il fantasma del 1848 aveva il suo Manifesto e il suo programma, con tutti i suoi limiti, ovviamente. Abbattere il capitalismo per via rivoluzionaria avrebbe anche potuto essere relativamente facile, ma costruire il socialismo sarebbe stata un’altra cosa; e Marx il “come” non ce l’ha mai detto! Il successivo passaggio al comunismo, a ciascuno secondo i suoi bisogni, Marx si è limitato a enunciarlo.

E forse sono proprio queste lacune (un’analisi per certi versi perfetta, non seguita però da un progetto possibile) che hanno poi permesso che il socialismo – o presunto tale – si realizzasse in modi difformi da quelli previsti e prevedibili: cioè rivoluzioni gestite da una classe operaia matura, forte e organizzata! In effetti, il socialismo si affermò in un solo paese nel ’17 grazie a quella soluzione staliniana, avversata da Trotsky, che auspicava invece una rivoluzione mondiale! E nel ’45 si affermò nei Paesi di quell’Europa orientale che la Conferenza di Yalta aveva assegnato all’influenza sovietica. E potremmo anche aggiungere la proclamazione della repubblica popolare cinese nel ’49 e la rivoluzione castrista nel ‘59. Nascite, dunque, di Stati socialisti verificatesi più per pronunce autoritarie e decisioni politiche che per emersioni autenticamente di massa e rivoluzionarie in senso stretto. Insomma, in quel Secolo breve che va dal 1914 al 1991 si realizza e si consuma per approssimazioni successive – se si può dire così – quella rivoluzione socialista che nelle sue premesse teoriche avrebbe dovuto cambiare il mondo. Invece…

Ciò non è accaduto, anzi! Il mondo è cambiato forse in peggio, in forza di un sistema capitalistico sempre più aggressivo e totalizzante, che tanto ha imparato dalla lezione di Marx al fine di sopravvivere alle sue stesse contraddizioni. Ed ecco che si aggira per il mondo il nuovo fantasma degli indignati alla ricerca di un nuovo Manifesto, che ancora stenta a vedere la sua luce.

Di qui il dilemma dei nostri giorni: Marx può essere attuale solo perché può ancora aiutarci a capire certi fenomeni del capitalismo avanzato o perché può offrirci delle chiavi per poterlo superare e avviare la costruzione di un nuovo modello di società? ? valido come suggerimento allo studio o anche come proposta politica? Non so rispondere a simili quesiti e penso di trovare una risposta nell’ultimo lavoro di Hobsbawm.

***

Mi sono detto che chi ha riscritto e interpretato il Novecento come il Secolo breve, sarebbe stato fecondo di indicazioni e di suggestioni per quanto riguarda il difficile avvio del terzo millennio; anche perché il titolo stesso è più che accattivante, “Come cambiare il mondo, perché riscoprire l’eredità del marxismo”.

In effetti siamo in molti a chiederci: dopo la caduta del muro di Berlino non abbiamo forse buttato via troppo in fretta sia i mattoni che lo componevano sia le idee che, forse, in forza di letture abnormi, avevano contribuito alla sua costruzione? Basta con le ideologie, è vero! ? stata una sorta di parola d’ordine, e non solo qui in Italia; e abbiamo gettato alle ortiche soggetti politici con tutta lo loro storia, prime il Pci e poi, con la stagione di Mani pulite, il Psi e la Dc! Abbiamo ucciso i nostri padri, forse prematuramente, perché temevamo che… le colpe dei padri ricadessero sui figli? Orrore mescolare moralismi con la politica! E in questa dispersione abbiamo gettato via anche certi classici che nel bene e nel male ci avevano insegnato a leggere e comprendere questo strano mondo in cui sembra che il sistema capitalistico debba essere l’unico certo e accettabile: anche perché è confortato e sostenuto da quel sottosistema che chiamiamo democrazia; quindi viviamo in una struttura che trova giustificazione nella sovrastruttura che essa stessa ha costruito. Una endiadi da cui è difficile uscire!

E poi, pare che gli insegnamenti di Marx sono serviti più al capitalismo per garantirsi crescita e sopravvivenza che non ai rivoluzionari per attaccarlo, distruggerlo e fondare un autentico e durevole nuovo ordine sociale! Così non è stato e così non è! E ci troviamo in quella fase storica in cui tutti i nodi non risolti sia delle ingiustizie sociali che delle cosiddette società del benessere, con cui ci siamo trastullati, stanno venendo al pettine. La disperazione è a livelli altissimi. Le contraddizioni del capitalismo che allora condussero al colonialismo e poi all’imperialismo, fase suprema del capitalismo (Lenin scrisse quell’aureo libello nel pieno della prima guerra mondiale), e oggi a una globalizzazione sempre più senza regole, sembrano esplodere tutte in questo primo ventennio di secolo! Un secolo che sarà ancora più breve, a fronte di una sua progressiva… liquefazione, per dirla con un nuovo caustico profeta qual è Zigmunt Bauman?

In tale situazione, un ritorno a Marx è allora giustificato? Ed è uno dei massimi teorici che sembra volercelo suggerire. E l’avvicendarsi dei capitoli è anche avvincente. Hobsbawm la prende da lontano, dal socialismo premarxiano, poi lungo l’elaborazione di Marx e di Engels fino al Manifesto e lungo i Grundrisse. E poi fino a Gramsci e alla sua lezione. Ma… ecco i ma! Quand’è che il titolo del libro, Come cambiare il mondo, prende forma? Ed è un titolo che non ha scelto l’editore italiano! ? nell’edizione originale! E allora? Il fatto è che l’autore ha raccolto e rielaborato una serie di saggi, composti fin dagli anni Sessanta, li ha “rinfrescati” e riordinati: un’operazione editoriale e colta di tutto rispetto. Solo gli ultimi inediti sono degli anni 2000. In effetti l’autore revisiona i suoi saggi alla luce di un’atmosfera tutta diversa da quelle che caratterizzavano i diversi anni in cui li ha scritti. ? come se la vis polemica e l’acume critico cedessero il posto a ricostruzioni e rappresentazioni più distese, proprio a voler dimostrare che si può rileggere Marx, oggi, con un occhio alle urgenze nuove che ci troviamo di fronte.

Lo dice lo stesso autore nella stringatissima prefazione: “Quello che ho cercato di fornire… è una certa consapevolezza del fatto che la discussione su Marx e il marxismo non può essere confinata né al dibattito tra pro e contro, né al territorio politico e ideologico occupato dalle varie, cangianti etichette attribuite ai marxisti e ai loro antagonisti” (p. 8). In effetti, Hobsbawm invita il lettore di Marx dall’ansia di trovarvi le sue personali verità o le affermazioni da criticare o da respingere, a seconda delle presupposizioni assunte, pro o contro la sua opera. ? un invito che può veramente suscitare una rilettura dell’intera sua opera al fine di ritrovarvi ulteriori stimoli per leggere e comprendere il difficile momento che stiamo vivendo. Non siamo nudi di fronte a una globalizzazione in cui banche e capitali sempre più anonimi – si fa per dire – sembrano farla da padroni. Anche perché c’è un movimento mondiale anticapitalistico che vuole parlare la stessa lingua e muoversi in una direzione quanto più possibile univoca e costruttiva. Insomma, la fine delle ideologie non ha significato la fine della storia e l’avvento pressoché indolore di quel liberalismo economico e democratico di cui ci parla Fukuyama. Se così fosse non vi sarebbero gli indignati né quei superindignati che col ferro e col fuoco pensano di far sparire tutte quelle ingiustizie sociali che invece, giorno dopo giorno, sono in aumento sull’intero pianeta. Tra le posizioni di un Fukuyama e la realtà di un’umanità che sull’intero pianeta ogni giorno è sempre più sofferente per un neo-neo-capitalismo sempre più brutale, forse una rilettura di Marx sarebbe necessaria.

E Hobsbawm lancia la sua sfida. “Ancora una volta è chiaro che, anche in mezzo a grandi crisi, il ‘mercato’ non ha risposte al problema principale che il XXI secolo ha di fronte: una crescita economica illimitata e sempre più hi-tech alla ricerca di profitti insostenibili produce una ricchezza globale certo, ma a scapito di un fattore della produzione, il lavoro umano, che diventa sempre più superfluo e, aggiungeremmo, delle risorse del pianeta. I liberalismi politico ed economico, da soli o in combinazione, non possono fornire la soluzione ai problemi del XXI secolo. ? ora di prendere di nuovo Marx sul serio” (pp. 417-418).

Maurizio Tiriticco

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