Rita Levi Montalcini e la centralità dell’istruzione
Esempio ineguagliato del modo giusto di apprendere e di sfidare i propri limiti, sempre, comunque, e in qualunque condizione. Che formidabile Ministro dell’Istruzione sarebbe stato Rita Levi Montalcini!
Un aspetto della lunghissima e straordinaria vita di Rita Levi Montalcini è rimasto un po’ in ombra tra i tanti ricordi e le commemorazioni di questi giorni: il ruolo di primissimo piano che la scienziata torinese riconosceva all’istruzione e all’insieme dei processi educativi. L’unico a ricordalo in modo esplicito e articolato è stato Mauro Palma, nel suo bell’articolo sul Manifesto del 2 gennaio. Eppure, se si va a ben vedere, i numerosi scritti divulgativi di Levi Montalcini hanno come baricentro il discorso sulla conoscenza, non solo perché idealmente dedicati al lettore giovane, ma per il suo convincimento profondo, una sorta di umanesimo della scienza, che nel sapere e nella conoscenza sta il riscatto della condizione umana, anche quella più disagiata. E certo non è un caso se la sua attività filantropica si sia concretizza nella sua fondazione che promuove lo studio delle donne africane.
L’importanza dell’istruzione emergeva frequentemente dai suoi moltissimi riferimenti alle sue vicende personali, ma non per farne vanto: chi la conosceva – e ho avuto la fortuna di frequentarla a lungo e in diverse circostanze – sa che non si trattava dell’abusato cliché dell’anziano che vuol dare insegnamenti al giovane attraverso un autoapologo, tutt’altro: Rita Levi-Montalcini faceva seriamente il discorso che se lei era arrivata tanto in là con l’abnegazione, la passione, la forza della determinazione, tutti possono farcela perché non riconosceva a sé stessa altro che queste qualità di carattere. Naturalmente oltre a ciò c’era ben altro: un occhio d’aquila nell’indagine scientifica, una capacità straordinaria di individuare e circoscrivere il problema scientifico da affrontare, una meticolosità e una pazienza fuori dal comune. Queste qualità le avevano permesso di sfruttare il colpo di fortuna, quello che passa mille volte sotto gli occhi al ricercatore disattento, ma che non era sfuggito a lei, che la portò alla scoperta dell’NGF. Ma pur non negando tutto questo, la scienziata non si stancava di ribadire che la determinazione al sapere e la curiosità erano le molle primitive che stavano alla base di tutta la sua esperienza scientifica.
Questa formidabile pulsione verso la conoscenza non rimaneva in lei solo un fatto intellettuale, la sua natura pragmatica non l’avrebbe permesso: oltre al lavoro già citato della sua fondazione, ecco la sua testimonianza in prima persona in tante scuole, ecco il suo interesse a immettere nel circolo dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, che ha presieduto per cinque anni, il seme di un nuovo interesse per l’istruzione con la fondazione della rivista “Iter” diretta da Mauro Palma, con il quale condivideva in pieno le istanze di rinnovamento profondo della costruzione delle conoscenze, tramite l’allargamento delle competenze e delle conoscenze critiche a tutti, in tutti gli ordini di scuola, in tutte le discipline.
La centralità dei processi conoscitivi si ritrovava in Rita Levi Montalcini in tutte le sue attività. Nella ricerca, naturalmente: l’aspetto più gratificante degli ultimi anni della sua vita scientifica – mi diceva- era la quotidiana discussione mattutina con le giovani ricercatrici (tutte donne) dell’Ebri, il suo centro di ricerca, dove, sosteneva, imparava moltissimo e poteva mettere in discussione le idee che le venivano la notte. Della sua attività filantropica ho detto, ma posso testimoniare direttamente anche la sua profonda convinzione che tutte le conoscenze, anche le più ardue e avanzate, fossero divulgabili: di qui la pubblicazione negli anni di “Frontiere della Vita”, un’opera enciclopedica della Treccani per la quale aveva chiesto la collaborazione dei maggiori studiosi internazionali delle scienze della vita: la sua idea semplice era che se si avevano le idee chiare si potevano presentare chiaramente a tutti. Devo dire – da caporedattore quale sono stato dell’opera – che anche se non sempre i più noti scienziati furono in grado di dimostrare il suo assunto –, il tentativo generoso di divulgare a tutti quello che uno scienziato sta facendo, quali sono i problemi che affronta, gli ostacoli da superare, le sue speranze , riflettevano un’idea della conoscenza profondamente, genuinamente democratica. Diceva spesso che se uno scienziato non è in grado di dare senso a quel che sta facendo era meglio che interrompesse la sua ricerca. Ed è il senso della ricerca, la sua motivazione profonda , gli obiettivi conoscitivi che si pone, ciò che a suo avviso poteva e doveva essere offerto alla lettura dei lettori non specialisti.
L’istruzione e la conoscenza al centro dell’azione umana, erano dunque per lei non petizioni di principio (quanto stantie oggi a fronte del processo inesausto di demolizione dell’istruzione pubblica), ma prima di tutto modo di essere: talvolta si lamentava di essere poco competente in matematica perché quelle conoscenze le avrebbero permesso di capire meglio le cose che stava studiando! E anche questo approccio così severamente autocritico (che si sposava sorprendentemente con una vanità femminile divertita e divertente) , la curiosità inesausta verso il nuovo, l’eterodosso, il divergente, la mancanza di ogni traccia di autocommiserazione (per le pur dure vicende prebelliche e belliche che aveva vissuto), rimangono in chi l’ha conosciuta un esempio ineguagliato del modo giusto di apprendere e di sfidare i propri limiti, sempre, comunque, e in qualunque condizione. Che formidabile Ministro dell’Istruzione sarebbe stato Rita Levi Montalcini!
PER APPROFONDIRE:
Mauro Palma, “Uno sguardo aperto al futuro“, sul Manifesto del 2 gennaio 2013
Andrea Turchi