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Educatore degli adulti: professione o vocazione?

Pubblicato il: 26/10/2010 17:23:29 -


Si può parlare dell’educatore degli adulti come di una figura professionale specifica? L’analisi di Vittoria Gallina attraverso uno sguardo alla situazione europea e italiana.
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Sicuramente sostenere l’apprendimento di un adulto è un lavoro diverso da quello svolto da chi accompagna bambini e ragazzi a imparare, ma il termine educatore o docente viene usato indifferentemente nei due casi, e, se questo è giusto perché l’attenzione e la cura spesa nell’impegno di mediare tra saperi e apprendimenti è il paradigma di tutti questi lavori, forse però, quando si riflette sulle figure e le caratteristiche professionali, i livelli e i piani devono essere tenuti distinti. Non si tratta qui di una questione contrattuale da affrontare in sede sindacale, ma della necessità di focalizzare bene le dimensioni culturali che qualificano questo come altri lavori, e l’ambito degli impegni “deontologici” che l’insegnante pone in essere quando stipula quel patto, non scritto, che lo lega al gruppo di studenti che frequentano un corso.

Per dirla in breve, si può parlare dell’educatore degli adulti come di una figura professionale specifica? Nel 2008 DIE (Deutsches Institut für Erwachsenenbildung) ha pubblicato un testo Qualifying adult learning professionals in Europe (Nuiisal, E., Lattke, S. “Qualifying adult learning professionals in Europe”, Bielefeld, Bertelsmann Verlag, 2008); si tratta della raccolta di contributi di attori, organizzatori politici, accademici europei operanti in ambito EDA (educazione degli adulti) che, in un confronto che è durato circa tre anni, hanno esplorato ambiti e funzioni che si realizzano in diverse tipologie di corsi rivolti ad adulti e hanno indicato, in termini teorici, le attività che devono essere qualificate per rendere “attraenti” i percorsi rivolti agli adulti, secondo quanto indicato dagli obiettivi di Lisbona per il lifelong learning. Questo studio ha messo sotto osservazione luoghi diversi e diverse tipologie di referenti e quindi bisogni di progettazione e gestione degli interventi e ha fatto emergere le diverse “sfaccettature” di una attività professionale complessa. Il progetto europeo “Becoming Adult Educators in the European area”, che si è concluso nell’autunno del 2010, ha affrontato il problema a partire dalle modalità di formazione di questa figura professionale. I paesi coinvolti sono Danimarca, Svezia, Estonia e Italia (il partner italiano è UPTER), buona rappresentanza di tradizioni di formazione diversamente sviluppate e radicate nei tessuti socio culturali del Nord e del Sud Europa, la metodologia adottata ha seguito tre percorsi: contestualizzazione dell’EDA nei quattro paesi (normative nazionali e locali e situazioni formative, pubblici dei corsi per adulti e percorsi di studio che vedono approfondimenti specifici per l’EDA); una serie di interviste in profondità a persone che oggi insegnano agli adulti e a quanti aspirano a inserirsi in queste attività; una indagine sviluppata con metodologia Delphi, che ha chiamato quattro panel di esperti a pronunciarsi e a cercare un consenso sulla definizione di un percorso formativo afferente a una figura professionale specifica. Da notare che solo l’ Estonia, nel Professional Act del 2003, indicando le figure professionali riconosciute, ha inserito l’Educatore degli adulti. Le interviste rappresentano bene i percorsi di chi è arrivato a questo lavoro per successivi approcci e spostamenti degli interessi professionali, seguendo anche una qualche vocazione sociale e culturale, e l’incertezza di chi aspira a questo lavoro, sceglie nel percorso accademico argomenti che sono sicuramente attinenti, ma non riesce a pensarsi e programmarsi per una carriera.

Completa il progetto un manuale per la formazione dell’educatore degli adulti che, nel titolo, “The art of being an adult educator”, rappresenta bene le aspirazioni di soggetti che si preparano a un lavoro in cui gli aspetti vocazionali sembrano prevalere su quelli di carriera.

Riflettendo però in profondità sugli ambiti in cui l’adult educator, già oggi, viene chiamato a operare, vediamo che il concetto di “arte” premia la creatività dell’operatore, ma non lo aiuta a vedersi come professionista, ricordiamo che, entro il lifelong learning, l’Eda si sviluppa in tre ambiti, l’educazione generale, quella professionale, con valenza orientante e ri- orientante, e la cosiddetta liberal-education, non appare quindi ulteriormente possibile sfuggire all’applicazione, anche a questo lavoro, dei criteri che usualmente vengono applicati quando si ragiona su qualsiasi figura professionale:
• criteri di reclutamento
• situazione di occupazione e di carriera
• valutazione di efficacia.

Il progetto sintetizza le conclusioni in raccomandazioni alla Unione Europea, perché questo appare il livello di decisione più adeguato a risolvere un problema che nelle realtà locali si avverte, ma che trova difficoltà a definirsi:
• Sviluppare pratiche e politiche volte a implementare la formazione iniziale e continua di chi intende svolgere o già svolge attività in ambito EDA
• Riconoscere gli educatori degli adulti come un gruppo professionale con complesse competenze culturali e professionali
• Promuovere opportunità di scambio e di mutuo arricchimento tra operatori di questi settori anche attraverso la promozione e il sostegno di comunità virtuali
• Definire strategie omogenee di reclutamento e di progressione di carriera.

Per approfondire:
• Sito del progetto BAEA
• “The art of being an adult educator
Diventare educatori degli adulti in Italia

Vittoria Gallina

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