Politiche, risorse ed esiti della formazione professionale in Italia
Una analisi del volume che presenta i risultati dei recenti progetti della Fondazione Giuseppe Di Vittorio della CGIL sulla valutazione delle policy regionali di formazione professionale e delle politiche attive del lavoro.
Il volume Formazione professionale e politiche attive del lavoro (a cura di A. Teselli, Carocci, 2016) presenta i risultati di tre progetti realizzati nel corso degli anni dalla fondazione Di Vittorio,il progetto Forma negli anni 2008 – 2010 (finalizzato alla produzione di strumenti e modelli di analisi della Efficacia della formazione Professionale), e, successivamente, nel periodo 2013-2015, due progetti mirati a una ricalibratura e riprogettazione del sistema statistico relativo alla formazione professionale a finanziamento pubblico (Sistaf).
Si tratta di un testo complesso,che, mentre sperimenta l’uso di strumenti, evidenzia gli effetti di diverse misure politiche, con particolare attenzione alla occupabilità dei giovani.
Ne risulta una esposizione costruita a vari livelli, capace, sicuramente, di colloquiare con gli addetti ai lavori, esperti di politiche formative, analisti della valutazione delle politiche pubbliche nell’ambito della formazione professionale, attori/soggetti istituzionali che operano nel settore (operatori sociali, formatori, economisti ecc.), ma interessante, anche se di più difficile lettura e comprensione, per tutte le persone, che in quanto utenti/operatori/fruitori, sono impegnati a vario titolo nei processi di formazione sociale e di formazione per il lavoro.
In questo senso il libro contribuisce a fornire informazioni ed anche qualche interpretazione, sostenuta da evidenze, di quanto accade entro quei settori delle politiche regionali, sui quali l’ informazione è scarsa, ma soprattutto generica. Il testo estrapola, per valutarli, aspetti specifici, delle politiche educative/ istruttive /formative per il lavoro, aspetti che, in questo particolare momento, toccano tre punti caldissimi del dibattito politico: lo stato di attuazione/non attuazione di un sistema di formazione professionale regionale diffuso a livello nazionale, secondo il dettato costituzionale, la finalizzazione dell’ intervento economico pubblico per la formazione professionale, la qualità e gli effetti delle politiche attive del lavoro, lette dal punto di vista delle competenze e delle responsabilità delle regioni.
La prima parte del libro presenta le politiche formative e le politiche attive del lavoro, si sofferma sugli esiti e sulla qualità dell’occupazione dei qualificati nei percorsi Ie FP (Istruzione e Formazione Professionale) e sulle esperienze professionali successive a questi, passa poi a riflettere, più in generale, sui temi della occupabilità e sul rapporto tra occupabilità e competitività.
La seconda parte studia le politiche di formazione professionale in Italia, il progressivo orientamento/ finalizzazione di queste alla occupabilità, la diversa configurazione ed attrattività delle politiche collettive e di quelle individuali e le potenzialità inclusive della formazione professionali nei riguardi delle fasce deboli della popolazione, dei migranti e dei soggetti che tendono ad essere esclusi, ma anche ad auto escludersi, dai percorsi per la formazione verso il lavoro.
La terza parte riprende i riferimenti ai territori, esplora competitività e strutture del mercato del lavoro nelle 5 regioni prescelte per lo studio, che rappresentano le realtà italiane, in cui la varietà e la ricchezza delle esperienze, permette di avere elementi valutabili. Le esaurienti appendici statistiche evidenziano le potenzialità e l’utilità dei modelli prodotti; il testo presenta, nel suo insieme, un ragionamento politico sullo stato dello sviluppo di un sistema di raccordo e interazione tra formazione/ istruzione e lavoro, che in Italia stenta a decollare.
Alcuni degli aspetti più interessanti del volume vengono brevemente indicati qui di seguito. La valutazione delle politiche pubbliche di formazione professionale è “fattibile”, questo è sicuramente un risultato,che nomina tuttavia dubbi ed incertezze che riguardano il rapporto tra occupazione e qualificazione professionale, causata dalla grande diversità, anche in termini di durata, degli interventi formativi, soprattutto se si tiene conto delle diverse modalità di erogazione e delle metodologie utilizzate e prodotte dal sistema della istruzione e da quello della formazione professionale; sottolineare questa difficoltà nella produzione di standard e comparazioni, non è una messa in discussione della fattibilità delle valutazioni, ma uno stimolo alla produzione di sistemi informativi stabili e affidabili attraverso la identificazioni di descrittori, indicatori, livelli ecc..
Lo studio della formazione professionale regionale per il lavoro richiede l’analisi dei risultati immediati , ma soprattutto di quelli a medio e lungo termine, che potranno essere affrontati entro quadri comparativi relativi alle priorità politico sociali che le singole regioni e, sperabilmente il sistema nel suo complesso, saranno capaci di mettere a disposizione, in modo da consentire la lettura di modalità specifiche di risposta alle esigenze espresse dai diversi contesti regionali. Più complicata, anche se lo studio delle piccole imprese del Nord-est appare utilmente esemplificativo, è la rilevazione dell’impatto della formazione continua sull’occupazione in generale, più in particolare sulla conservazione del posto di lavoro, sulle carriere, e sulle varie forme di mobilità, in tempi di crisi.
Qui si prelude all’avvio di ricerche ulteriori su soggetti che potrebbero essere definiti soggetti in condizioni occupazionale critica, ma non solo, queste ricerche permetterebbero di leggere con maggiore attenzione gli esiti degli interventi collettivi e di quelli basati su opzioni individuali (sistema dei voucher ecc.), perché il mix di politiche attive e passive del lavoro richiede strumenti interpretativi molto precisi, selettivi, capaci di individuare i vari profili delle popolazioni che vengono raggiunte o escluse, a causa delle modalità di offerta e di gestione dei servizi pubblici.
In tutto il testo, in diversi punti e con diversi approcci, si ripresentano due questioni di grande attualità.
La prima è relativa alla governance dei flussi di finanziamento delle strutture regionali di formazione professionale, entro la scommessa, tutta da giocare, tra Stato e Regioni, sul ruolo dell’agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro ( ANPAL); l’agenzia dovrà/dovrebbe avere compiti di coordinamento rispetto a una materia, che finora è stata di competenza esclusiva delle regioni.
La seconda, forse ancora più complessa, è quella del rapporto tra sistema nazionale della istruzione ( competenza MIUR per dirla in termini molto semplificati) e misure realizzate nei percorsi di accompagnamento e sostegno verso il lavoro; non si tratta solo della transizione formazione/ scuola/ lavoro, ma di tutte quelle tipologie e modalità di inserimento,dai tirocini, agli apprendistati ,agli stage e quant’altro, che le varie intese tra Stato e Regioni, quella del 2010 suggerisce forme di sussidiarietà(?), fino alle recenti deleghe al Governo, previste nella legge 107, affrontano secondo logiche, quanto meno confuse e poco leggibili.
E’ proprio su questi aspetti , non sempre noti ai non addetti ai lavori , che il volume presenta un contributo prezioso di informazioni interessanti ed anche dati molti utili, perché ,come ripetono gli esperti OCSE, “se non hai dati, hai solo un’ opinione tra le tante”.
Riferimenti:
Teselli A., Formazione professionale e politiche attive del lavoro. Misure, carriere, esiti in Italia, 2016, Carrocci Editore
Vittoria Gallina