Fino a quando resisteremo?
Anna Maria De Luca intervista Gregorio Iannaccone, presidente nazionale ANDIS (Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici). Un nuovo articolo sulle scuole del Sud.
D: Presidente, quali sono secondo lei i principali problemi della scuola del Sud?
R: Quelli di tutto il Paese, aggravati però da alcune specificità. La cultura della scuola, in ritardo dappertutto, qui lo è ancora di più. Molti enti locali vivono con fastidio il rapporto con le scuole d’avanguardia, perché queste sono portate ad avanzare sempre nuove richieste per colmare lacune antichissime. Moltissimi centri, anche piccolissimi, sono illuminati quasi sempre a festa (con l’aggravante del cattivo gusto, con pali da periferie urbane che deturpano il paesaggio!) mentre gli edifici scolastici sono mal tenuti. La collaborazione con le famiglie è modesta, perché in un’epoca di disimpegno si fa fatica a veicolare messaggi forti. L’impegno professionale dei docenti è affidato alla spontaneità e a poche iniziative esterne. Difficoltà a mettere insieme le risorse migliori, a fare gioco di squadra, la scuola spesso è isolata con le sue belle iniziative, il suo entusiasmo propositivo. E però con l’autonomia qualcosa è cambiato. C’è un maggiore protagonismo, anche un maggiore riconoscersi nel proprio impegno, da costruire giorno per giorno, prefigurando nuovi scenari. Peccato che l’autonomia non sia di fatto più sostenuta, dopo i primi anni di accorta regia ministeriale e di buone leggi che la alimentavano.
D: Dirigere una scuola del Sud è diverso che dirigere una scuola del Nord?
R: È più defatigante dirigere scuole nel Mezzogiorno, perché diventa un problema insormontabile far cambiare un vetro rotto o pulire un giardino… È più difficile costruire rapporti organici con gli enti locali, tendenzialmente restii a spendere nel settore scolastico, che non sembra produrre immediatamente voti… Ma anche il Nord non è messo meglio, con l’invadenza di alcuni enti che vorrebbero la scuola al proprio servizio e le sciocchezze declamate da illustri personaggi fuori dal mondo d’oggi: gli italiani non conoscono le lingue, fanno figure miserevoli in mezzo mondo, esprimendosi soprattutto con i gesti e qui si pensa al dialetto! Che è una risorsa, per iniziare l’alfabetizzazione, ma poi diventa un problema…
D: Chi potrebbe aiutare i dirigenti scolastici?
R: In questi ultimi anni non c’è stata molta considerazione da parte dei decisori politici verso i dirigenti scolastici. La dirigenza, che pure è indispensabile per promuovere con successo la scuola dell’autonomia, è stata mortificata economicamente e normativamente. Non mi risulta ancora un caso di dirigente bravo mandato a dirigere una scuola in difficoltà, perché tra l’altro nessuno sa chi sono i dirigenti bravi e poi perché non interessa nemmeno. Occorre valorizzare la professionalità e non l’appartenenza, altrimenti rischiamo di finire come molti ospedali, ove i primari scelti per il numero di voti che portano in dote, hanno provocato il decadimento del sistema sanitario in molte aree del Paese.
D: E l’autonomia?
R: L’autonomia scolastica, costituzionalmente garantita, necessita di un dirigente autorevole che sia valorizzato da un’amministrazione sana e dalla politica che guardi agli interessi e al successo delle generazioni future. Occorre garantire la periodicità dei concorsi e la sua serietà. L’ultima vicenda concorsuale, con code interminabili di ricorsi e sentenze, leggi e leggine, confusione tra i vari settori e tra il livello regionale e quello nazionale hanno lasciato il segno. Occorre bandire da subito i nuovi concorsi, altrimenti c’è il rischio di un collasso del sistema. E da subito occorre anche procedere al reclutamento per concorso dei direttori dei servizi generali e amministrativi. In questi ultimi anni la situazione è notevolmente peggiorata, in spregio a qualsiasi concezione del merito e della competenza. Se in una scuola c’è un posto vacante è sufficiente che un assistente amministrativo, anche senza titoli di studio e competenze verificate, esprima il desiderio di coprirlo ed è fatta! Lo so che si fa fatica a crederci, ma è così.
D: Quali sono le principali difficoltà dei dirigenti?
R: La mancanza di personale qualificato costringe spesso il dirigente a occuparsi in prima persona di tante incombenze amministrative, anche minute, che frenano il dispiegarsi di un’azione protesa a seguire con più attenzione la vita didattica delle scuole, l’innovazione, la ricerca educativa. La situazione attuale, del resto facilmente prevedibile, di fortissime tensioni attorno alla scuola, sicuramente non aiuta a consolidare quel clima positivo e di fiducia che è alla base dell’azione formativa ed educativa della scuola.
D: Quale pensa sia la via per migliorare la scuola del Sud?
R: Alcuni elementi positivi sono comunque emersi in questi anni. La Campania che pure ha lasciato molto a desiderare sulla gestione di alcuni servizi, nelle politiche scolastiche ha avuto l’ardire di tentare nuovi percorsi, penso a Scuole aperte, a iniziative sperimentali per gli adulti, oltre a una saggia azione di accompagnamento delle scuole, senza invadere l’autonomia. Questo aspetto non ha avuto soluzione di continuità ed è stato apprezzato dai dirigenti scolastici. Un’altra opportunità interessante per le scuole del Sud è data dai Pon. L’aumento dei fondi nel sessennio in corso consente praticamente a tutte le scuole di accedere senza molte difficoltà ai Piani Integrati per migliorare le competenze degli alunni, attivare iniziative di formazione per i docenti, sviluppare attività per gli adulti, realizzare laboratori scientifici, musicali, multimediali etc. Di fatto la Comunità Europea sta sostenendo l’autonomia delle scuole del Sud e un’accorta gestione di questi fondi consente di compensare i tagli esagerati che hanno investito le istituzioni scolastiche (nemmeno un euro per il funzionamento è veramente assurdo!).
D: Quali le proposte?
R: Occorre superare questa fase di conflittualità permanente. La scuola ha bisogno di un clima sereno che consenta la ripresa di un’azione forte per ripensare il presente ed il futuro. Le possibilità d’incontro ci sono, le prospettive pure. È necessario, però, che si riconsideri la scuola autonoma un luogo autorevole, che si valorizzi con azioni concrete la professionalità dei docenti e del personale tutto. E che soprattutto ritorni una stagione di diffuso impegno, di dibattito serio, di azione incisiva per migliorare il sistema. Fiducia nell’autonomia delle scuole vuol dire fiducia nei dirigenti scolastici: in questi ultimi anni è mancata ed è stata una grande occasione sprecata. Finora si è resistito comunque, ma fino a quando?
Anna Maria de Luca