Il vostro parere sul riordino della scuola superiore
Vi abbiamo chiesto: “Lo scenario della secondaria superiore cambierà a partire da settembre 2010. Cosa dovrebbe garantire prioritariamente agli studenti il nuovo assetto?”. Le vostre risposte: 25% le condizioni per educarli a compiere sia le scelte all’interno del curricolo, sia quelle finali; 51% gli strumenti per collocarsi efficacemente nella società attuale; 14% apprendimenti disciplinari più approfonditi; 8% nuovi diplomi che favoriscano l’inserimento nel mondo del lavoro. Numero dei votanti: 1037.
Oltre mille persone, 1037 per la precisione, hanno risposto al nostro sondaggio; chi ha risposto fa parte di quel gruppo di persone interessate ai problemi della istruzione e della formazione, personalmente coinvolte e pronte a reagire a proposte e a riflessioni sui temi dell’educazione, che leggono Education 2.0, che sono autori dei testi che pubblichiamo,che partecipano alla Community. Abbiamo tenuto aperto il sondaggio per sei mesi aspettando che l’iter dei provvedimenti, legati al nuovo assetto della secondaria superiore, arrivasse a conclusione e riflettiamo sui risultati, ora che i giochi sono fatti.
Le nostre opzioni cercavano di focalizzare la questione di fondo: la scuola secondaria, rimasta ingessata e immobile nel corso degli anni, senza cambiare gli impianti strutturali e i contenuti di insegnamento, ha finito per esaltare prevalentemente le funzioni trasmissive, più che formative, della nostra cultura; là dove ha cercato di dare risposte alle nuove esigenze dei giovani non ha dato la continuità e la trasparenza necessarie a garantire qualità ed efficacia agli aspetti innovativi, pure presenti in alcune delle sperimentazioni realizzate. Abbiamo quindi posto questioni relative alla capacità della scuola di rispondere ai compiti che la società attuale le impone, soprattutto in relazione alla necessità di aiutare i giovani a collocarsi nella società degli adulti, e, nello stesso tempo, abbiamo cercato di sondare le aspettative dei nostri lettori rispetto all’esigenza di migliorare la qualità della scuola, anche al fine di renderla capace di far acquisire conoscenze e abilità solide, che consentano ai giovani di inserirsi in un mondo in cui il lavoro è sempre meno stabile. Cerchiamo di interpretare i risultati del sondaggio. Chi ha risposto non si aspetta che la riforma fornisca nuovi diplomi validi per l’inserimento nel mercato del lavoro, ma neanche che la scuola riformata fornisca conoscenze più approfondite, anche se questa opzione supera il 14% di adesioni contro l’8% della prima. Chi ha risposto sceglie in genere le due priorità che chiamano in causa il ruolo della scuola nella sua funzione di soggetto di educazione e di orientamento. Al primo posto viene scelta la funzione educativa, indicata in una prospettiva specifica: la scuola come strumento di sostegno ai giovani nel difficile percorso che li porterà a trovare una collocazione nella società attuale, una scuola quindi capace di educare i futuri cittadini. A una certa distanza viene l’opzione che auspica una scuola che aiuti i giovani a maturare le scelte di studio entro i curricoli proposti e in vista dei diplomi finali. Se la scarsa adesione alle due opzioni, che hanno raccolto pochissimi consensi, sembra registrare una sorta di rassegnato buon senso, ma anche una perdita di fiducia verso un aspetto sicuramente non marginale della funzione della scuola, soprattutto se si considerano le disastrose carenze che la scuola italiana denuncia, le due opzioni, verso le quali si indirizzano le scelte, vanno sicuramente interpretate con attenzione. La socializzazione, che la comunità scolastica realizza di fatto, deve diventare oggetto di “cura” educativa; di fronte alle tante agenzie, che rumorosamente impongono modelli di socialità e di affermazioni identitarie, in senso individuale e collettivo, i nostri lettori chiedono una scuola in cui i giovani siano sostenuti e aiutati a crescere entro un orizzonte capace di contenere tante e diverse comunità di riferimento, tante sollecitazioni provenienti da saperi e da culture che pongono problemi, stimoli e curiosità e che sollecitano i giovani a trovare risposte responsabili e consapevoli.
Nello stesso tempo l’auspicio di una scuola capace di accompagnare, sapendo guidare e dando senso alle scelte dei giovani, sembra voler ricordare che le scelte dei percorsi scolastici non sono tagli gordiani, né decisioni che si prendono una volta per tutte, ma processi di maturazione che richiedono pazienza e riflessione continua; qui siamo veramente in controtendenza rispetto alla riforma in atto. I contenuti dei regolamenti che, nella definizione dei bienni dei percorsi quinquennali, hanno prodotto una sorta di evaporazione dell’obbligo di istruzione, hanno riportato indietro, a tredici anni di età, alla conclusione degli otto anni di scuola obbligatoria, una scelta che sarà decisiva per il futuro dei giovani, con buona pace di quanti ancora oggi credono nel valore orientante del biennio dell’ obbligo di istruzione entro la scuola secondaria superiore. Proprio in questi giorni il Ministero ha reso noti i dati sulle iscrizioni al primo anno della nuova secondaria superiore. Queste scelte, operate dai giovani e dalle famiglie, appaiono sostanzialmente in linea con i risultati del nostro sondaggio. L’avanzata dei licei, che passano dal 45,7% delle scelte dello scorso anno al 49,3% di questo anno, sembrano premiare i curricoli di formazione generale, curricoli articolati sempre più intorno a discipline economico-storico-sociali, in cui sembrano essere più evidenti e riconoscibili gli aspetti tradizionali della cultura italiana, mentre il declino, soprattutto quello degli istituti tecnici, evidenzia non solo la inesistente comunicazione tra la scuola e la realtà del mondo dei lavori, ma soprattutto la difficoltà di riconoscere che proprio il legame tra scienza e tecnologia costruisce e consolida la cultura del mondo moderno e quindi la sua grande valenza formativa. I due libri che Tullio De Mauro ha dedicato a una attenta e continua riflessione sulla cultura degli italiani (“La cultura degli italiani”, Laterza, 2010 e “Minima Scholaria”, Laterza, 2001) mettono bene in luce questo aspetto. Il Sole 24 ore, dedicando due commenti agli orientamenti emersi all’atto delle iscrizioni (mercoledì 12 maggio 2010, di G. Trovati e A. Oliva), evidenzia lo scollamento tra scuola e mondo produttivo e l’assenza di interventi capaci di orientare i giovani a cercare una formazione coerente con le tendenze presenti nel nostro Paese, e in questo senso ha sicuramente ragione. Quello che tuttavia non appare nelle considerazioni, che circolano, sulle reazioni degli “utenti” di fronte alle nuove proposte, è un problema che è molto più complesso: lo spaventoso ritardo, di cui la attuale riforma Gelmini sembra essere del tutto inconsapevole, con il quale la scuola italiana, ma forse è meglio dire la società italiana, riflette su cosa significa conoscenza nel mondo attuale, è un ritardo che contribuisce a perpetuare il fantasma delle due culture, come se questo fosse ancora un tema vivo, e a tenere la scuola chiusa al confronto con gli aspetti più significativi della riflessione contemporanea.
Vittoria Gallina