20 idee a “somma zero” per cambiare radicalmente la scuola
L’autore espone quelli che secondo lui sono gli interventi necessari per una radicale rivisitazione del Regolamento sull’autonomia scolastica.
Avrei voluto attendere tempi più propizi per questo articolo. Ma ora, dopo il dilemma aperto dai saggi di Napolitano “Classi o gruppi?”, in simbiosi con le alternative del Nord Europa alla soluzione della dispersione scolastica, mi sono reso conto che non è il caso di attendere.
Ci si rende conto che la trave (nell’occhio) della dispersione scolastica è invece al centro di una più decisiva e radicale trasformazione della scuola che deve scuotere le fondamenta della sua organizzazione del lavoro, delle priorità della didattica e, soprattutto, degli apprendimenti nella progettazione del curricolo e della sorda gestione amministrativo-contabile del suo bilancio perennemente aleatorio.
Per le scuole
1. Riduzione delle ore di lezione frontali a 3 ore giornaliere per cinque giorni a settimana dal lunedì al venerdì, totale 15 ore settimanali (sul “core” della programmazione – vedi “modello a shell” su Education 2.0 – e per valorizzare i contenuti minimi che devono essere trattati in modo esclusivo, rigoroso e, soprattutto, “essenziale”. Il “modello a shell” è un modello di programmazione didattica il cui scopo è strutturare i contenuti di ogni anno di istruzione in modo stratificato e la cui organica innovazione è data dall’introduzione di organizzatori concettuali deputati a rifondare l’interdisciplinarietà e l’integrazione dei saperi per un nuovo paradigma della didattica e degli apprendimenti). La presenza fisica in aula, che sia aula fisica o virtuale, deve essere ridotta all’essenziale, quindi all’apprendimento di quei contenuti “minimi” ed “essenziali” al superamento della “soglia rischio analfabetismo” (che ovviamente non è quella rappresentata dalla parametrizzazione Ocse-Pisa e Invalsi).
2. Il resto delle attività scolastiche deve essere orientato a una progettazione delle attività interdisciplinari, di integrazione laboratoriale e di alternanza scuola-lavoro. La cattedra dei docenti rimane a 18 ore settimanali con 9 frontali e 9 di progettazione di istituto (vige una totale flessibilità al fine di ottimizzare l’alternanza scuola lavoro). Le restanti (32-15) 17 ore dello studente sono da progettare insieme ai docenti in classi di omogeneità sulle attività di laboratorio e di alternanza scuola-lavoro. Occorre lasciare più spazio e più tempo alla libera progettazione delle attività in virtù dei bisogni espressi dalle indicazioni nazionali (continuamente aggiornabili) e dalle necessità delle realtà territoriali in funzione del lavoro e degli studi superiori.
3. Istituzione di quattro classi di concorso “aperte” di istituto per la determinazione delle programmazioni sui contenuti minimi ed essenziali del “core” della programmazione, esclusivamente orientati all’acquisizione dei LEP su un paradigma dell’apprendimento costruito con nuovi organizzatori concettuali:
a. Ambito della Lingua: Italiano, storia, latino, geografia, greco, filosofia… Competenze: saper leggere e scrivere in modo strutturato e a livelli (come quelli degli EQF o di Pisa) di complessificazione.
b. Ambito delle Scienze: matematica, biologia, fisica, chimica, geologia, sistemi complessi (reti e organismi, grafi,…) (…). Competenze: saper far di conto, modellizzare, impostare e risolvere problemi anche con la simulazione.
c. Ambito della Comunicazione: inglese, francese, spagnolo, (…), web, ‘info’rmatica, codici, alfabeti digitali (…) sulla direttrice dei contenuti metodologici delle CLIL. Competenze: reading, leastining, speaking nell’integrazione culturale e antropologica delle società civili.
d. Ambito dell’Arte: musica, pittura, cinema, scultura, (…). Competenze: interpretare e comprendere i linguaggi non verbali e non sequenziali.
Le competenze dei docenti di queste classi di concorso devono essere disciplinari, ma soprattutto trasversali alle funzioni relazionali e di orientamento, quindi maturate e accertate in virtù di una prassi sul lavoro il cui bilancio deve essere certificato da chi è alla gestione del suo percorso di lavoro e validato da opportuni enti o organismi accreditati. Deve assolutamente emergere questa “competenza specifica” di chi nel tempo ha accresciuto la sua professionalità al servizio della scuola occupandosi di, e risolvendo, problematiche al centro della vita scolastica e delle necessità delle famiglie, mai limitandosi all’esclusivo insegnamento disciplinare.
4. Cancellazione della compatibilità con la libera professione (ogni Prof interviene con diverse modalità in alternanza, dipendendo dai tempi dello studente; quindi viene meno il senso dei nulla osta alla libera professione). Il codice di deontologia professionale deve essere imperniato sulla dedizione totale ed esclusiva alla attività didattica e di orientamento allo studio e al lavoro.
5. Organico funzionale di istituto e di autonomia didattica sulla progettazione Alternanza scuola-lavoro, es. 30 classi, 30×32 ore = 960 ore, 960/18 = 53,4 docenti. Obiettivi/risultati, competenze misurabili, valutazione mista scuola-azienda. Graduatorie di risultato e priorità di trasferimento (ad altra scuola o mansione, che può optare per altro servizio, nella stessa scuola, se disponibile, altrimenti per altra attività “fuori sede”).
6. Parametri fissi per il modello organizzativo e per la flessibilità didattica con l’orario di una quota di docenti superiore alle 18 ore per la maggiore presenza fisica nella gestione delle attività di istituto istituzionali o deliberate dalle necessità dell’offerta formativa (% docenti sul totale – max 20% – per l’organizzazione con impegno settimanale fino a 24-36 ore).
7. Docenti di “classi affini” (sugli ambiti disciplinari) con coprogettazione di dipartimento per le materie sul “core” delle discipline (non supplenze a caso ma classi affini o ambiti su disciplina coprogettata o su programmazione condivisa dal consiglio di classe/dipartimento).
8. Calcolo “budget”/FIS per le collaborazioni orizzontali e verticali esterne (Alternanza, Istruzione Tecnica Superiore e Poli Tecnico Professionali – Orientamento strutturato) sul 50% di un budget simile all’attuale Fondo Istituzione Scolastica (per una scuola con in media 50 docenti circa 50.000€ per 1000€ procapite annue) e agevolazione all’azienda partecipante con un credito di imposta spendibile sull’alternanza scuola lavoro, sulla ricerca e la formazione.
9. Formazione obbligatoria del personale della scuola su tre aree: salute e sicurezza, apprendimenti e innovazione didattica, progettazione didattica e formativa; per un totale di ore che sia parametrato sulle esigenze dell’accreditamento regionale (circa 12-24 ore all’anno).
10. Tutte le attività “altre” su progetti esclusivamente a “voucher” o bandi esterni.
11. Scuola liberamente e facoltativamente aperta (come centro di servizi) con quota fissa di personale sulle 40 ore (5×8=40) e sabato libero per il reitegro psicofisico (salute e sicurezza). Una proposta potrebbe essere non superiore al 15% del personale non docente (4 su 20 persone, 3 collaboratori scolastici, 1 amministrativi o un tecnico o docente-bibliotecario).
12. Introduzione di “link misurabili” sulla collaborazione interna-esterna (Università e aziende) con quota obbligata di partecipazione, pena il taglio del finanziamento pubblico e la penalità sulla graduatoria di mobilità. Avvio di attività sugli ITS o sui Poli tecnico professionali.
13. Mobilità forzosa parziale (max 50% organico funzionale) sulla graduatoria “pesata” dalla sofferenza delle attività e sul merito dei risultati (cancellazione del requisito di anzianità di servizio). Eventuale reclutamento diretto parziale con contratto a tempo determinato sulle innovazioni (max 50% organico funzionale), come, ad esempio, spin off o start up di istituto. Parziale, per evitare una privatizzazione totale della scuola pubblica; ma per garantire una maggior efficacia dell’azione didattica.
14. Libero accesso ai fondi privati (con bilancio separato e sciolto dai vincoli del bilancio pubblico) con la partecipazione diretta nella gestione dei soli fondi privati di soggetti privati (ad esempio degli stessi “genitori professionisti” che da passivi osservatori diventerebbero finanziatori e controllori oltre che semplicemente protagonisti). Un bilancio pubblico e uno privato separati e non assistenziali l’uno all’altro.
Per il Ministero (dell’Istruzione)
15. Agenda digitale (dal cablaggio di una scuola alla gestione del cloud – vedi “Cloud Education” su Education 2.0). In “Cloud Education” si discute del “bisogno sociale” e del “bisogno locale” che le scuole hanno di una diffusione capillare delle tecnologie digitali. In riferimento agli obiettivi di Europa 2020, le tecnologie digitali sono semplicemente un mezzo, fra tanti altri, ma sempre più dominante, per adeguare gli apprendimenti al superamento delle nuove forme di analfabetismo (vedi dell’autore “Analfabetismo: il punto di non ritorno”, Herald 2011). Gli attuali apprendimenti si stanno forgiando su un tessuto sociale la cui comunicazione è lasciata alla produzione illimitata di molti nuovi alfabeti. La babele dei linguaggi ha bisogno di un paradigma unificante nel quale strutturare un nuovo sistema di comunicazione che sia in funzione dei nuovi apprendimenti.
16. Fusione INDIRE e INVALSI (non ha senso una valutazione “parallela” alla ricerca didattica). Oggi, la valutazione si parametra sul vecchio impianto del knowledge management (incluso il sistema Ocse Pisa – vedi ad esempio “The learning curve”), quando invece ben sappiamo che quest’ultimo è superato dal knowledge learning. Abbiamo bisogno di una “vision integrata” della “valutazione” e della “formazione e ricerca”. La valutazione si evolve di pari passo con la rivoluzione dei nuovi paradigmi dell’apprendimento. La fusione innescherebbe una ulteriore ridistribuzione della finanza pubblica ottimizzando il ruolo della ricerca (numero e stipendio dei ricercatori).
17. Eliminazione degli Uffici scolastici regionali e provinciali, insieme a diversi uffici ministeriali con un dirigente e due amministrativi (rappresentano una inutile dispersione finanziaria e culturale che rappresenterebbe una grande fonte di risparmio da ridistribuire sugli stipendi di docenti e dirigenti, che com’è noto, sono in coda a tutte le graduatorie internazionali). Tempo fa esistevano le scuole e un ministero striminzito con compiti specifici e molto semplificati, oggi il Ministero è un mostruoso apparato che costa enormemente di più di tutte le strutture scolastiche e che gestisce una infinità di attività inutili, semplicemente cumulate nel tempo dalla iperburocrazia (soprattutto cartacea).
18. La Dirigenza scolastica equiparata (anche semplicemente con indennità superiori per le responsabilità penali specifiche) all’Area 1 della Dirigenza Amministrativa. Il perno dell’efficacia delle scuole è nella dirigenza e nel controllo della dirigenza (con valutazione) da troppo tempo umiliata, esattamente come la categoria docente. Il passaggio da Preside, capo di Istituto, a Dirigente scolastico non ha comportato lo sviluppo della managerialità, ma semplicemente un trasferimento di oneri e responsabilità con un lascivo adattamento alla situazione “particolare”.
19. Nucleo di controllo su partnership MIUR ed Esterni (tipo Offsted inglese). Questa è una delle poche strutture significative coordinata a livello nazionale con criteri e parametri pesati sulle diverse situazioni territoriali dell’Italia del Nord, del Centro e del Sud nel più alto rispetto del principio di sussidiarietà.
20. Controllo e ammissibilità del “bilancio sociale” obbligatorio a opera del Nucleo di controllo per l’accesso ai finanziamenti pubblici.
Queste idee sono a “somma zero”, cioè senza costi aggiuntivi per lo Stato, e hanno senso solo se considerate tutte contestualmente poiché, opportunamente calibrate, rappresentano un quadro finanziario che si auto-sostiene. L’autore crede che la scuola pubblica debba essere, a ogni costo, garantita e che debba essere anche libera di gestirsi come scuola parzialmente privata (facendo una concorrenza legittima alla attuale scuola privata), quindi, una scuola mista dal punto di vista finanziario, sia pubblica sia privata (cioè “autonoma” anche dallo Stato), dove, a differenza di quella attuale, ogni finanziamento privato non sia assorbito e fagocitato dal debito pubblico.
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Immagine in testata di ElenAndrea / Flickr (licenza free to share)
Arturo Marcello Allega