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Cinque risposte… ancora

Pubblicato il: 10/06/2015 16:49:36 -


Altre risposte ai quesiti di Fiori e Gallina.
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1) La legge Berlinguer introduceva il principio dell’autonomia. “Ubi voluit dixit” disse il Ministro. Cioè “tutto ciò che non è proibito è consentito”. Il limite di questa legge innovativa? Non era specificato con chiarezza il nuovo ruolo del preside. Fu fatto il tentativo di avviare un processo di valutazione. Ma l’insurrezione delle corporazioni sindacali decretò anche la caduta del Ministro. Oggi, come allora, si confrontano due filosofie. Una è quella che vede la figura del preside come semplice funzionario messo a “presidio” delle istanze e delle circolari concertate dall’alto. L’altra è quella che disegna una “governance” in cui il preside è dirigente, cioè con poteri di scelta e di indirizzo. Scelte di cui risponde: con premi “di risultato” o con interventi correttivi e, al limite, punitivi.

Non esistono organizzazioni autonome in cui non esista un sistema premiante. Un dirigente deve poter fare scelte, premiare il merito e intervenire sul demerito. Casomai il limite di questa legge è non aver istituito dei reali contrappesi. Il sistema di valutazione proposto è troppo autoreferenziale, cartaceo e formale. Meglio sarebbe stato un sistema di valutazione esterno, basato sulle modalità delle certificazioni di qualità affidate a enti accreditati. Contro questa impostazione si ribellano le corporazioni per le quali è certamente più conveniente lasciare le cose come stanno, con personale poco motivato, con stipendi uguali per tutti, basati solo sugli scatti di anzianità, che mortificano i tanti che lavorano con professionalità e premiano indistintamente coloro che si nascondono nelle distribuzioni a pioggia contrattate con le RSU. Ma la scuola è fatta solo per gli insegnanti o al centro deve avere l’interesse di studenti, famiglie e territorio? Dalla risposta a questa domanda discende una politica scolastica.

2) L’attuale assetto organizzativo della scuola è il prodotto di una visione di tipo assembleare, figlia della stagione del Decreti Delegati di quarant’anni fa. Meglio sarebbe pensare a strutture più agili e partecipative, lasciando al Collegio Docenti la funzione di ultima istanza decisionale. Parlo di Dipartimenti disciplinari, e relativi coordinatori, con spazi fisici autonomi e con poteri di gestione, anche di budget. Parlo di Delegati di Classe, individuati dalla Direzione, con effettivi poteri gestionali e riferimento principale per studenti, famiglie, preside. Parlo dell’Assemblea dei Delegati di Classe come organismo di confronto per elaborare indicazioni.

Il Consiglio di Classe mantiene una sua centralità nella gestione del processo educativo. Ma un Consiglio di Classe che tenderà ad assumere sempre più una conformazione “elastica”, man mano che prenderà consistenza la politica dei curricoli flessibili dello studente. Ogni studente sarà portatore di un suo portfolio personale sulla base del quale andrà valutato, non solo nell’esame finale. A maggior ragione perciò diventa centrale la figura del Delegato di Classe come tutor dei singoli studenti. In sintesi: l’Assemblea dei delegati di classe, il Consiglio dei Responsabili di Dipartimento, lo staff di Direzione, che si riunisce con cadenza fissa e che vede insieme i diversi responsabili delle aree di progetto presenti nella scuola, possono diventare gli interlocutori adeguati di un Ds che deve provvedere a gestire anche l’organico funzionale.

3) Oggi c’è un tentativo di attribuzione di poteri alla figura apicale dell’organizzazione, ma non è chiaro il processo di formazione dello staff di direzione, elemento importante in un’organizzazione complessa. Oggi il preside sceglie il proprio vicario. Domani questa figura sparisce a favore di un gruppo di docenti scelti in questi albi territoriali. Ma poi questi docenti potranno essere effettivamente incaricati della gestione di progetti, oppure dovranno essere prioritariamente impegnati a coprire le supplenze? E la responsabilità della gestione amministrativa farà capo alla direzione o sarà obbligatoria una gestione condominiale con il DSGA, con il rischio di dualismi immobilizzanti?

Al preside, e al suo staff farà capo anche la gestione dei tirocini. La legge prevede 400 ore di tirocinio per ogni studente. È possibile che tutto questo possa fare capo alla sola persona del dirigente? E poi siamo così sicuri che la massa delle aziende italiane, ammesso e non concesso che siano in grado di assorbire una tale richiesta di ore, siano attrezzate allo scopo? Chi valuta e seleziona le aziende in grado davvero di “fare scuola”? Sarà anche questo compito del preside?

4) Creare ambiti territoriali di confronto tra più soggetti è un primo passo che non può essere delegato all’iniziativa del singolo preside. A questi ambiti vanno poi assegnati poteri gestionali e risorse (ad esempio per l’apertura delle scuole nelle ore non scolastiche). Con questi ambiti sarà possibile l’elaborazione di progetti per un utilizzo razionale degli spazi dell’autonomia. Ma, per fare questo, occorre certezza di risorse. Un programma triennale non può nemmeno nascere quando l’assegnazione delle risorse è annuale, aleatoria e comunque ritardata.



Pensiamo ad esempio alla scuola digitale. La nuova legge stanzia fondi per la digitalizzazione. Fondi in conto capitale. Ma non prevede le risorse per la gestione ordinaria. Per non parlare delle risorse di personale. Se gli istituti tecnici e professionali possono sopperire usando i propri tecnici, altrettanto non possono fare i Licei e gli Istituti Comprensivi. Quante volte abbiamo visto computer e LIM abbandonati o nemmeno spacchettati? Se si vuole investire nella scuola occorre preoccuparsi prima di tutto della gestione dell’investimento stesso.Al preside, e al suo staff farà capo anche la gestione dei tirocini. La legge prevede 400 ore di tirocinio per ogni studente. È possibile che tutto questo possa fare capo alla sola persona del dirigente? E poi siamo così sicuri che la massa delle aziende italiane, ammesso e non concesso che siano in grado di assorbire una tale richiesta di ore, siano attrezzate allo scopo? Chi valuta e seleziona le aziende in grado davvero di “fare scuola”? Sarà anche questo compito del preside?

5) La possibilità del preside di scegliere i collaboratori non è una novità. Negli organici regionali e provinciali venivano previsti dei posti aggiuntivi da assegnare alle scuole per i progetti ritenuti prioritari. E se una scuola aveva la fortuna di vedersi assegnare cattedre o spezzoni di orario da assegnare ai suoi progetti, poi toccava al preside decidere a quale docente “dare l’esonero”. Normale amministrazione, nessuna clientela, nessuna parentopoli. Oggi la legge vorrebbe rendere ordinario ciò che è sempre stato straordinario: una scuola è chiamata a progettare e a individuare le risorse. Il preside ha il compito di scegliere, all’interno di appositi elenchi professionali, i curricula più adatti. Un passo avanti in chiarezza rispetto a prima.

Ma la proposta di legge contiene anche una novità: la delega alla razionalizzazione delle classi di concorso. Oggi siamo al paradosso per cui un laureato, in base al percorso di studi seguito, può insegnare una certa quantità di discipline, a volte anche decine. Però, una volta abilitato all’insegnamento (attraverso prove e concorsi che nulla hanno a che fare con l’approfondimento disciplinare), è costretto a insegnare solo quella disciplina. Ma la professionalità di un insegnante non è proporzionale alla sua specializzazione. Un docente si valuta per la sua capacità di trasmettere conoscenze e di motivare, per la sensibilità e la disponibilità, per la capacità di valutazione e il sapersi rapportare con gli altri. E allora uno sblocco delle gabbie delle classi di concorso, ripristinando la possibilità di insegnare diverse discipline, consentirebbe di liberare risorse e competenze, e la scuola potrebbe organizzarsi in autonomia partendo dalle proprie risorse.

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Immagine in testata da crossroads-arts.org

Giuseppe Strada

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