Non so scrivere!
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Scrivere è un processo complesso che rimette in gioco conoscenze e altre abilità. Per attivarlo bisogna nutrirlo di letture, di affinamenti della parola e integrazioni anche con la lingua orale; occorre sostenerlo con attività le più varie possibili: pratiche di imitazione, manipolazione, rielaborazione, riscrittura e revisione dei testi che investono a tutto campo la didattica disciplinare.
“Non mi piace scrivere” mi ha detto poco tempo fa un ragazzo di sedici anni, durante un incontro con una prima classe dell’Istituto professionale. “Non mi piace, perché non so e non saprò mai scrivere. Me lo ripeteva sempre la mia insegnante delle medie. È inutile che provi. Non so neanche da dove iniziare. Non imparerò mai. Ormai è andata!”.
Lo diceva sorridendo, con naturale rassegnazione e forzata indifferenza, da cui traspariva una vena di amarezza. Quell’amarezza l’ho provata anch’io, colpita dalle sue parole “macigno”, di cui mi sono sentita responsabile. Mi sono sentita responsabile, perché consapevole che tutti possono imparare a scrivere, seppur a livelli differenziati; basta praticare una didattica della scrittura varia e motivante, che non sia quindi solo esercizio sterile e abitudinario oppure scrittura di temi. È pur vero che non è semplice, poiché scrivere è un processo complesso che rimette in gioco conoscenze e altre abilità (leggere, parlare, utilizzare strategie e tecniche). Per attivarlo bisogna nutrirlo di letture, di affinamenti della parola e integrazioni con la stessa lingua orale; occorre sostenerlo con attività le più varie possibili: pratiche di imitazione, manipolazione, rielaborazione, riscrittura e revisione dei testi che investono a tutto campo la didattica disciplinare.
Tuttavia una didattica della scrittura risulta efficace se finalizzata a un compito autentico condiviso, un compito significativo e profondo che attribuisce senso all’atto dello scrivere. E lo diventa ancor di più se inserita in un percorso di lavoro organico e processuale, i cui fili del discorso, siano essi emotivi o cognitivi, si intrecciano tra loro come una narrazione didattica del “fare lingua” (abilità, testualità, problematiche, dinamiche relazionali, cura della persona etc.). Mentre la scrittura spesso è affrontata come un atto isolato, talvolta addestrativo, tecnicistico, che trascura la relazione di scambio che richiama il lettore e si rivolge a una pluralità di destinatari possibili (autore o altri): destinatari individuali o collettivi, espliciti o impliciti. In ogni scrittura si ritrova la prospettiva del lettore, che rende forte il legame con la lettura. Gli stessi nostri alunni sono simultaneamente lettori di altri testi, da cui attingono contenuti, forme, strategie, effettuando imitazioni e trasformazioni.
Resta quindi centrale collegare le diverse attività scrittorie a una cultura del testo, facendo intravedere che, in ogni produzione scritta, esiste una relazione con altri prodotti, tramandati dalla comunità culturale. Una buona parte della scrittura, anche “immaginativa” e creativa, si forgia su materiali pre-esistenti, (gioco delle posizioni enunciative, forme del discorso, tematiche, generi). Ne consegue che sia particolarmente fruttuoso sviluppare una pedagogia dell’intertestualità, integrata a una dimensione critica e argomentativa, che porti poi a superare la semplice imitazione dei procedimenti per andare verso orizzonti nuovi e personalizzati di scrittura.
A tutto ciò fa naturalmente da sfondo la motivazione in quanto collante che cementa le diverse parti; è difatti la motivazione che crea condizioni stimolanti e suggestive capaci di risvegliare i sensi e sprigionare energie immaginative. È la motivazione, in particolare quella che nasce dal di dentro (interna), che porta a far vivere la scrittura, a desiderare e conoscere il bisogno dello scrivere, “come se il cuore si incidesse sulla pagina” (Maraini, 2000), spingendo a esplorare tematiche e modalità di scrittura, che dovrebbero essere il più possibile accattivanti ed emergenti, efficaci e trainanti.
Si tratta di una motivazione profonda che può condurre lo studente a scrivere con “gli occhi, le mani, gli orecchi e il naso”, impegnandolo a “ingaggiare quella lotta corpo a corpo con la parola”, che lo stimolerà a scrivere e riscrivere, a “lavorare sulle parole, ritrovandone la forza e la fisicità” (Ivi).
Nel campo dell’insegnamento tocca ai docenti escogitare alternative e soluzioni, creando narrazioni didattiche in grado di risvegliare il sopito desiderio dello scrivere, preparando al contempo il terreno per incontri “alti” con la cultura letteraria.
È una grande sfida, lo sappiamo bene, ma la raccogliamo volentieri perché We can!
Per approfondire:
• D. Maraini, “Amata scrittura”, RCS, Milano, 2000.
Maria Piscitelli