Rilanciamo i Licei musicali, un terreno dove l’Italia può eccellere
L’istituzione dei Licei musicali è stata salutata con entusiasmo, ma di contro le difficoltà che devono affrontare i dirigenti scolastici sono numerose; infatti attualmente si contano solo circa 80 sezioni, ma le richieste sarebbero molto maggiori. L’autore pone riflessioni e spunti per ripartire con concretezza e rinnovato entusiasmo.
L’istituzione dei licei musicali è stata accolta con grande entusiasmo dai giovani, che hanno immediatamente apprezzato l’assoluta novità nel campo della formazione secondaria nel nostro Paese che, però, avrebbe dovuto essere sostenuta con più convinzione e con più mezzi.
Fino a tre anni fa, i giovani italiani che volevano studiare musica in una struttura pubblica avevano un’unica opzione possibile che era rappresentata dai Conservatori.
Sappiamo però che i Conservatori assolvono tradizionalmente alla funzione di preparare i futuri professionisti della musica e l’accesso a tali Istituti era – ed è ancora oggi – molto difficile e selettivo. Inoltre, la loro dislocazione a macchia di leopardo sul territorio nazionale non consente un accesso agevole a tutti e, di conseguenza, i Licei musicali rappresentano una valida alternativa per coloro che vogliono studiare musica durante il percorso scolastico.
La difficile congiuntura economica ha pesato negativamente, impedendo che l’apertura dei Licei musicali fosse accompagnata dall’indispensabile sostegno finanziario, necessario per dotarli delle strutture e degli strumenti indispensabili al loro buon funzionamento. Anche l’individuazione del personale docente ha risentito della generale necessità di ridurre le spese, oltre che di rivendicazioni sindacali che, a volte, mal si coniugano con la necessità di individuare personale adeguatamente preparato.
Tutte queste sono criticità oggettive, puntualmente riferite nell’articolo, forse causate anche dall’inesperienza nell’affrontare una tipologia di scuola fortemente innovativa come il Liceo musicale, ma che non possono in nessun modo indurre alla conclusione che tale innovazione debba essere considerata negativamente.
È chiaramente opportuno sostenere questa novità che, finalmente, avvicina l’Italia a quanto avviene nei paesi europei, dove la possibilità di studiare musica è un diritto di tutti, tutelato e garantito dallo Stato. Tale attenzione è determinata anche dalla consapevolezza che l’apprendimento pratico della musica ha una forte valenza formativa, che va al di là della semplice acquisizione delle competenze necessarie per suonare uno strumento.
Il ridotto numero delle sezioni musicali attivate sul territorio nazionale (circa 80) consentirebbe, anche in questo momento di difficoltà, di intervenire senza impegnare somme eccessivamente ingenti per migliorare la dotazione strumentale dei Licei musicali.
Con un po’ di coraggio, inoltre, si potrebbero definire le classi di concorso specifiche per l’insegnamento delle discipline comprese nel piano degli studi e, subito dopo, avviare i concorsi per individuare i docenti.
Tale operazione non comporterebbe spese eccessive perché l’attuale meccanismo di utilizzazione dei docenti – denunciato dal Preside del Liceo di Monza – oltre che creare una grande difficoltà di gestione, ha un costo non molto distante da quello che si dovrebbe affrontare assumendo giovani insegnanti.
Quindi intervenire rapidamente per migliorare il funzionamento dei licei musicali e correggerne i difetti si può. Anzi si deve.
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Bruno Carioti