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Formare insegnanti per cambiare la scuola

Pubblicato il: 19/06/2009 18:11:00 -


Valori, criticità e qualità dei formatori nel nuovo modello.
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Nelle prossime settimane si completerà un processo iniziato nell’estate del 2008 con la sospensione delle SSIS e che si concluderà con l’emanazione del decreto ministeriale sui nuovi percorsi di formazione degli insegnanti, sulla cui bozza stanno esprimendosi il Centro universitario nazionale, il Consiglio nazionale dalla pubblica istruzione e le Commissioni parlamentari. Dopo la conclusione dei lavori del gruppo di lavoro ministeriale appositamente costituito, il Ministero ha aperto il confronto ai soggetti rappresentativi della professionalità insegnante e dei dirigenti scolastici. Rispetto alla prima versione divulgata in marzo e a quanto esposto nella relazione finale del gruppo di lavoro sono, così, state proposte e recepite alcune opportune modifiche. Le competenze necessarie a qualificare e valorizzare la funzione docente sono meglio definite, completate anche da alcuni importanti elementi in linea con le indicazioni dell’UE (competenze linguistiche e digitali; sostegno; insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera). Positivo risulta anche l’inserimento esplicito del tirocinio sia nel percorso di laurea magistrale, sia naturalmente nell’anno conclusivo di Tirocinio Formativo Attivo. La presenza di un albo regionale delle scuole accreditate per la formazione degli insegnati dovrebbe inoltre rendere accessibile e leggibile il quadro d’insieme delle professionalità esperte in formazione presenti nella scuola.

L’impianto regolamentare risente tuttavia di un certo squilibrio interno e di un problema di fondo che mal si combina con le necessità poste dal quadro europeo sulle competenze degli insegnanti. Infatti, mentre nei percorsi formativi degli insegnanti della scuola del primo ciclo vi è equilibrio nella combinazione di competenze disciplinari e professionali, per la formazione dell’insegnante secondario le dichiarazioni di principio dei primi articoli non sono seguite dalle necessarie disposizioni applicative. L’ampiezza e la profondità degli interventi formativi di area professionalizzante risultano infatti limitate a una porzione di crediti formativi esigua rispetto al totale. È auspicabile in questo senso un intervento capace di integrare maggiormente la componente professionale con quella disciplinare così da rendere più armoniche le relazioni e gli apporti in termini di risorse umane e strumentali fra scuola e università, che invece, nello schema, sembrano restare divise in confini che si lambiscono solamente.

Un discorso a parte va fatto per la qualità dei formatori coinvolti. A una lettura attenta non paiono sufficienti le misure che dovrebbero garantire l’alta qualità dei formatori da utilizzare nel sistema e la tesaurizzazione delle migliori esperienze effettuate nella SSIS con il tirocinio e i laboratori didattici, anche al fine di ridurre i tempi e i costi figurativi d’avviamento. Si auspicava, infatti, che nel determinare le nuove regole si tenesse maggiormente conto della prima seria e articolata esperienza di formazione iniziale degli insegnanti in Italia ? quella degli ultimi dieci anni ? e si considerasse quanto in Europa si sta profilando. Si rileva invece che sono ancora scarsamente definiti alcuni standard di competenze necessari per gli incarichi di tutor, tutor coordinatori, docenti di laboratorio, la cui definizione è fondamentale per assicurare qualità certa ai percorsi di formazione. Pare inoltre insufficiente la previsione di meccanismi che diano la possibilità di utilizzare le risorse umane già formate al ruolo di formatori degli insegnanti, come i supervisori di tirocinio, che potrebbero essere adeguatamente impiegate, facilitando il passaggio dal vecchio al nuovo sistema di formazione senza disperdere professionalità già valutate e positivamente sperimentate sul campo.

Un ultimo rilievo riguarda la necessità di integrare l’intervento normativo in un futuro quadro legislativo d’insieme, che affronti organicamente il problema della formazione (iniziale e continua), del reclutamento, dello status giuridico e della carriera degli insegnanti. Nessuna formazione di qualità sembra infatti praticabile, senza che finalmente si pensi a un insegnante impegnato nel progredire in carriera, nel fare uso della propria esperienza per il miglioramento dei processi e per la trasmissione virtuosa di saperi e buone pratiche. Indicativo e allarmante è, da questo punto di vista, il brevissimo passaggio che limita a tre anni soltanto nella formazione secondaria, e a quattro più uno nella formazione primaria, l’utilizzo di professionalità nel ruolo di tutor coordinatore del tirocinio, senza prevedere la collocazione di questa figura in una strutturata progressione professionale. Una logica che non trova riscontri in nessun altro sistema europeo e che è indice di inefficienza funzionale e professionale. Lo spazio per intervenire in miglioramento c’è ancora: ci auguriamo che i rilievi non restino senza risposta.

Riccardo Scaglioni

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