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Il capitone delle medie

Pubblicato il: 20/10/2009 18:12:00 - e


Una metafora piuttosto… concreta e impertinente per spiegare il delicato passaggio della scuola inferiore di secondo grado.
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[Premessa] Scena prima. Vigilia di Natale, famiglia riunita davanti un dono prezioso: un bellissimo capitone proveniente dalla laguna di Orbetello, prelibato quindi.

Scena seconda. La bella bestia ha la malaugurata idea di sfuggire alla potenziale cuoca e, gettandosi dal ripiano del lavello, scivola rapidamente per terra e lì, con movenze degne di un pitone, si rifugia negli anfratti più segreti della cucina.

Scena terza. Tutta la famiglia è impegnata in una vera e propria caccia grossa. Quando la preda sta per essere afferrata, nuovamente sguscia via, infischiandosene delle urla degli inseguitori, ma soprattutto del fatto di essere un pesce fuor d’acqua.

Non è una comica finale, ma quello che succede ogni anno scolastico in una qualsiasi scuola media.

Le anguille, si sa, a fatica si lasciano afferrare. Quando pensi di aver trovato la strada, quando ti convinci che quella che stai usando è la giusta strategia, ecco che esse ti sfuggono e da sotto il tavolo vanno a finire dietro il frigorifero.

Ma è così che deve essere.

Gli alunni cambiano. In prima media vengono consegnate bambine con treccine, con i calzini bianchi orlati di rosa, i loro diari, le loro gomme da cancellare odorano di gelsomino e tutto è infantile, tenero, delizioso. Alla fine della terza media consegni signorine dai ciuffi ribelli, dallo sguardo enigmatico. Una strana luce brilla nei loro occhi e i diari (che non odorano più di gelsomino) sarebbe opportuno proprio non aprirli. Niente è più infantile.

La scuola media ha a che fare con materiale magmatico ed è proprio complicato trovare ricette.

[Fine della premessa]

Ora proviamo ad aggiungere alle domande impertinenti di Giancarlo Cerini altre domande, semplici ma altrettanto impertinenti.

a) La scuola media dovrebbe essere e fare tutto ciò che si ipotizza: progettare percorsi curricolari in armonia con quelli che precedono e quelli che seguono, ottimizzare le condizioni d’insegnamento, migliorare i risultati dei ragazzi, promuovere una didattica più innovativa, formare coinvolgendo, proporre esperienze di studio e ricerca.
Servono modifiche strutturali o, applicando un sano principio di ecologia didattica si può cominciare a rendere possibile l’ utilizzo di ciò che già si dovrebbe avere?

b) L’esercizio di una vera autonomia sostenuta dalle risorse necessarie e una buona formazione iniziale e continua sarebbe in grado di risolvere alcuni problemi?

c) Comprensivi. Avrebbero dovuto essere prova di convivenza, preludio a un matrimonio d’amore fatto di incontri ravvicinati, comunione di beni, costruzione di progetti condivisi, sono stati ridotti a matrimoni d’interesse con vantaggi e svantaggi di una forzata convivenza.
Fa bene al rapporto avere spazi riservati e incontri volontari o la coabitazione, anche forzata, favorisce il nascere di progetti comuni (curricoli verticali)?
(Mah! Noi, incalliti “single per caso” sentiamo sussurrare di collegi affollatissimi e proprio per questo inconcludenti, di “steccati” alzati tra maestri e professori, di noiosissime edinutili riunioni e quasi ci sentiamo dei privilegiati…).

d) È vero, una cultura valutativa seria non è attualmente molto diffusa nella scuola. La si deve acquisire attraverso un lavoro di ricerca, anche educativa, che porti i docenti a riflessioni prospettiche. Il tema è complesso, la condivisione non facile, richiede tempo ed energie…
Ma ogni anno scolastico è l’emergenza a farla da padrona.
Come evitare l’improvvisazione che l’infinita varietà e mutevolezza delle richieste di adempimenti urgenti in tema di valutazione impone?
Già, come fare? Certo è che una scuola così non funziona: è fatta per alunni che hanno la testa grande come un’anguria e braccia e mani rachitiche. L’anguria-testa serve per contenere tutto e le manine servono praticamente solo per scrivere. E qui, come nel gioco dell’oca (o del capitone…) si torna alla prima domanda.

e) E gli insegnanti? È lecito chiedersi se la loro preparazione abbia modo di esercitarsi nella professione, se trovi alimento per crescere ed esprimersi? Una scuola “da vivere” se la meriterebbero pure loro?

[Epilogo] Quando la situazione appare disperata, piomba in casa una vicina. Con gesti decisi, usando un asciugamano, riesce ad afferrare con forza la coda della povera bestia, la appoggia sul tagliere e in pochi secondi la riduce a tranci pronti per essere cucinati. I pezzetti di pesce sanguinolenti continuano a contorcersi, ma sempre più debolmente… (continua, forse).

(Ogni riferimento a persone e tagli recenti e reali è fortemente voluto).

Rosy Freri e Giancarlo Innocenti

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