Se son rose
Nelle scuole la scarsità dei fondi ordinari favorisce, ancor più, demotivazione, disimpegno e sfiducia negli operatori scolastici. Come fare?
Non possiamo rimanere inermi dinanzi ai gravi attacchi che stanno demolendo la scuola pubblica, o meglio, ciò che ancora “resiste” nella scuola in termini di formazione e istruzione. Non si può accettare quell’atmosfera di tristezza e di sconforto che è presente in molte scuole pubbliche italiane. Non si può restare in silenzio dinanzi a una proposta di legge che azzera il ruolo degli insegnanti nella scuola (soppressione del Collegio dei Docenti nel d.d.l. Aprea, in discussione alla Camera).
Persino le attività curriculari ordinarie risentono di questo clima funesto che si è venuto a determinare nelle scuole in seguito ai provvedimenti legislativi approvati (e in corso di approvazione: d.d.l.. Aprea) e ai tagli cospicui conseguenziali del governo.
Nelle scuole del Sud, i fondi europei, le iniziative dell’ANSAS ecc. dovrebbero ridurre carenze culturali, consolidare e sviluppare competenze nei nostri alunni, dovrebbero aggiornare i docenti su nuove metodologie per insegnare le discipline di studio e per innescare un nuovo modo di fare scuola più all’altezza dei tempi che viviamo.
In realtà, questo sforzo che l’Europa e altri stanno facendo per innovare il nostro sistema scolastico, in termini di competizione ed efficienza, si potrà rivelare ben presto poco produttivo se il personale della scuola e le famiglie non saranno coinvolti attivamente, all’unisono, nei processi di trasformazione in atto.
Non potrà bastare una manciata di denaro elargita a piene mani a improvvisati “esperti” a cambiare in termini culturali le sorti della nostra scuola.
La modalità di selezione degli “esperti” ? inviati nelle scuole per alzare il livello di conoscenza e competenza dei nostri alunni, per introdurre metodologie didattiche innovative, per insegnare ad insegnare ? a mio parere, è inefficace perchè non bastano semplici conoscenze informatiche e avere qualche pezzo di carta in più per essere definiti “esperti di didattica” o “tecnologi dell’insegnamento”.
Nelle scuole meridionali dove, diciamo così, “le cattive” condizioni socio-ambientali incidono in modo fortemente negativo sulla qualità della cultura e della formazione scolastica, occorre selezionare “educatori-esperti” che insegnino, innanzitutto, a dare senso e significato alla proposta educativo-didattica, che insegnino a non confondere l’educazione con l’istruzione.
Questo è il rischio, pensare che un po’ più di nuove tecnologie nella scuola, un po’ di scena per stupire gli ignari, un nuovo lessico come corollario dell’innovazione, possano bastare per adeguare la nostra scuola ai livelli degli altri Paesi europei.
Chi vive nella scuola, sa che sono necessari cambiamenti sostanziali che implichino l’adeguamento delle strutture (architettura educativa), il rinnovamento dell’ambiente socio-politico, la responsabilità etica, culturale e civile delle persone, la valorizzazione del personale scolastico, anche in termini di adeguamenti retributivi.
Per gli insegnanti, gli educatori, si tratta di non sfuggire la realtà delle cose, delle persone e dei valori, ma di rinforzare e qualificare il rapporto con gli alunni e le famiglie per conseguire una migliore comunicazione con l’ambiente con cui si vive, per fare in modo che, tutti insieme, possiamo costruire una scuola in cui la persona si edifica e si autentica.
Se son rose, fioriranno.
Saverio Fanigliulo