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E chi vivrà vedrà

Pubblicato il: 09/07/2010 11:18:20 -


Disinvestire nella scuola pubblica, così come sta avvenendo, significa non dare speranze ai giovani, in quanto si deve ammettere, implicitamente, che la formazione umana e culturale e l’affermazione sociale e professionale si vorrebbero far passare attraverso altri canali privatistici, pseudoculturali e descolarizzanti.
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Per riprendersi dallo shock subito dagli insegnanti in questo anno scolastico non sarà sufficiente la pausa delle “vacanze estive” e, per rimediare ai danni procurati alle persone e alla scuola pubblica dalla politica scolastica avventata dell’attuale compagine governativa, occorreranno, nei prossimi anni, interventi riparatori consistenti.

Contrariamente a quanto sta avvenendo, sarà bene cambiare rotta, investendo nei settori della conoscenza e della ricerca, per stare al passo con gli altri paesi d’Europa e del mondo, formando cittadini in grado di reggere il confronto etico e culturale in una società sempre più glocalizzata.

Disinvestire nella scuola pubblica, così come sta avvenendo, significa non dare speranze ai giovani, in quanto si deve ammettere, implicitamente, che la formazione umana e culturale e l’affermazione sociale e professionale si vorrebbero far passare attraverso altri canali privatistici, pseudoculturali e descolarizzanti.

Un dato è certo, non si può parlare di innovazione, di efficienza e di miglioramento qualitativo dell’attuale sistema di istruzione riducendo,con tagli notevoli, risorse strutturali,umane e finanziarie.

Peraltro chi può veramente credere che, in un sistema complesso, composito, eterogeneo qual è la scuola italiana, con i suoi alti e bassi, le sue eccellenze e le sue mediocrità, i suoi punti di forza e i suoi punti di criticità, alcuni “barbari”, improvvisatisi autorità e decretatori in materia, possano, solo con parole a effetto, sottraendo risorse e danari, umiliando gli insegnanti e il personale della scuola, migliorare le sorti della scuola pubblica?

Evidentemente si fa presa su buona parte dell’opinione pubblica che, nonostante tutto, continua a esprimere consenso e avallare le scelte politiche, pesanti non solo per la scuola, che sono state o sono in procinto di essere adottate.

Ben presto le famiglie si renderanno conto ancor più delle difficoltà e delle incongruenze che nella scuola andranno a evidenziarsi e che incideranno sempre più sulle sorti dell’istruzione e della formazione dei propri figli.

Si percepirà, in modo consapevole, che il diritto allo studio di ogni bambino/a, ragazzo/a , diventerà sempre più fragile e inconsistente e che la responsabilità si dovrà ricercare non più nella singola istituzione scolastica, ma ben più in alto.

Essersi distratti per un momento, rispetto al problema della cultura e della formazione dei nostri giovani, non significa affatto porre la questione in termini di irrimediabilità, ma significa denunciare la grave crisi in cui versa il nostro sistema d’istruzione in seguito alle scelte poco oculate della classe politica , per porvi rimedio quanto prima. La nostra società capitalistica punta l’attenzione sul profitto d’impresa per incentivare e favorire opportunità occupazionali e il miglioramento delle sorti della popolazione.

È il momento di pensare a un rinnovato modello di sviluppo economico e finanziario che valorizzi la persona in tutti i suoi aspetti, mettendola al centro di ogni processo produttivo. Non si fa “impresa”, non si fa “mercato” senza il rispetto della dignità e della unicità delle persone!

Non si fa “impresa” senza una scuola popolare e autenticamente democratica, senza il rispetto e la valorizzazione di ogni bambino/a, ragazzo/a che noi insegnanti abbiamo l’orgoglio di istruire e formare.

E chi vivrà vedrà!

Saverio Fanigliulo

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