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Cerca solo chi ha già trovato

Pubblicato il: 30/06/2010 11:41:00 -


Quando un bambino dice ai genitori che vuole la palla, le risposte possono essere sostanzialmente di due tipi: insegnarli a cercarla, indicando un metodo, oppure trovare la palla e consegnarla al bambino. Quali ne sono le conseguenze?
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“Chi cerca trova”! Quante volte ci siamo sentiti dire, dai nostri genitori oppure dai nonni, questa frase? Penso tante, e in molte circostanze differenti. Poiché io credo, e lo sostengo da molto tempo, che la vera saggezza evolutiva di un popolo risieda nella semplice esperienza del vivere quotidiano e non di certo nella cosiddetta accademia, penso anche che, rispetto al caso cui ci stiamo riferendo, la saggezza popolare abbia evidenziato un atteggiamento mentale di importanza fondamentale, anche se ha trascurato altri aspetti della questione. Ad esempio, ha trascurato che questo detto è valido solo quando si cerca per la prima volta nella vita, perché non vale più, in assoluto, quando il cercare diventa una azione abituale.

Vediamo meglio la cosa.

Quando un bambino dice ai genitori che vuole la palla, le risposte possono essere sostanzialmente di due tipi: insegnarli a cercarla, indicando un metodo (utilizzare gli occhi per ispezionare la stanza dei giochi, cercare, con le mani, se la palla si nasconde dietro qualche mobile o altro giocattolo, suggerirgli di ricordare se l’ultima volta che l’ha utilizzata l’ha anche posata in qualche punto particolare della stanza, e così via), oppure trovare la palla e consegnarla al bambino. Se si segue la prima possibilità si insegna un metodo di ricerca, basato sull’utilizzazione di capacità presenti nel bambino che possono trasformarsi in abilità generalizzate nel trovare ciò che si cerca. Nel secondo caso, si afferma implicitamente l’inadeguatezza delle eventuali capacità cognitive del bambino, sostituendo gli sforzi che il bambino dovrebbe compiere per realizzare un suo personale desiderio con quelli dei genitori.

La ripetizione nel tempo di uno di questi due atteggiamenti comporta evidentemente un consolidamento della funzionalità mentale verso una direzione o verso l’altra, ma comunque una a discapito dell’altra.

Diciamo subito che io personalmente ritengo che questi due modus operandi non si escludano a vicenda e che sia importante sviluppare primariamente il primo esempio metodologico, mentre il secondo possa essere attuato quando il grado di frustrazione di un eventuale insuccesso rispetto del primo metodo, diventa davvero insopportabile. Se il bambino, dopo una serie di tentativi che si protraggono nel tempo non riesce a trovare la palla, l’intervento genitoriale oppure educativo in genere diventa necessario, altrimenti ottengo il risultato contrario: il bambino crede di non essere in grado di eseguire il compito che peraltro lui stesso ha deciso di seguire, su consiglio dei genitori.

Detto questo, andiamo oltre.

Quando la palla è stata trovata, anche con l’ausilio di ulteriori indicazioni di metodo fornite dagli adulti, il bambino non solo è gratificato dal risultato ottenuto, ma ha compreso che esistono modi per trovare le cose che si nascondono, infatti seguendo i consigli di altre persone è possibile ottenere il risultato sperato. Ha capito, effettivamente, che colui che cerca può anche trovare, facendo attenzione sia al proprio cercare che alle indicazioni che gli vengono fornite.

Questo atteggiamento si ripercuoterà per tutta la vita a venire, se ovviamente gli adulti in famiglia e quelli a scuola confermeranno quanto sia importante adottarlo nei confronti di qualsiasi sforzo personale. Ecco che in futuro, il nostro bambino avrà imparato che, di fronte all’esigenza di trovare ciò che cerca, egli possiede un metodo e nella eventualità che non riesca a ottenere il risultato sperato, può rivolgersi dapprima agli adulti che lo circondano per ottenere aiuto. Egli in sostanza fa esperienza di un successo ottenuto adottando un metodo e ricorrendo all’aiuto di altre persone. Egli, memorizzerà le strategie per ottenere il successo, ne trarrà un aumento di autostima e la possibilità di estendere, dunque generalizzare, il metodo a tutte le circostanze della vita in cui vorrà trovare qualcosa.

Fare esperienza di un metodo vuol dire mettere in atto questo processo che abbiamo appena descritto, e che dà ragione al titolo che a prima vista appariva in contraddizione. Non si dovrebbe mai dimenticare che in noi è innato l’atteggiamento mentale verso il ragionamento, perché frutto di milioni di anni di evoluzioni, ma sono sempre culturali i metodi adottati per sviluppare questa dimensione innata.

Ora vi chiedo: i genitori operano secondo queste modalità, assieme alla scuola italiana? Io so solo che nelle università devo insegnare questo procedimento ai miei allievi, perché pochi lo hanno già sperimentato e memorizzato.

E non solo loro…

Alessandro Bertirotti

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