Didattica della Storia e Intercultura
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Non si può concepire e praticare una didattica della storia, una educazione interculturale e alla cittadinanza che vogliano realmente definirsi tali senza conoscere e fare i conti, nella nostra scuola, con i nostri concittadini dei Balcani e dell’Europa Orientale.
Il processo di sviluppo epistemologico ed educativo poggia e si espande nella direzione di uno studio preliminare e approfondito dell’immaginario adolescenziale e giovanile. Questo processo in divenire valorizza mitologie, riti, ideologie e soprattutto simbologie sociali e teatrali che sono trasversali e interdisciplinari, ma soprattutto, oltre che cognitive e informazionali, sono comunicative e prevalentemente azioni che modificano o tentano di modificare mentalità e comportamento degli allievi. In questo senso soprattutto la didattica della storia, intesa come pratica mitologica e simbologica, ha una sua particolare e originale connotazione che potremmo definire ermeneutica e anche e non meno anticipatrice e capace di delineare le eventuali condizioni del prossimo futuro in cui l’allievo, non prescindendo da esse, sarà tenuto a muoversi, portando il suo contributo, la sua capacità critica e la sua capacità protagonistica di intervento diretto alla luce, appunto, di una giovane didattica essenzialmente ermeneutica. Tra l’altro questa modalità ermeneutica dovrebbe essere sviluppata, educata, formata e coltivata nel docente, anzi nell’equipe docente interdisciplinare in un continuo interscambio collaborativo e cooperativo con gli allievi i quali a loro volta dovrebbero diventare i fruitori, i costruttori e i manutentori espansivi e protagonistici (o antagonistici?) di tale instaurato, magico e inesausto circolo ermeneutico. In questa dimensione e prospettiva miti, riti e simboli della storia collettiva dovrebbero essere affrontati e “risolti” in funzione della più alta carica emotiva e passionale possibile vicina ai bisogni e alle pulsioni sociali e antropologiche degli allievi onde risvegliarne le latenti e dirompenti energie sopite e addomesticate dalle “buone” pratiche della scuola tradizionale.
Insomma, studiare, apprendere e approfondire modelli culturali e storici che rappresentino ed esaltino l’“anima profonda” dell’allievo. Conseguentemente anche la così detta educazione alla cittadinanza (Quale? Paesana, provinciale, territoriale, regionale, europea, internazionale o cosmopolita?) assumerebbe impostazioni e connotazioni non assurdamente “civistiche e nazionalistiche” per divenire antropologiche, interculturali, storiche e soprattutto cosmopolitiche.
Una didattica della Storia veramente ermeneutica dovrebbe necessariamente e urgentemente affrontare alcuni determinati temi e problemi emergenti. A me sembra determinante e cruciale porre al centro del nostro lavoro e di quello degli allievi la dinamica delle relazioni Oriente-Occidente. Prima di tutto per consentire un intervento ecologico (ecologia della mente) per ripulire dibattiti, approcci e lezioni dalle massicce scorie propagandistiche e demagogiche che inquinano e avvelenano tale imprescindibile relazione. Tanto più necessaria tale operazione di chirurgia ecologica in quanto la stessa così detta educazione interculturale e alla cittadinanza, nella migliore delle ipotesi, soprattutto in relazione all’educazione interculturale ma non solo, è stata fin qui prevalentemente dipanata e affrontata dal punto di vista di una inconsistente ed ectoplasmatica superficie psicologica e sociologica o vagamente e genericamente culturalistica. Chi scrive ha tentato di sondare soprattutto la profondità storica, non dimentico degli aspetti interdisciplinari.
Ovviamente, credo, non è solo una questione, per quanto strategica e importante, di studiare e approfondire in dimensione storico-interdisciplinare l’irruenza e l’“irrompenza” economica del Dragone Cinese e dell’Elefante Indiano ma è soprattutto una questione di come impostare i nostri rapporti, ovviamente non solo politici, ma soprattutto educativi e curricolari tra “Noi” e “Loro”, come contaminare e ibridare la “Loro” cultura con la “Nostra”. Come superare l’umanesimo occidentale o come coniugarlo con i “Misteri” dell’Oriente.
A me non sembra che né la scuola europea e tanto meno quella italiana abbiano ancora preso effettivamente coscienza del problema. Esso non è solo una questione di bilancia di poteri globali, ma anche di strategie educative globali che dovrebbero passare ed essere esplicitate soprattutto nei nostri curricoli di storia.
Personalmente nei miei numerosi anni di esperienza IRRSAE, IRRE, ora ANSAS-NTL ho cercato di affrontare tali problematiche per cui ho potuto constatare non solo la mancanza di coscienza di tali urgenze, ma anche, là dove presente, nel migliore dei casi, un approccio eurocentrico e occidentalistico che molto spesso, anche se non sempre, nascondeva soprattutto una profonda ignoranza di ciò che accadeva e accade a Oriente. A cominciare dalla constatazione dell’assoluta carenza di conoscenze e studi, per esempio, di un Oriente per nulla esotico e lontano da noi come quello dei Balcani. Non si può concepire e praticare una didattica della storia, una educazione interculturale e alla cittadinanza che vogliano realmente definirsi tali senza nemmeno conoscere e fare i conti, nella nostra scuola, con i nostri concittadini dei Balcani e dell’Europa Orientale.
Gennaro Tedesco