La favola della vita di Hans Christian Andersen
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“Non importa che sia nato in un recinto d’anatre: l’importante è essere uscito da un uovo di cigno”. (Il brutto anatroccolo)
Tutti conosciamo le favole di Andersen, ma pochi sanno della sua vita. La diversità della sua indole si era già manifesta in età adolescenziale quando viveva chiuso in un mondo fantastico dedicandosi ad allestire in casa svariate scene di teatri di marionette. La voce dal timbro femminile lo portò a essere scelto per il coro del suo paese, ma ben presto, crescendo, anche questa particolare “risorsa” venne meno perché la tonalità vocale cambiò. Nacque in una famiglia povera con il padre calzolaio e la madre alcolizzata, un ambiente privo di agi ma ricco di stimoli per la sua fervida fantasia. Quando ebbe l’occasione di fruire di un aiuto economico per gli studi non si rivelò uno studente modello, le sue difficoltà erano forse dovute a un problema di dislessia; tutto questo aumentò introversione e timidezza, tipiche caratteristiche della sua personalità, che non gli consentirono mai di essere contraccambiato in amore.
La produzione letteraria così copiosa sembra apparire l’opposto della sua vita reale, povera e piena di solitudine. Con la fantasia Andersen ha trasformato e arricchito la sua vita e quella dei tanti lettori che lo hanno apprezzato nel tempo; dalla sua immaginazione sono nati personaggi indimenticabili che hanno fatto sognare tanti bambini. Raggiunto il successo e il riconoscimento, Andersen continuò ad avere una vita personale poco gratificante soprattutto sul versante affettivo perché non riuscì mai a trovare la compagna della vita. Dalle sue favole traspare sempre una sottile nostalgia, il desiderio di trasformare la realtà e di inventarla attingendo dalla vita quotidiana soltanto gli spunti per far lievitare la fantasia. Il bellissimo film “Una vita senza amore” ha come soggetto la biografia del favolista danese. Nella trama si alternano i momenti della sua vita con quella dei personaggi fantastici da lui inventati. La solitudine interiore sembra dare corpo a tante storie, dalla Sirenetta alla Piccola fiammiferaia, dal Soldatino di piombo alla Regina delle nevi. La favola del Brutto Anatroccolo appare come un desiderio di trasformazione e di purificazione, la necessità di trovare anche per i “diversi” riconoscimento e accettazione, il riscatto dalle umili origini.
La favola della vita di Andersen è la stessa vita delle favole, un binomio inscindibile di solitudine e diversità, quella diversità che ha avuto il potere di trasformare, con un tocco di bacchetta magica, la vita reale. La metafora della vita che spesso è presente nelle favole rappresenta ancora oggi un insegnamento e un messaggio che invita a riconoscere anche nelle situazioni critiche lo stimolo e la forza per superare le difficoltà.
Laura Alberico