Home » Community » Come costruire un nuovo paradigma educativo?

Come costruire un nuovo paradigma educativo?

Pubblicato il: 01/03/2012 10:59:00 -


Il cambiamento d’epoca a cui ci troviamo di fronte esige un nuovo modo di pensare e “fare” educazione. Perché, come sostiene il celebre pedagogista brasiliano Paulo Freire, “l’educazione liberatrice da sola non produce il cambiamento sociale, ma non ci sarà mai un cambiamento sociale senza educazione liberatrice”.
Print Friendly, PDF & Email
image_pdfimage_print

Con l’entrata nel nuovo millennio noi non incontriamo un’epoca di cambiamenti, ma un “cambiamento d’epoca”. Tutti i campi di vita e di pensiero oggi sono stimolati da nuove circostanze e domande. L’industria culturale suscita i bisogni e determina i consumi degli individui, rendendoli passivi ed etero-diretti, annullandoli come persone e riducendoli a una massa informe. Si impone l’ideale rivoluzionario di un’umanità futura libera e disalienante, ossia una forma di pensiero proteso a smascherare le contraddizioni profonde dell’esistente. E ciò tramite un modello utopico in grado di fungere da pungolo rivoluzionario per un mutamento radicale della società.

In questo cambiamento di millennio, la relazione tra educazione e cambiamento sociale e l’importanza di un’azione etico-politica e pedagogica coerente, non si collocano solamente come temi di analisi e di studio, ma come un’esigenza teorico-pratica decisiva: si tratta di rispondere, verso la costruzione di una cittadinanza globale, alla domanda: “Qual è il luogo dell’educazione in questo contesto di cambiamento?”(1)

Oggi, più che mai, questa situazione esige di ripensare alla nostra visione dell’educazione e scavare nei fattori sostanziali che possono costituire una proposta educativa alternativa, più in là delle sue forme, delle sue modalità o dei suoi sistemi amministrativi.

Si richiede una ricerca e una riflessione intorno ai fondamenti filosofici, politici e pedagogici di un paradigma educativo che orienti gli sforzi diretti alla trasformazione sociale e alla formazione integrale delle persone di fronte alla costruzione di nuove strutture sociali e nuove relazioni tra le persone basate sulla giustizia, l’equità, la solidarietà e il rispetto dell’ambiente.

Costruire un nuovo paradigma educativo suppone fare una opzione epistemologica che ci permetta di pensare “la storia come possibilità, perché non siamo semplicemente oggetto della storia, ma ugualmente suoi soggetti” (Paulo Freire). La possibilità di edificare “un altro mondo possibile” nel quale si esercitino relazioni di potere democratiche ed eque, in tutti gli ordini. Utopia e realtà, sono così i poli dinamici del nostro agire (2). Un cambiamento sociale che implica la realizzazione di un determinato tipo di educazione; opzione che significa anche la fiducia, la speranza che i valori etici possano realizzarsi nella storia e che gli educatori e le educatrici abbiamo una responsabilità nel loro conseguimento.

Sorgono due visioni e prospettive in confronto: la prima afferma che abbiamo bisogno di un’educazione che si adatti a questo mondo. La seconda, al contrario, afferma che abbiamo bisogno di un’educazione che contribuisca a cambiare il mondo, umanizzandolo. È la prospettiva per cui si cerca di formare le persone come agenti di cambiamento, con capacità di incidere sulle relazioni economiche, sociali, politiche e culturali come soggetti di trasformazione; è la prospettiva della razionalità etica ed emancipatrice (J. Habermas).

In questa seconda prospettiva si iscrive la proposta della filosofia con i bambini e i ragazzi (3), nell’ottica di una educazione che faciliti le persone a costruirsi come individui e attori sociali capaci di:

• creare rotture con l’ordine sociale imperante che ci si impone come unica possibilità storica (il modello di globalizzazione neoliberale);
• discutere gli stereotipi e modelli ideologici ed etici vigenti come verità assolute, l’individualismo, la competenza, il mercato come regolatore delle relazioni umane;
• imparare e disimparare permanentemente (appropriarsi di una capacità di pensare e di una propedeutica e metodologia, più che di contenuti finiti);
• immaginare e di creare nuovi spazi e relazioni tra gli esseri umani concreti con i quali conviviamo in casa, comunità, lavoro, paese, regione;
• suscitare una disposizione vitale solidale con l’ambiente sociale e ambientale come affermazione quotidiana;
• affermarsi come persone autonome ma non auto-centrate, bensì come esseri dialogici che hanno superato l’antagonismo io-altro.

“Educare al cambiamento significa sollecitare bambini e adulti a guardare la realtà attraverso nuovi filtri interpretativi, frutto anche di esperienze diversificate e inedite, e a pensarsi in modo diverso, laddove il futuro non sia più deterministicamente connesso a un destino familiare e territoriale, bensì progetto autonomo per il benessere e la piena realizzazione di se stessi. Il primo piano del progetto è, pertanto, l’educazione al cambiamento attraverso il lavoro educativo inteso come lavoro di relazione in cui si compie la circolarità tra i pensieri e le azioni. In questo processo risiede la qualità dell’agire educativo e, di conseguenza, la possibilità, per l’educatore, di vivere la relazione anche come una pratica autoformativa imparare attraverso cui ad educare e, per il bambino, di sperimentare un percorso per la cura di sé e degli altri” (4).

La filosofia con i bambini e i ragazzi per impedire l’adesione in modo piatto e conservatore all’esistente.

“Il punto è: da quale posizione si pongono gli insegnanti che dicono di praticare la filosofia con i bambini? Sono essi dei ripetitori di formule, anche didattiche e apparentemente progressiste, o sono propositori, con la propria azione – anche didattica – della restituzione ai bambini (eterni defraudati della parola e della storia) e ai loro adulti di riferimento (genitori, parenti, insegnanti, educatori) della possibilità concreta, cioè storica, di vivere autentiche comunità di uomini liberi, cioè di essere facitori di storia e di trasformazioni individuali e collettive? Il problema non è quale autore chiamare in causa a giustificazione delle proprie tesi, quanto quale incipit. Per me l’incipit non è nella filosofia pragmatica e omologatrice dell’America del nord, ma in quella filosofia della praxis (5) così come interpretata da Gramsci – benché per certi versi rivisitabile – intorno alla quale si ritrovano gran parte dei pedagogisti ed educatori che lavorano per dare agli uomini come ai bambini la speranza di un futuro degno di questo nome, in qualsiasi parte del mondo essi siano” (6).

“La filosofia con i bambini, ma anche con gli adulti, è una risposta che pone al centro la svolta antropologica. Ed è per questo motivo che la filosofia – la filosofia non professionale, non curriculare – non appartiene a nessuna scuola e a tutte, ma preminentemente appartiene all’uomo e, dunque, ha un valore pedagogico ed esprime una scelta politica” (7).

È chiaro che, assumendo tale prospettiva, ci posizioniamo a beneficio di un cambiamento sociale umanizzatore e umanizzante, il quale implica il contrapporre alla logica del modello neoliberale predominante centrato nel mercato, un’affermazione etica centrata nella persona umana.

NOTE
(1) A questa domanda cerca di rispondere il rapporto che elaborò per l’UNESCO la Commissione Internazionale sull’Educazione per il Secolo XXI, presidiata da Jacques Delors.

(2) L’utopia, scrive Freire, esige conoscenza critica. È un atto di conoscenza. Io non posso denunciare la struttura disumanizzante se non la penetro per conoscerla. Non posso annunciare se non conosco, ma, tra il momento dell’annuncio e la realizzazione dello stesso esiste qualcosa che deve essere distaccato: è che l’annuncio non è l’annuncio di un anti-progetto, perché è nella prassi storica che l’anti-progetto diviene progetto. È mettendomi in atto che posso trasformare il mio anti-progetto in progetto, nella mia biblioteca ho cioè un anti-progetto che si fa progetto in mezzo alla praxis.
(3) “La filosofia è intesa qui come questione e non come sapere, che accompagna la meraviglia e lo stupore di fronte al mondo. Un corso di filosofia con i bambini non sarà un luogo nel quale si espone la teoria platonica ma un luogo dove li si impegna a porre le loro domande, a svilupparle e a riferirle al mondo” in H. Schidlowsky, “La filosofia per bambini: una educazione alla felicità e alla democrazia”, Dossier International de: “L’AGORA”, “Revue internationale de didactique de la philosophie”.
(4) Fausta Sabatano, “Crescere ai margini. Educare al cambiamento nell’emergenza sociale”, Editore Carocci, 2011.
(5) Gramsci A., “Quaderni”.
(6) “FILOSOF-AZIONE! Ma di che stiamo parlando?” di Bruno Schettini, in “Amica Sofia”, gennaio 2012.
(7) “La Filosof-azione con i bambini” di Bruno Schettini, in “Amica Sofia”, dicembre 2010.

Pina Montesarchio

8 recommended

Rispondi

0 notes
414 views
bookmark icon

Rispondi