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Caro Maurizio Crozza…

Pubblicato il: 15/10/2012 11:59:30 -


Partendo da una battuta del comico genovese, riflettiamo sull’anno scolastico appena iniziato, sfiduciati dai dati Istat ma fiduciosi sul futuro.
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“Non siamo mica qui a contare quanti giri fa la ruota della carrozzina di un disabile nella scuola italiana” direbbe Maurizio Crozza imitando un nostro noto leader politico.
Contare i giri della ruota sarebbe effettivamente eccessivo, caro Maurizio. Buttare un occhio su numeri e dati provenienti dal mondo della scuola, tuttavia, è necessario specialmente ora che siamo ai nastri di partenza di un nuovo anno scolastico.
La crisi economica si è abbattuta inevitabilmente su tutti gli ambiti della nostra vita e la scuola, purtroppo, non fa eccezioni.
I dati che sto leggendo sono tutt’altro che incoraggianti.

Il primo a balzare all’occhio è quello sulle barriere architettoniche, sull’accessibilità. Un problema antico come la disabilità.
Una recente indagine Istat riporta come l’ambiente scolastico sia considerato “ancora oggi poco accessibile”. L’analisi sul territorio, si legge nel rapporto, pur evidenziando differenze marcate tra le diverse regioni, “mostra come anche nelle regioni più virtuose il 30% delle scuole non abbia ancora terminato l’abbattimento delle barriere architettoniche”.
Ancora numeri. La scuola italiana presenta oggi nelle sue classi la presenza record di duecentoquindicimila alunni con disabilità, una bella cifra, se non fosse che mancano all’appello circa settantamila insegnanti di sostegno. È sempre più difficile attribuire un numero adeguato di ore alle classi, così come accadeva alla fine degli anni Novanta, dove ogni bambino aveva un docente tutto per sé. Oggi, invece, anche il rapporto uno a due sembra un miraggio e questo a svantaggio di tutti, alunni con disabilità o meno.
Dove stiamo andando a finire? L’Italia è sempre stata tra i paesi più all’avanguardia dal punto di vista dell’integrazione scolastica.

Quando nel 2008 io e il Centro Documentazione Handicap di Bologna siamo stati invitati negli Stati Uniti, a Nashville per la precisione, eravamo i portabandiera del modello italiano di inclusione, stimato e studiato oltreoceano specie dopo la legge del settantasette.
La mia percezione, dati alla mano, è che portare avanti questo modello (o farlo progredire, come auspicabile) sia quasi impossibile. Almeno se guardiamo la questione da un punto di vista meramente economico. Come ripeto spesso, la disabilità può essere una risorsa, quindi se non possiamo investirci soldi abbiamo almeno il dovere di “sfruttarla” per creare un modello educativo comune, basato sul rispetto della diversità.

I soldi mancano ma la creatività, sarete d’accordo con me, non si basa sugli euro… Cosa ne pensate? Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina Facebook e commentate su Education 2.0 (tramite Facebook, Twitter o Google+).

Claudio Imprudente

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