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L’educatore della “Learning Society”

Pubblicato il: 18/08/2014 20:02:28 -


Nell’epoca del lifelong learning coloro che si occupano di formazione devono modificare la propria professionalità e sviluppare ambienti educativi flessibili che stimolino la consapevolezza e le capacità individuali.
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In un tempo in cui i caratteri principali che connotano la società sono il mutamento e la necessità di rendersi flessibili rispetto a ciò che il contesto richiede, le parole-chiave che sembrano descrivere il mondo della formazione sono complessità, incertezza e perdita degli orizzonti di senso.
Come afferma Gaetano Domenici: “la crescita della complessità delle ‘società tecnologicamente avanzate’ – o ‘dell’informazione’ – ha causato una diminuzione del grado di stabilità e d’impiego dei saperi trasmessi dalla scuola, ed ha accentuato il fenomeno di spaesamento che colpisce soprattutto chi è privo di quella cultura di base ormai necessaria per comprendere e partecipare consapevolmente al governo del cambiamento, sempre più rapido e continuo”.

Nell’epoca dell’incertezza, più che offrire risposte, gli educatori dovrebbero porsi di fronte ai propri interlocutori come delle guide: figure professionali con il compito di orientare e far riscoprire ai soggetti in formazione il proprio valore, mettendoli nelle condizioni di prendere decisioni in autonomia. La formazione, insomma, deve essere orientata al “self-development” e al “self-empowerment”, e deve essere orientata alla polivalenza e alla flessibilità, così da mettere le persone nella condizione di affrontare la complessità del vivere quotidiano, il rischio e la molteplicità delle transizioni di cui sono protagoniste.

I nuovi ambienti educativi fanno leva sulle competenze, considerate una variabile indispensabile per l’esercizio di una cittadinanza attiva e consapevole, sia al livello individuale sia sociale. “Più che di conoscenze sterili e fini a se stesse”, afferma Federico Batini, “la continua evoluzione dei saperi fa sì che sia richiesto oggi il possesso di life skills, che costituiscono il bagaglio leggero al quale ciascuno può, di volta in volta, agganciare le conoscenze e le competenze che gli sono utili per quel tratto di strada”. Più che del “sapere che” (knowing that) e del “sapere come” (knowing how), sembra oggi che l’interesse sia sull’“essere abili” (been able).

Come afferma Barry Zimmerman: “l’autoregolazione si riferisce al livello secondo il quale i soggetti sono attivi partecipanti al processo del proprio apprendimento metacognitivamente, motivazionalmente e operativamente”, e dirigere il proprio apprendimento – continua Pellerey – implica per lo studente il passaggio dall’essere uno sterile “contenitore” per il materiale informativo trasmesso dal docente all’essere un “soggetto attivo costruttore delle proprie conoscenze e abilità”, facendo diventare il docente una semplice figura di facilitazione e sostegno. La percezione positiva o negativa di “self-efficacy” agisce notevolmente sulle competenze di autoregolazione e assume un ruolo centrale nella riuscita negli studi e nel lavoro, ed è pertanto fondamentale che i professionisti della formazione sappiano incidere su questo fattore.

Nel corso del tempo molti sono stati gli strumenti predisposti per rilevare il livello raggiunto nella capacità di autodirigere e autoregolare il proprio apprendimento, così come per rilevare le “competenze strategiche” di cui si dispone, e ciò si è rivelato fin da subito difficile, essendo le competenze per loro stessa natura delle qualità personali interne e non direttamente osservabili. In ogni caso, comunque, è possibile oggi utilizzare questionari ad hoc, come il Questionario sulle Strategie di Apprendimento (QSA) e il Questionario sulla Percezione delle proprie Competenze Strategiche (QPCS), elaborati da Michele Pellerey, che offrono al termine della compilazione un profilo individuale che evidenzia fattori positivi e fattori critici in corrispondenza dei descrittori delle competenze rilevate.

Nella “learning society” i soggetti in formazione devono essere messi nelle condizioni di lavorare sulle proprie competenze al fine di divenire protagonisti attivi della propria esistenza, ed è pertanto auspicabile che gli ambienti educativi adottino approcci sempre più indirizzati in tal senso.

Riferimenti bibliografici

• Batini, Federico. “Insegnare per competenze”. Torino: Loescher, 2013.
• Domenici, Gaetano. “Manuale dell’orientamento e della didattica modulare”. Roma-Bari: Editori Laterza, 2009.
• Pellerey, Michele. “Dirigere il proprio apprendimento. Autodeterminazione e autoregolazione nei processi di apprendimento”. Brescia: Editrice La Scuola, 2006.
• Zimmerman, Barry. “L’autoefficacia e l’autoregolazione dell’apprendimento”. In A. Bandura (a cura di), “Il senso di autoefficacia”. Trento: Erickson, 1995.

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Immagine in testata di Flickr (licenza free to share)

Arianna Giuliani

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